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Molto Ill.re ed Ecc.mo Sig.re e P.ron Col.mo
Ho sentito con grandissimo gusto l’applauso che V. S. molto Ill.re ed Ecc.ma fa a quelle mie scritturette, nelle quali se ci è cosa nessuna di buono lo devo riconoscere dalla Divina mano prima, e poi dalli documenti ricevuti da V. S. Ecc.ma. Quello di che io ho qualche conpiacimento nel consulto dei molini di Perugia, è che mi pare di cavarlo dalla natura stessa del lago, considerato nel suo essere naturale, cioè che sia una gran conserva d’acqua, ma male custodita e governata, in modo che in alcuni tempi scarica più acqua del bisogno e poi li viene a mancare; ma io propongo il modo di conservarla e andarla dispensando, sì che serva tutto l’anno continuamente. Sono però fuori di speranza affatto che si habbia da mettere in prattica mai, ancorchè l’utile sia cosi manifesto; e mi vado confirmando poichè si è dato orecchio a un tale, quale ha proposto di cavare l’acqua dal lago con ingegni e machine meravigliose, ed ha promesso di cavare tanta acqua che farà macinare continovamente una macina, che verranno ad essere undeci molini. E’ stato qui a Roma, ha negoziato, ed ottenuto patenti e brevi di fare l’impresa.
Non ha però avvertito di farci mettere clausole tali che avvalorassero le sue invenzioni; e però, ritornato a Perugia, dopo havere fatta una buona spesa, tutto gli è riuscito vano, e solo ci ha guadagnata una gagliarda febbre con petecchie, e non so hora come la passi. Io ho risoluto di attendere da qui avanti al vino e lasciar l’acqua; dico di attenderci in prattica; ma in speculativa, da diversi accidenti che si sono osservati nella corrente siccità e da alcune osservazioni mie particolari, congiongendo tutto con le conseguenze dependenti da quel poco che io ho scoperto nel mio trattato Della misura dell’acque, inclino assai ad affermare che l’origine dei fiumi e di fontane dependa tutto da queste conserve d’acqua, delle quali parte si scoprono manifeste, come sono i gran laghi, e parte sono riposte nelle segretissime viscere della natura. La materia è bella, assai vasta e sin hora ci trovo di gran riscontri. Non so come mi riuscirà spiegarla: andarò faticando e farò quello che potrò, e di tutto darò parte a V. S. Ecc.ma, alla quale fo riverenza.
Quanto al numero delle gocciole cadenti, la ringrazio di quanto ella mi scrive; chè veramente mi pare meravigliosa l’invenzione e fuori d’ogni humana fantasia, nè dubito punto che, ruminato bene il problema, non habbia da servire a maggiori scoprimenti.
Devotis.mo ed Oblig.mo Ser.re e Dis.lo
D. BENEDETTO CASTELLI