Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Atto quarto |
ATTO QUINTO.
Esterno del castello.
SCENA I.
Sulle mura sono AUBERTO, GHIELMO, GUIDELLO, e altri guerrieri dertonesi.— Fuori, la pianura è piena di soldati svevi misti a que’ dertonesi che militano con loro. Ivi stanno il conte di SPILBERGA, ENZO e alcuni Magistrati.— Ad un lato è ARRIGO, legato ad un palo.
Il Conte. In nome dell’augusto imperadore,
Io conte di Spilberga obbedïenza,
Dertonesi, v’impongo: obbedïenza
A questo suo stendardo, e al suo vicario
In Dertona Enzo. Suo vicario il noma
Cesare, e l’illegittimo abolisce
Popolar reggimento. — Enzo e suoi figli
Di questo feudo Federigo investe.1
Auberto.De’suoi predecessori i giuramenti,
E i privilegi col nostr’oro compri
Così rispetta Federigo?
Senatore. A’ piedi
Del vicario d’Augusto, o magistrati,
Deponiam nostre fasce, e vassallaggio
Prestiam.
Guerrieri. Viva Enzo! Fedeltà giuriamo.
Enzo.Auberto, Arrigo! Innanzi ad ambo, innanzi
A voi tutti che a lor foste compagni,
Investito mi piacque esser del novo
Poter mio, a fin che di clemenza a tutti
Questo giorno risplenda. A me il dovuto
Onor si presti, e dalla mente svelgo
Di vostra antica fellonia il ricordo;
Ed allo stesso Arrigo, autor primiero
Di fellonia, fo della vita dono.
Arrigo.A me s’aspetta, a me il risponder. — Prodi
Che il fortissimo loco e più il gagliardo
Cor fanno invitti, oltraggio all’onor fòra
Di voi, se il dover vostro io rammentassi,
Quasi ignoto ad alcun. Le labbra schiudo
Solo ad asseverar che al vostro è pari
D’Arrigo il cor; che, al dritto ed alla chiesa
Fedel servendo, di morire esulto.
Enzo.Taci, fellon.
Arrigo. Che alzata mai la spada
Contro allo Svevo non avrei, se i patti
Non infrangeva; che alta gloria sempre
Fummi in terra di grandi alme esser nato,
E che maggior tal gloria oggi mi splende.
Oggi che un padre a ciglio asciutto il sangue
Vedo pel patrio ben correr del figlio.
Auberto.Figlio! mio figlio!
Enzo. Il percussor s’avanzi
Colla scure, e ferisca.2
Guerrieri del castello. Ah!
Enzo.3 — Il vostro grido
Presagio m’è di pentimento. — Auberto,
Egli è tuo figlio. Un giovenil delirio
La sua mente invadea; ma te canuto
Delirio par travolgerà? Il bollore
Degli anni a lui scusa sarà per anco,
Se del suo fallo ammenda far tu assenta,
Obbedendo. D’estremo e breve indugio
Irremissibilmente or li fo dono.
Pria che della vicina ora il primiero
Suon mandi il bronzo, il vivere o la morte
Di lui pronuncia.— 4 Intendi? al primo suono
Cada il suo capo.
Auberto. Enzo, un dover m’allaccia
Invïolabil come il gelo orrendo
Della morte a serbar questo castello
Sin che il vessillo di Milano appaia.
Ma di ciò che non dato è al volèr nostro,
Deh! un innocente, non punir. Codardi
Preghi non alzo, ma pur preghi. Ad atto
Inutil di barbarie, ahi, perchè scendi?
Di lui l’eccidio che ti giova? In tutti
Centuplicata contro a te fia l’ira.
Il core strazii d’Eloisa; ah, pensa
Ch’è suora tua! Di Leonier, del giusto
Padre tuo indarno all’ora sua di morte
La benedizïon per te, pe’ figli,
Di fratricidio intriso invocherai.
Arrigo.Cessa, buon genitor. Potria quel duolo
Tuoi prodi intenerire; uopo han di forza.
Auberto.Ah, padre io son! Purché al dovere offesa
Io non rechi, legittimo è il mio pianto.
