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dicembre 1881
Carissimo amico,
Vi mando alcuni versi per farmi vivo alla vostra memoria e per dirvi ancora una volta che io ammiro il vostro ingegno ed amo il vostro carattere.
Tra tanto nauseabondo insolentire di uomini che si tengono sul cavallo d'Orlando perchè qualche asino li porta sulla schiena ed un vulgo sozzo li applaude, l'animo mio ha bisogno di conversare con uomini come voi, per non perdere affatto la fede negli ideali della patria.
Peccato che io non posso farvi più spesso di si fatti regali senza incorrere nei pericolo di riuscire importuno.
Buon per me che l'arte non m'è troppo avara dei suoi sorrisi, altrimenti non saprei davvero che cosa fare del mio tempo, non volendo come altri fa, usarlo a difendere paladinescamente le proprie bricciche e ad arrotolarsi nel fango e nel veleno, di cui il vulcano della vita contemporanea italiana erutta ogni istante sì larga copia da far intorno un grandissimo e profondissimo brago.
Se vi pare che questa poesia possa esser bene accolta dalla «Lega» o da altro buon giornale di vostra conoscenza, datela pure a stampare, purchè mi sia fatto il favore di mandarmene le bozze, che io, sapete, trovo da correggere e da rimutare sino all'ultimo istante; se no, tenetela per vostro uso e consumo, senza farla vedere ad anima nata.
La manderei direttamente a questa o quella gazzetta: ma quale di esse m'e rimasta fedele? Io non lo so davvero; ne mi piacerebbe avere un rifiuto da persone che credo amiche e le quali, come han fatto molte di questi giorni, possono essermi divenute ostili da un'ora all'altra per colpe e delitti che a me pare non aver commesso.
Mi tratterrei più lungamente e più spesso con voi; ma so che la politica vi toglie pur troppo agli amici.
Così non vi togliesse alle cure dell'arte, la quale oggi più che mai si lamenta e dei moltissimi e indegnissimi che le fanno corte e bordello d'intorno e dei pochissimi che potrebbero difenderla dai villani amplessi, e se ne stanno o sdegnosamenti silenziosi o con l'animo rivolto alle bizze cotidiane della politica, vecchia impiastricciata di nuovo, che sa trovar parole e carezze, per sedurre gli animi più nobili e i più strenui campioni dell'arte.
Fra i quali, non occorre dirlo, si annovera un certo Felice Cavallotti, che voi certo dovete conoscere almeno di vista, e che io saluto ed abbraccio cordialissimamente.