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XIII. — Al signor De l’Isle Groslot.1
- Illustrissimo signore mio colendissimo.
Incomincerà questa mia da un’ammonizione a V. S., che guardi molto bene quello che promette di me a cotesti signori, acciò non resti ella soggetta al pagamento. Giustamente, quando mi riguarda con occhiali di molta benevolenza e affezione, io dubito che gli effetti non corrisponderanno al concetto che ha di me formato, e come mi dipinge agli altri. Già veggo che a monsignore l’Eschassier ella ha fatto grandissime promesse, e ha ridotto quel signore a scrivermi; e dubito che dalla risposta che le do non resti defraudato del concetto fatto di me per relazione di V. S. Per ammonizione tanto basti, che vengo a rispondere alla gentilissima sua delli 6 d’agosto.
Non è differente lo stato mio dal suo. Sono fatti uffici e solleciti e frequenti per ritornare quella grandezza2 dove era prima, anzi per alzarla di più, e anco di costì ne viene qualche parte: con tutto ciò un’acqua turbata dalli venti, cessati quelli, ancora si muove. Tra ambe le parti passano simulati uffici, ma alle volte prorompono indizi di profondo sdegno.
Il pontefice è mosso da un desiderio immenso di quiete, così per naturale inclinazione e per memoria de’ travagli passati, come per quello che gli è suggerito dalli fratelli e parenti, e insieme da qualche altro pensiero somministrato dalli uffici de’ padri Gesuiti e degli altri inquieti della corte. Alcune volte occorrono cause di nuove controversie, ma sino al presente presto e facilmente si sopiscono.
A me conviene star molto avvertito, non solo a non far novità alcuna, ma ancora non dar minima ombra; sì che mi è necessario avvertir bene come procedo; il che è causa d’andar ritenuto in quel pericolo di che monsignor l’Eschassier mi scrive. Dell’opera intermessa da monsignor Casaubono, non ho sentito dispiacere, ma l’attribuisco a l’istesse cause, per la violenza delle quali ogni cosa va in sinistro.
Il signor presidente di Thou3 corre la fortuna solita d’incontrare a tutti li scrittori. Nel suo secolo nissun debbe scrivere pensando d’aver lode o ringraziamento dalla sua età: si scrive per la posterità, alla quale riguardando, egli si può consolare dell’ingratitudine che li viene usata. Il mio commentario o raccolta di memorie è ridotto a buon stato; ma conviene che io guardi prima che lasciarlo uscir da me a delle cose di sopra accennate: e di questo parlerò con monsignor di Fresnes4 innanzi la sua partita, che sarà presto. Delli discorsi mandatimi da V. S., doi ne ho veduti già; quello di monsignor di Ais, e l’altro del quale ella non mi scrive l’autore, che però desidero sapere: imperocchè, se bene la conclusione è assai aerea e il mezzo di trattare sii pieno di translazioni straniere, però l’autore merita d’esser conosciuto. L’altro di Grieux non mi è capitato in mano se non ora, e lo vedrò. La risposta di M. Ribbier non solo l’ho letta già molti giorni, ma anco tradotta in italiano a petizione del Serenissimo, che avendo ricevuto gusto del discorso che li tradussi, ha voluto aver in italiano ancor la difesa.
Se V. S. ha memoria della stima ch’io feci del discorso, per significarli in che stima abbia la risposta, non fa bisogno che li dica se non che è l’animo e lo spirito del primo; in maniera che M. di Ribbier debbe ringraziare chi li ha dato occasione di fortificare così bene la sua fabbrica. Del nostro silenzio V. S. non si maravigli: nasce così perchè abbiamo già esalata tutta la nostra virtù, come anco perchè abbiamo levato qualche oppiata del vase che addormenta tutti.
La pace delli Paesi Bassi siamo certi che non è conclusa. Li signori Sechini5 nostri amici credono anco che non seguirà; io in contrario la tengo come fatta: con tutto ciò non son di parere che sii per portar la guerra nè qua nè costà, se prima non saremo fatti più inerti di quello che siamo per amministrarla; al che c’inviamo costì con l’ozio e qui con la spesa infruttuosa, senza essere nè in pace ne in guerra.
Di Levante alli giorni passati abbiamo avuto il tentativo fatto sopra Cipro con tante forze, come se in quell’isola fossero solo mille persone, e quelle addormentate. Li assalitori sono partiti con l’onore conveniente, e con dar nome o di voler tornarci, o d’assalir altri luoghi de’ Turchi.
In quell’imperio moltiplicano così li cattivi umori, che è necessario in breve ne segua una crisi, quale ovvero lo conduca al fine, o lo purghi di maniera, che resti in maggiore perfezione che mai. È venuta una gran nuova di Polonia, quale non scrivo per non parermi troppo grande. Di Grigioni abbiamo un giorno buoni, l’altro cattivi avvisi. Dio faccia che il tutto termini in bene, ma le cose sono assai confuse.
Io tengo desiderio grande di veder intiera la pragmatica di san Luigi; e quando V. S. avesse mezzo di farmene aver una copia, se bene fosse scritta a mano, mi farebbe favore. E qui facendo fine, prego Dio che doni a V. S. ogni felicità; alla quale con riverenza bacio le mani. Il padre maestro Fulgenzio li rende infiniti saluti.
- Di Venezia, il 4 settembre 1607.
- ↑ Dall’edizione delle Lettere di Fra Paolo Sarpi, fatta in Ginevra (colla falsa data di Verona) nel 1673. Dei più dotti o famigerati soggetti coi quali il Sarpi ebbe corrispondenza di lettere, per evitare il sopraccarico delle note, daremo ai lettori qualche notizia dove più ci sembri cadere in acconcio ed opportuno. Qui giova avvertire che il Groslot, più spesso nominato Dell’Isola, fu quello che, rimasto soddisfattissimo del carteggio che era pervenuto a procurarsi col nostro Servita e insieme delle sue molte virtù, si tenne (come scrivono) in obbligo di partecipar questo bene ad altri suoi amici francesi; quali furono Gillot, Leschassier, Servin, Richer, Casaubon ed altri.
- ↑ Si allude alla grandezza del potere papale.
- ↑ Il celebre presidente ed istorico Giacomo Augusto de Thou.
- ↑ Così chiamavasi l’ambasciatore del re di Francia presso la Repubblica di Venezia.
- ↑ Cognome di una famiglia di mercanti veneziani, presso i quali si adunavano a convegno letterario molti fra i più intimi amici del Sarpi.