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Catania, 25 1873

Il mio buono, il mio caro Dall'Ongaro[1] non lo vedrò più! Quando io penso alle ultime persecuzioni, alla guerra scellerata, che ha dovuto sostenere quel santo capo e che l'ha spinto innanzi tempo al sepolcro, alla desolazione in cui ha lasciato non una ma tre famiglie, io sarei condotto a maledire ad ogni umana virtù, e a rinunziare per sempre a quest'arte, che chiamano ironicamente divina, perchè non sa procurarci sulla terra e fra gli uomini altro che triboli e disinganni, ed abbandono delle nostre più care persone e morte precoce d'ogni nostra speranza.

Ma quando io guardo a codesta malnata canaglia, che nulla sa e nulla fa se non amareggiare la vita dell'ingegno e del cuore, a codesti mozzi di stalla, ruffiani di chi meglio li paga. servi schifosi della stizza degli altri e del proprio livore, rettili velenosi che si riscaldano fra' panni d'un ministro banchiere lazzarone, io sento di loro tanto ribrezzo e pietà, che preferirei mille volte morire disperato, piuttosto che vivere un'ora sola nelle loro grazie e ne' loro favori.

Che si fa intanto costì? Non si pensa in modo alcuno di onorare la memoria di quel martire poeta? Gli artisti napolitani, che egli tanto amò, e che essi impararono ad amare, gli artisti napolitani, che rappresentano la giovinezza dell'arte nostra, devono più che altri o prima d'altri iniziare una sottoscrizione per erigergli un monumento che sia perenne testimonio del culto che essi avevano per Lui, e una solenne protesta al governo che non l'ha creduto degno di dettar lezioni in un Ateneo di prim'ordine dove insegna un Pepere, un Tari![2]

Quel monumento dirà che i Napolitani sono primi in Italia ad onorare il merito, anche sventurato, il poeta cittadino, la vittima delle fazioni. Essi mostreranno così che sono al di sopra d'ogni partito. Ho piena fiducia che ciò sarà fatto, parlane con quanti puoi, raccomanda, anzi prova, che la sottoscrizione sia promossa dal Morelli, il mago!

Egli, che l'ebbe amico in vita, non lascerà di onorarne la memoria: è ricambio di gratitudine: giacchè tu sai che il Dall'Ongaro ha raccomandato il nome del pittore napolitano alle pagine più belle ch'egli abbia scritte sull'arte contemporanea.

Interessante anche il Mancinelli[3], pregalo a nome mio...; ma già egli l'amava, e le nostre raccomandazioni l'offenderebbero. Non manca a te di fare il possibile, tu hai cuore.

Io son disperato di essere relegato qui in quest'ultima Thule ! Senza amici, senza nessuno a cui parlare con amore del mio dilettissimo maestro; ma a ogni modo, se di costì comincerete a far qualcosa di serio, io ti prometto di darvi quel maggiore appoggio che posso.

Non lasciare di andare dalla desolata famiglia, consola come puoi quella povera addolorata della signora Maria. Io mi struggo di vederla! Scrivo arabo. Non ho inchiostro altro che questa salsa! Fa un tempo che non ci si vede. Per iscriverti mi son dovuto mettere dietro la finestra, con un volume del Satana[4] sulle ginocchia !

Il Satana è al nono canto, sai.

Ci lavoro di tutta lena: come al solito, quando ho un lungo lavoro per le mani mi par di dover morire, e lavoro, lavoro che è una mania. Il buon diavolo dei versi me ne manda giù, e finchè c'è la vena voglio cavarne partito.

Le Ricordanze si son tutte vendute; e fra poco si farà la ristampa insieme alla Palingenesi e alla traduzione dei versi d'amore di Catullo, che ho fatta nel mese di ottobre. Quest'altra volta ci metterò in fronte il ritratto: caschi il mondo; questo bel figuro che sono, voglio farlo vedere da un capo all'altro del mondo.

Son professore al Liceo e all'Università: quattr'ore al giorno di occupazione, e circa tremila franchi all'anno. Lavoro di buona voglia: ma un bel giorno manderò al diavolo ogni cosa e andrò a farmi romito.

Scrivo il Satana, cose terribili, se tu sapessi! Il paradiso in caricatura; l'apoteosi della ragione; l'uomo che si mette al posto di Dio, e tant'altre cose da far venire i brividi alle coscienze più spregiudicate...

Ma ci sono dei giorni che lascerei li tutta codesta roba da spiritati, e mi metterei a recitare il rosario.

L'anima mia non conosce mezze misure; va sempre agli estremi: o angelo o diavolo. Felice te, mio caro Nello, che serbi sempre fresca ed ingenua nel cuore l'aura primaverile della tua poesia !

Aspetto con ansietà i tuoi versi. Ti scriverei molto più a lungo: ma con questo inchiostro non ci si campa; faccio come gli orbi quando cantano la litania.

I tuoi quadri devono essere assai belli a giudicarne dai soggetti. Ardo di vederli.


Note

  1. FRANCESCO DALL'ONGARO, spirito ardente di patriota e di artista, fu popolarissimo ai bei tempi del fervore patriottico in Italia. Nato in Mansuè (prov. di Treviso) nel 1808, morì a Napoli il 10 gennaio 1873. Amò di affetto paterno il Rapisardi, il quale riconoscente gli rese onori immortali nell'XI canto del Lucifero.
  2. Aquile non erano certo costoro, ma, in fondo, uomini da bene. Sono populari a Napoli i motti e i bisticci che la studentesca burlona appioppava al Pepere. Ricordo questo, dei giorni che egli fu nominate commendatore: Se la commenda accrescere/Fa il nome alle persone,/Il professore Pepere/Diventa Peperone.
  3. GIUSEPPE MANCINELLI, rinomato pittore della scuola napolitana. Nacque a Palazzolo, presso Aquino, nel 1814; morì a Napoli nel 1876. Le sue opere principali sono: S. Carlo Borromeo, la Madonna degli Angeli, il telone del teatro S. Carlo, ecc.
  4. Il poema che poi intitolò: Lucifero

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