Inesorabilmente, Enzo, immolata
Una vittima vuoi? Rendi a’ suoi figli
Arrigo, e accetta il capo mio.
Arrigo. Non mai!
Auberto.Enzo!
Enzo. È immutabil mia sentenza: guai
Se il suon del vicin bronzo odi! Egli cade,
E d’Arrigo il cader cenno è all’assalto.
— Si frettoloso Uggero a me?
SCENA II.
UGGERO e detti.
Uggero. Signore,
Che a te movessi scongiurommi il padre
Tuo con parole di mortale angoscia.
Appo Arrigo ei si stava entro la torre
Con Eloisa, quando il reo qui tratto
Volesti. Inenarrabile spavento
Di Leonier s’impadroní. La torre
Salse, e di là sul genero la scure
Minacciosa egli vide. I miserandi
Ululi d’Eloisa inteneriro
Del vecchio l’alma. Ei pianse, e a me tremando
«Deh, vanne, disse, al figlio mio: consenta
Che ad Auberto io favelli. Io sol tai patti
Offrir potrò, che a tutti fien salute.»
Enzo.Che dir vuol ei? Gli assedïati indurre
A cedere potria?— Che temo?— Ei vinto
Fia dal terror? Credere il deggio? — Venga.
Possente scorta l’accompagni: trema,
Se al popolo ei fuggisse!5 — 6Alta vittoria
Non m’è se al poter mio sè stesso ei curvi? —
Ma qual frastuon dentro il castello?
SCENA III.
Vengono strascinati sulle mura CORRADO e LANDO.
Guerrieri sulle mura. Morte!
Morte!
Corrado. Dinanzi a te da universale
Furor siam trascinati, Enzo.
Auberto. D’Arrigo
(Poichè vano sinora era il mio prego),
Enzo, chi mi risponde, ecco: gli amici
Tuoi.
Guerrieri sulle mura. Vita e libertà dona al tribuno,
O gli ostaggi sveniam.
Lando.7Pietà! Qual colpa
Verso te commettemmo, onde a tal fato
Con frode trarne? Berengario e Ubaldo
A te scritto avean già.
Enzo. Quai sien gli amici
O i traditori omai non scerno. È questa,
Corrado, la tua fè? Così dischiude
Tuo genero le porte? — Odimi, Auberto.
Speme tornò: di Cesare il decreto
Che di Dertona m’impodesta, sacro
Fe’ il poter mio di Leoniero al guardo.
Ei qui verrà. L’udrete, e se con lui
Di non ceder stringeavi giuramento,
Fia il giuramento da lui sciolto.
Auberto. Indegna
Calunnia è questa. Leonier.... — Che veggo? —
Ei vien.— Possibil fia? — Ben nella smorta
Faccia e nell’abbattuto portamento
Diverso appar da quel di pria.
Ghielmo. No, Auberto:
Alti pensieri ei certo volge.
SCENA ULTIMA.
LEONIERO, ELOISA, e tutti gli altri.
Auberto. O antico
Eroe! dov’è il coraggio tuo? Turbato
Perchè così ti riveggiam? L’amplesso
Dimenticasti che ci demmo? Amplesso
D’alta stima era.
Eloisa. O sposo amato, il padre
Salute ne promette.
Arrigo. Ahi Leoniero!
La virtù è questa, con che dianzi meco
Favellavi di morte e a pensamenti
M’esaltavi sublimi? Ancor lo stesso
Negl’istanti supremi Arrigo mira;
Imitami, o vegliardo. Un indegno atto
Non iscancelli di tua lunga vita
Le irreprensibili opre.
Leoniero. Enzo,— l’altezza
Di qulle menti non ti scuote?— Figlio,
Pietà di me! Ribenedirti io bramo.
Doloroso odio è quel che a figlio un padre
Porta nell’ora d’un’immensa offesa!
Portar quel peso orribile io non posso.
Rïamarti vogl’io; ma rïamarti
Non saprò mai, se non ritorci il piede
Da tanta scelleraggine!
Enzo. Ad Auberto,
Padre, volgi il tuo dir.
