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CVIII. — Al medesimo
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CVIII. — A Francesco Priuli.1


Se cotesto regno è sterile di nuove, nè l’Italia è fertile in questo tempo, dove ognuno sta volto verso Torino, aspettando la risoluzione di quell’Altezza,2 la quale ogni giorno si fa più incerta. Pareva che la trattazione fosse affatto tralasciata; ora è ripigliata, e si negozia più che mai: e Dio voglia che la levata, quale gli Spagnuoli disegnano, di Svizzeri e Tedeschi sotto pretesto dell’occasione de’ Mori, non sii per gelosia di questo trattato; quale io entro in pensiero che sarà di quelle cose di Platone, che semper fuit et numquam sunt.

Io non mi sono maravigliato niente, che un Confessionista abbia preso per compare l’ambasciator spagnuolo, e per comare una calvinista; perchè il re d’Inghilterra narra nel suo libro, che sua madre (che si sa quanto fosse cattolichissima) pigliò per comare al battesimo di lui la regina Elisabetta, la quale, secondo il costume di quell’isola, gli mandò da Londra il battisterio con che dovesse esser battezzato. L’opinione così de’ Calvinisti come de’ Confessionisti è che il battesimo nostro e loro sii tutt’uno; e però non è meraviglia che facciano battezzare li loro figli dalli nostri preti: più mi meraviglio quando mandino li figli alla disciplina de’ Gesuiti, come intendo che molti fanno costì, e mi dà segno che tengano poco conto della religione. Infatti, l’uso continuo può mutar anco la natura: l’esser necessitati a praticare insieme di varie religioni, necessariamente porta ovvero allo sprezzo di tutte, ovvero a non tener conto della differenza. Alle nozze di Stutgard non hanno fatto l’istesso, perchè sono stati tra loro solamente: anzi, nelle comparse, quasi tutte le invenzioni sono state cose religiose. Il marchese di Baden ha menato sopra un carro la Religione, che aveva per serve tutte le virtù. Adesso si tratta di ridursi in Halla; dovranno mo’ trattar li negozii, perchè di Baviera ne hanno partecipato assai bene. Vi sarà a quella dieta uno straordinario del re di Francia, oltre Bongars, che ritorna per risiedere. In Giuliers piuttosto le cose prosperano per Leopoldo, poichè parte delli luoghi si dichiarano neutrali, partendosi dalla divozione de’ principi.

Di Roma non vi è se non aspettativa dalla corte, che sieno creati cardinali; fra’ quali alcuni tengono il vescovo di Padova. Egli tiene ben sè stesso; il che fa anco il patriarca di Venezia e di Aquileia: cosa poco credibile di qualsivoglia di loro.3 Ieri sera fu preso di mandar un ambasciatore per corrispondere agli Stati di Olanda. Il signor cavalier Priuli è in dimanda, e con speranza di ottenere: se riuscirà, come credo, avrei occasione di veder molte novità ne’ luoghi prossimi, più che in quegli Stati. Dio ci doni il suo favore. Io resto pregando Dio per la salute di V.E., alla quale bacio la mano.

Venezia, 4 dicembre 1609.



  1. Impressa come sopra, pag. 137.
  2. Cioè di Carlo Emmanuele, che allora macchinava col re di Francia di muover guerra agli Spagnuoli nel ducato di Milano.
  3. Non vi fu per allora promozione, e il patriarca di Venezia fu fatto cardinale soltanto nel dicembre del 1615.


Note

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