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VII. — A Monsignor Luigi Lollin.1
Alla ricevuta di quella di V. S. illustrissima delli 9, io feci il debito ufficio con li signori Savi Morosini e Mula, quali ritrovai e facili a ricevere la informazione e pronti ad adoperarsi conforme al desiderio suo. È certo cosa meravigliosa che cotesta città vogli da lei altro che quanto si può fare. Quantunque andassero con solennissima ambasceria a Roma, non sono per ottenere altro, che quanto ella otterrà con una semplice lettera. Il tutto è richiedere cose fattibili, e servar il precetto evangelico nel fabbricare la torre. Intendo da tutti li Capi, che se cotesti gentiluomini dimanderanno di andar a Roma, non diranno cosa grata al Collegio; onde mi pare che debbia star sicuro. Ho differito il rispondere alla suddetta sua, aspettando narrarli qualche cosa di risoluto; ma dovendo partire per Padova, non ho voluto prolungar più.
De re litteraria. È venuto il Catalogo, dove mi par vedere poco di buono. Scaligero e Lipsio dormono. Casaubono ha mandato fuori cinque scrittori Historiæ Augustæ, e quelle Vite dei piccoli storici ed ultimi. Un tal Mesingero manda un Thesaurus Poliglottus linguarum 400; numero molto terribile a quello che il libro è in 8°. Credo al proverbio: Parturient montes ec. E qui faccio fine, e con riverenza le bacio la mano.
- Venezia, 24 marzo 1603.
- ↑ Inedita: come sopra.