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XII. — Al Serenissimo Doge.1
Le beneficenze dei principi verso i suoi servitori per lo più superano i meriti di chi le riceve, e sono superiori alle loro speranze; ma la munificenza della Serenità Vostra verso di me ha sorpassato quanto mai avessi potuto desiderare. Io non ho aspirato più oltre che ad essere onorato col titolo di servitore della S. V., ed Ella non solo mi concedette questa grazia, ma in appresso vi aggiunse moltissimi doni e aumenti ancora due volte in poco tempo; e finalmente, per cumulo de’ suoi benefizi, si è compiaciuta di condiscendere a credere ch’io vivo contento delle grazie fattemi. Del qual favore, riputandolo io il maggiore che conseguire potessi al presente, ne rendo con tutto lo spirito quelle riverenti ed affettuose grazie che posso. Dovranno esser queste un testimonio al mondo di quello ch’è verissimo; cioè che servo per mio debito, con religione e coscienza, e non per alcuna mondana speranza. Ma quanto si aspetta alle lodi colle quali piaciuto l’è di onorare la mia umilissima persona, non riconoscendo in me alcuna pregevole qualità che le meriti, le ricevo per avvertimento di quello che dovrei essere e per ammonizione di quanto dovrò fare; laonde cercherò di formarmi secondo il modello esposto dalla S. V. in forma di lodi, per riuscire servitore non inutile a quest’Augusta Repubblica ed all’Eccellenze Vostre.2
- ↑ Inedita: come sopra. Con questa Lettera, il Sarpi ringrazia il principe de’ nuovi benefizi conferitigli, e delle cure che si addimostravano per la sua personale sicurezza; come addimostrasi per la seguente parte o deliberazione presa in Consiglio, che qui ci giova di riportare:
“1606, a 28 settembre.
“Continuando il reverendo padre Maestro Paolo da Venezia, dell’ordine de’ Servi, a prestare alla Signoria nostra con singolar valore quell’ottimo servizio che è molto ben conosciuto, potendosi dire, ch’egli fra tutti con le sue scritture, piene di profonda dottrina, sostenti con realissimi fondamenti le potentissime e validissime ragioni nostre nella causa che ha al presente la Repubblica con la corte di Roma, anteponendo il servizio e la soddisfazione nostra a qual si voglia suo particolar e importante rispetto; è cosa molto giusta e ragionevole, e degna dell’ordinaria munificenzia di questo Consiglio, il darli modo con che possa assicurare la sua vita da ogni pericolo che gli potesse soprastare, e sovvenire insieme alli suoi bisogni; benchè egli non ne faccia alcuna instanza, ma che più tosto si mostri alieno da qual si voglia recognizione che si abbia intenzione di usargli: tale è la sua modestia, e così grande il desiderio che ha di far conoscere che nessuna pretensione di premio, ma la sola devozione sua verso la Repubblica nostra, e la giustizia della causa, lo moveno ad adoperarsi con tanto studio e con tante fatiche alli servizi nostri. Però
“L’anderà parte, che al stipendio che, a’ 28 del mese di gennaro prossimamente passato, fu assignato al sopradetto reverendo Maestro Paolo da Venezia de’ ducati ducento all’anno, siano acresciuti altri ducati ducento, sì che nell’avvenire abbia ducati quattro cento all’anno, acciò che restando consolato per questa spontanea e benigna dimostrazione pubblica, con maggior ardore abbia a continuare nel suo buono e devoto servizio, e possa con questo sovvenimento provedere maggiormente alla sicurezza della vita sua.„
N. B. A questa deliberazione intervennero i sei Consiglieri del Doge, due fra i Capi delle Quarantíe, i Savi del Consiglio e quelli di Terraferma. - ↑ Risulta da questa Lettera, che il Sarpi non accettò l’accrescimento dello stipendio che per lui erasi decretato.