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LVII. — Ad Antonio Foscarini.1
Mandai domenica, che fu il giorno dell’arrivo del corriere, quella di V.E. a Sciampignì2 per un suo amico. Mi riferisce oggi il portatore, che l’aprì in sua presenza e che fece allegrezza. In fatti, la sua debolezza è pasciuta da simili dimostrazioni di rispetto. Quei del Collegio faranno questa settimana, a mia istanza, una comunicazione generale con esso lui; onde tra questa e quella che ho scritto nella prima mia a V.E., egli resterà contento.
Qui s’intende che sia venuto a Parigi il generale di San Francesco, siciliano, per visitare e far novità nei monasteri dell’ordine in cotesto regno, e che dal re gli sia stato proibito. Se questo fosse vero, sarebbe stato fatto con molta prudenza dal re, per ovviare che con tal modo un suddito di Spagna e congiunto con Roma, non s’impadronisca dei religiosi francesi di quell’ordine; e sarebbe esempio da considerare qui, e da imitare. Non sarà difficile a V.E. penetrare se quest’avviso ha sussistenza; e quando sia vero, scriverlo in pubblico con i suoi particolari, e la considerazione politica per la quale è fatto.
S’intende che le cose di Germania, e particolarmente in Austria, siano vicine alla rottura: non per questo v’è moto alcuno in Tirolo o altrove a’ nostri confini. Tutti sono attenti a vedere come s’invieranno i principii. Al nostro bisogno farebbe che s’aprisse qualche passo, sì che non fossimo da ogni parte circondati da casa d’Austria.
Ieri sera fui col signor Niccolò Contarini, quale scriveva a V.E.; ma non credo molto ampiamente, perchè le lettere pubbliche non sono ancora lette.
- Venezia, 4 febbraio 1609.