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Bastia, 2 aprile 1792

Stim.mo sig. Buonaparte,

Colla vostra lettera del 16 marzo ho riceute le stampe che mi avete mandato. Non vi date pena di smentire le imposture di Buttafuoco: quell'uomo non può aver credito presso un popolo che ha sempre stimato l'onore e che ora ha riacquistata la sua libertà. Col nominarlo se gli fa piacere; egli non può aspirare ad altra celebrità che a quella che cercò l'incendiario del tempio di Efeso. Egli scrive e parla per far credere che qui ei sia di qualche conseguenza. Se ne vergognano li stessi suoi parenti. Lasciatelo al disprezzo e alla pubblica noncuranza.

Non posso ora aprire le cascie e cercare li miei scritti. D'altronde la storia non si scrive negli anni teneri: permettete che vi ricomandi di formarne il piano sotto l'idea che ve ne darà l'abbate Reynald: e frattanto potreste applicarvi a far racolta degli anneddoti e de' fatti più rilevanti. La nostra storia deve rilevare la sua importanza dalla qualità de' caratteri che vi hanno figurato. Per sé medesima non è di alcuna conseguenza al lettore, perché li suoi successi e transazioni sono state troppo piccole,e quasi indifferenti al gran mondo. Ma se volete umiliare i miei nemici non avete che a dir loro che sono arrivato ad una certa età troppo vicina al disinganno sopra le umane vanità, e sono il primo a dire che di me si è detto troppo bene e troppo male. Quel che mi si attribuisce di merito se ne deve la maggior parte alli zelanti patriotti ed amici meco impegnati nella buona causa. Li miei nemici possono accusarmi di errori e svisti nella mia amministrazione. Non sono reo se la natura non mi dotò di talenti proporzionati all'impiego addossatomi mio malgrado; mi fanno però torto mettendo in dubio la sincerità del mio zelo per la libertà. Non ho merito per essere stato disinteressato nel servizio della padria. Il denaro che ho speso per essa e quello che non ho voluto ricevere dall'altrui generosità, conosceva bene io ch'era meglio impiegato per il mio onore che se n'avessi fabricate case ed ampliato il mio tenue patrimonio.

Son contento perché non mi rimprovero, e perché fra pochi anni l'invidia e la parzialità cesseranno d'agitar li malevoli, e gli amici mi vedranno al coperto di tutte le vicissitudini, e non andrà molto che dovrò dire: oh fossi stato men noto agli altri e più noto a me stesso! Rœbe, diu viximus. Possano li futuri padriotti spingere tanto avanti il loro merito che di me più non si parli, se non come d'uomo che ebbe buone intenzioni. Mille complimenti all'abate Reynald[1]. Vi saluto di vero cuore.

Vostro aff.mo servitore obb.mo

Pasquale de' Paoli

Note

  1. Nb. l'abate Guillaume-Thomas François Raynal (1713-1796) e non Reynald.
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