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LXV
A Galileo
La lettura del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, ricevuto nel luglio, accresce l’ammirazione che egli ha per Galileo, e gli fa concludere che «queste novitá di veritá antiche di novi mondi, nove stelle, novi sistemi, nove nazioni etc. son principio di secol novo».
Molto illustre ed eccellentissimo signore,
Ho ricevuto i Dialoghi di Vostra Signoria eccellentissima dal signor Magalotti nel mese di luglio, secondo Vostra Signoria m’aveva predetto a’ 17 di maggio, e non le scrissi subito perché mi parse meglio leggerli prima. Ognun fa la parte sua mirabilmente; e Simplicio par il trastullo di questa comedia filosofica, ch’insieme mostra la sciocchezza della sua sètta, il parlare e l’instabilitá e l’ostinazione, e quanto li va. Certo che non avemo a invidiar Platone. Salviati è un gran Socrate che fa parturire piú che non parturisce; e Sagredo un libero ingegno che, senza esser adulterato nelle scole, giudica di tutte con molta sagacitá. Tutte le cose mi son piacciute; e vedo quanto è piú forzoso il suo argomentare di quel di Copernico, se ben quello è fondamentale. È riuscito secondo io desiderai, quando le scrissi da Napoli che mettesse questa dottrina in dialogo per assicurarci da tutti etc. Vero è che qui non si trattano cose da me desideratissime: com’è l’anomalie dell’obliquitá ed eccentricitá, e le nove apparenze ed esorbitanze toccate da Platone ne’ secoli antichi, ma di altra manera che ne’ moderni da Copernico; né degli apogei e perigei e latitudini mutate, e dell’immutabilitá delle distanze tra di loro e mutabilitá da’ tropici e dal zodiaco, e molte altre cose ch’io stimo inarrivabili mentre Vostra Signoria le tace, e le cose ch’io li dimandai nella prima epistola, letto il Nunzio sidereo.
Circa il movimento del mare, non in tutto son per adesso con Vostra Signoria, se ben è assai meglio scritto che non mi fu riferito d’amici che non seppero risponder agli argomenti, e col tempo n’aviserò Vostra Signoria. Si dolerá grandemente Apelle [C. Scheiner] di questo libro, ed indivinò parlando meco che Vostra Signoria avea di puntarlo, perché lui a ogni modo vorrebbe esser l’autor delle Macchie, e m’allega molte epistole di quel tempo a suo favore. M’ha dato da principio il suo libro, ma sendo tedioso il suo scrivere, non posso dir d’averlo ben letto etc. Mi piace assai che quelli che si faceano autori delle proposizioni di questo libro di Vostra Signoria, e dicendo io ch’erano degli antichi pitagorici e democratici e di Vostra Signoria, mi rispondean che non l’han visti, né quel che in Aristotile, Platone, Galeno e Plutarco si legge, e ch’era loro invenzione; adesso son chiariti e nell’academie noti, se ben tra’ letterati plebei si fanno spantosi con riferirle lunge da noi come proprie. Desidero che Vostra Signoria metta presto a luce quell’opuscolo de’ Movimenti, perché odoro da quel che qui dice grandi utilitá al filosofare.
Io difendo contra tutti come questo libro è in favor del decreto Contra motum telluris etc., perché qualche litteratello non perturbasse il corso di questa dottrina; ma i miei discepoli sanno il misterio. Io oso a dire che se stessimo insieme in villa per un anno, s’aggiusteriano gran cose; e benché Vostra Signoria sola è bastante, io mi conosco utile, giunto a lei; e farei molte dubitazioni non peripatetiche né volgari circa i primi decreti della filosofia. Dio non vuole: sia lodato. Queste novitá di veritá antiche di novi mondi, nove stelle, novi sistemi, nove nazioni etc. son principio di secol novo. Faccia presto chi guida il tutto, noi per la particella nostra assecondamo. Amen.
Resto pregando Dio per la vita di Vostra Signoria sia lunghissima a pro del vero e del bene universale. Amen.
Roma, 5 agosto 1632.
Fra Tomaso Campanella |