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LV. — Al signor De l’Isle Groslot.1
Innanzi la partita dell’ultimo corriere non potei vedere lo sdegno espresso da lei per l’ingiusta giustizia eseguita in Parigi. L’ho veduto dopo, e partecipato con molti belli ingegni; da’ quali vien fatto l’istesso giudicio che da me, non originato dall’affezione che porto all’autore, ma dalla dignità dell’opera. Il signor Giacomo Badoer, tra gli altri, uomo di singolar giudizio, loda ugualmente li concetti e l’espressione. Gran provvidenza di Dio! Credevano con la morte d’un misero fermar un rumore che, con tutta la sua forza, sarebbe però passato in poche persone; e l’hanno con quel mezzo fatto correre per tutto il mondo. Non dubito che se avessero trascurato le parole di colui, o vere o false (sebbene io più tosto credo false), non sarebbono andate ad orecchie della millesima parte, che andarono dopo morto. Così Dio castiga le nostre diligenze.2
Per questo spaccio non ho ricevuto lettere di V.S.: credo che non saranno giunte a Parigi alla partita del corriere. Non intendo parlarsi cosa alcuna del duca di Sully: crederò che le cose saranno svanite, ed egli non più molestato; massime intendendo che il re non abbia intiero gusto di Don Pietro. Mi pare anco che le cose della tregua non siino trattate con quel fervore, e che più tosto il mondo inchina a credere che non seguirà. Ma in Germania le cose tuttavia si turbano più. Il re Matthias ha stampato una dichiarazione contro li suoi soggetti d’Austria: che mi fa credere non esserci forze, poichè viene disputato da un principe di tanto titolo con scritture; e massime, essendovi superiore l’imperatore, e la dieta dell’imperio, che protesta da ogni scrittura.
Qui li disgusti seguono: non si verrà a rottura, perchè ambe le parti l’abboriscono; ma materia ci è. Non ho voluto lasciar andar questo corriere senza mie lettere a V.S., in testimonio, che mi riconosco debitore di tener assidua memoria di lei, per le molte grazie che quotidianamente ricevo; fra le quali stimo molto l’avermi fatto conoscere monsieur Castrino, che mi favorisce continuamente con sue lettere. Io non posso rendergli contraccambio così di questo, come della diligenza che usa per farmi venir libri. Prego V.S. che, aiutandomi a pagar questo debito, voglia ella ringraziarlo. Già ho ricevuto gran parte dell’Assenmullero: mi scrive anco di mandarmi De modo agendi, e che spera aver le ordinazioni. Mi vergogno di non poter far cosa alcuna in suo servizio, confermandomi però, che V.S. mi solleverà di parte dell’obbligo. Io resto desideroso di ricevere li suoi comandamenti, e le bacio la mano.
- Venezia, 3 febbraio 1609.
- ↑ Stampata come sopra, pag. 130.
- ↑ Le allusioni contenute in questo paragrafo si riferiscono (vedasi al principio della Lettera LVIII) a quel Bartolommeo Borghese di cui comincia a parlarsi nella Lettera LII; onde apparisce come la principal causa degl’infelici suoi casi fosse l’aver composta un’opera, se non vera nelle dottrine, dignitosa nell’esposizione e per altri titoli degna di lode.