Leoniero. Di te medesmo
Abbi pietà! L’anima mia presaga
Spaventevoli cose, ahi! nel futuro
Legge per te; nè lunge è quel futuro.
L’ira del ciel depreca, o figlio. Il detto
Pronuncia «Arrigo viva!» e a questo detto
Dio molte colpe ti perdona; in braccio
A figliuoli ed amici in tarda etate
Consolato morrai; nè il diurn’astro
Disseppellite da furor di plebe
L’ossa tue rivedrà. — Dica la storia,
Che per poter ribenedirlo, a’ piedi
Del figlio mi gettai.
Enzo. Cessa,— ed Auberto
Quelle mura dischiudami, o vibrata
Dell’ora al primo squillo....8
Grido di molti. Ah!
Enzo. Suona il bronzo.
Leoniero.Enzo! ferma! pietà!— Che invano?... — Oh cielo!
Ecco l’orribil punto! eccomi dove
Fra duo doveri il sommo scerre è forza!
Salvare il giusto in guisa altra non posso!
Odimi, Auberto; odimi, Arrigo, e voi
Tutti che di Dertona al novo sire
Negate obbedïenza....
Auberto e i suoi. Obbedïenza
Alle leggi! alla chiesa! all’onor nostro!
Leoniero.Ascoltatemi, o prodi. Ingiusto spregio
V’inspira il duol di Leoniero. Ei tratto
Dall’amor suo per la patria e per voi....
Poichè oprar sacrificio alto è qui d’uopo...
A scongiurarvi d’imitarlo venne....
Nella virtù!9
Auberto. Qual colpo!
Enzo. Io moro!
Eloisa. Ah padre!
Fratello!
Il Conte. Oh tradimento! il parricida
Muoja!
Leoniero.10 Salva è Dertona! uscite, o prodi!
Uscite, o prodi! Il popol tutto al grido
Vostro armerassi!
Guerrieri già seguaci d'Enzo. Dertonesi siamo!
Leonier si difenda! si difenda!11
Arrigo.12A terra giace il condottier nemico!
Già le sue schiere fuggono.13
Grido universale de' Dertonesi. Vittoria!
Auberto.Oh figlio mio! tu qui? te riabbraccio?
Dov’è il tuo salvator? dov’è l’eroe?
Dove sei, Leoniero?
Leoniero. (Ferito s’avanza sorretto da Eloisa e da un guerriero.)
Eloisa. Oh amici! il padre
Ecco!
Auberto e Arrigo. Misero!
Leoniero. Inseguasi il nemico;
Liberate la patria. Io.... tutto feci
Che in me si stava. Questo sangue.... è sangue
D’un mostro.... ma quel mostro era mio figlio!
L’uccisi, e piango, e odiarlo io non potea!
Auberto.Oh virtù!
Leoniero. Auberto, se te un dì aborrii....
Perdona, il cielo men punì. Mio figlio
Svenar dovetti! — Arrigo, — mia Eloisa, —
Voi benedico ancor morendo e i figli
Vostri.... ma se un di lor.... traditor fosse....
Ecco, Arrigo, il pugnale!
Eloisa. Ei muore!
Arrigo. O grande
Spirto! Di raccapriccio e reverenza
Ne lasci invasi. — Oh! d’imitarti mai
Uopo non abbia sulla terra alcuno!
- ↑ Enzo s’inginocchia e riceve una spada dal conte.
- ↑ Uno sgherro sta per obbedire.
- ↑ Fa sospendere.
- ↑ Al percussore.
- ↑ Uggero parte.
- ↑ Al conte.
- ↑ Ad Enzo.
- ↑ Le ore suonano. Il percussore s’avanza.
- ↑ Uccide Enzo con un pugnale.
- ↑ Impadronitosi della spada d'Enzo si difende.
- ↑ Escono dal castello Auberto e tutti i suoi: Arrigo viene sciolto. Si combatte.
- ↑ Investe il Conte, e dopo breve pugna, lo trafigge.
- ↑ La battaglia prosegue. Gli svevi sono sconfitti.