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CII. — A Francesco Priuli
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CII. — A Francesco Priuli.1


Seguendo la risoluzione presa di scrivere a V.E. per ogni corriere, sebbene questa settimana è assai sterile di nuove, conformandosi gli uomini alla stagione, la quale è stata per quindici giorni così aspra, che molti inverni non sono arrivati a tanto; nondimeno ho creduto che vi sii pur anche qualche cosa degna di esser saputa. Oltre li molti modi che tengono li Cattolici per impedire che gli Stati di Cleves non restino alli principi protestanti, uno è il dissolvere l’unione ed intelligenza fra Brandeburg e Neuburg, favorendo o mostrando di favorire il più debole; per il che, fare2 che il conte di Wolfang Wilielmo, primogenito, ascolti ancora proposte di farsi cattolico. Di questo, già più di 40 giorni, venne un tal qual avviso di Colonia, che fu stimato vano: ora si conferma da molte parti, e viene creduto da non pochi; atteso che se ben sono della casa Palatina, nondimeno tra l’elettore e questi, vi sono disgusti notabili, onde pare che non potranno star lungamente nella stessa lega: aggiunto che questo palatino di Neuburg per lo passato è stato in buona intelligenza con la casa d’Austria e di Baviera, e facilmente può ritornare alle antiche amicizie; massime che al detto Wolfango Wilielmo fra le promesse viene data speranza di matrimonio con una di Baviera. Se questo avviso averà riscontro per il quale si possi far probabile a V.E., sarà degno che vi sii considerato dentro l’arte gesuitica, atta a trasmutar l’intrasmutabile.

Ancora si tiene qui per fermo, che il re Mattias restringa la libertà di religione concessa in Austria solo alli baroni, ed escluda le città;3 onde possi nascer nuova sollevazione. È venuto anche qui un avviso di certo abbattimento tra Polacchi e Moscoviti, con morte di molti d’ambe le parti e rotta dei Polacchi; ma costì si saprà più certamente. A Roma si aspetta il cardinal di Clermont, al quale il re ha fatto espresso precetto di non passar per Firenze, per disgusti che la sua maestà ha con quel granduca, perchè non ha servato li termini nel trattare in Francia ed in altre corti con li ministri francesi.

Ho inteso per buona via, che passa trattato di matrimonio tra Borghesi e Aldobrandini nelle persone del figlio del signor Giovan Battista e della sorella del cardinale San Cesareo, ambi non giunti all’età di consumare il matrimonio. Si discende al particolare della dote, che debba essere di 30,000 ducati. Par che vi sii ancora questa difficoltà, perchè gli Aldobrandini vorrebbero sborsarla al tempo della consumazione, e li Borghesi vorrebbero fosse posta in banchi, per guadagnare a favore ed augumento di essa dote. Se questo matrimonio seguirà, sarà principio di qualche cosa nuova; perchè essendo unite due fazioni principali, che comprendono più di due terzi, in loro starà far il papa; ed essendo tra ambe le famiglie cardinali vecchi, uomini e putti, per gradi potranno accomodar molto bene il papato alle loro persone San Giorgio, Aldobrandino, Borghese, San Cesareo.4 Ma tutte queste cose, non essendovi l’età di consumare il matrimonio, sono poco fondate.

Avvisano da Roma, che l’arciduca Ferdinando abbia ricevuto promessa di aiuti dal re di Spagna, per opporsi, bisognando, alli motivi delli suoi sudditti, che dimandano libertà di religione; e già gli abbi mandato 50,000 ducati, aggiungendo che il papa non gli mancherà di favori e soccorsi. Ma dell’abate Cornaro (contro la mia aspettazione) non hanno detto cosa alcuna, se non che bisogna pensi di star nello stato ecclesiastico. Questa occorrenza sarà la pietra del tocco per esaminare qual sii stato l’accordo fatto tra il pontefice e la Repubblica; e qui ben si verifica che Dio dal male cava bene.

Io temo che sarò noioso a V.E. scrivendole cose di tanto poca sostanza: spero nondimeno insieme, che Ella aggradirà, se non il servizio, almeno il desiderio di servire. E qui facendo fine, le bacio riverentemente la mano.

Venezia, 30 ottobre 1609.



  1. Dal tom. VI delle Opere ec., pag. 128.
  2. Intendasi: per il qual mezzo possano anche fare, od ottenere.
  3. A tal proposito, potrà fare il filosofo, sulla credenza e la liberalità dei principi, le sue osservazioni.
  4. I pontefici Clemente VIII ed altri, siccome allora Paolo V, goduto avevano di una copiosa parentela; e tutti erano stati nepotisti, avendo il primo di essi, oltre ai nipoti ex-fratre, voluto ancora sublimare il figliuolo di sua sorella, il cardinal Cintio, di famigerata e non cattiva ricordanza. Nel cardinale Scipione Borghesi era, nei tempi dell’Autor nostro, il centro e il pernio di tutti i negozi, così politici come sacerdotali. Non mancava, perciò, di fondamento il timore che il Sarpi mostra d’aver concepito; vale a dire, che per siffatta successione di zii e di nipoti, e le possibili alleanze dei loro discendenti, l’elezione al papato divenir potesse ben altro che libera, e da ben altro motivata che da soprannaturali ispirazioni.


Note

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