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XCIX. — Ad Antonio Foscarini.1
Quanto s’aspetta a Sciampignì, la sua natura è aspra e difficile. Sa ch’egli non è grato nè in collegio nè in senato nè in Venezia; e, quello che importa più, nè egli si loda d’alcuno di quelli. In due parole, è odioso e odiante; nè bisogna sperare che persuasione possa in lui più che in una pica. E sia detto senza iperbole, altre volte io credeva che almeno fosse di buona mente: ora tengo che non fa il male che non sa; e non è credibile quanto in verità si scorge. Ha parlato di leghe con tanta mala grazia, che non si può dir più; e se ve ne fosse grandissima volontà, la farebbe passare. Credo che sia conosciuto benissimo da Villeroi, e lo tenga per servirsene a male, ad istanza del papa, di Roma e del re di Spagna. Si vedono chiari effetti.
Io non posso cavarmi di capo che il re di Francia e Savoia non facciano ad ingannarsi l’un l’altro. Mi par di vederlo troppo chiaramente; se mo l’effetto riuscirà altramente, io dirò: m’ingannava. In Savoia non appare se non pensiero d’avvantaggiare le cose sue in Ispagna, perchè in Francia poco può avere, se non parole. Nel re di Francia non v’è se non ambizione di parere arbitro del mondo, ma non vuol guerra.2
Ho ragionato questi giorni con un gran senatore vecchio, in materia degli ambasciadori della Repubblica, il quale di lei m’ha detto questi particolari: che sono anni trenta da che egli va in Pregadi; che sempre ha veduto gli ambasciadori essere necessitati, per non poter eglino penetrare ogni cosa, a ritrattare le cose scritte bene spesso; e che a lei in due anni mai è occorso ritrattar niente, e però bisogna che la diligenza sua sia infinita: e m’ha più volte replicato ch’è cosa non avvenuta mai ad alcuno. Mi disse anco, che le sue lettere mai sono state tediose; ch’ella scrive chiaramente e senza affettazione. Io sentii di questo gran contento; ma fu ben contrappesato. Dell’ambasciadore Barbarigo disse che non valeva niente affatto: cosa di che ebbi gran dolore. Mi duole che V.E. avrà una gran spesa per il transito del Contarini,3 oltre le molte quotidiane per i gentiluomini che sono costì, e per quelli che per lo passato ha avuti. Però, siamo al fine. Veggo ch’ella non ha altra mira che l’onore. Iddio nel rimanente l’aiuterà.
- Di Venezia, 16 ottobre 1609.
- ↑ Tra le pubblicate dal Bianchi-Giovini ec., pag. 195. Sembra mancante del principio, come accennano i puntolini che noi ricopiamo dalla prima edizione.
- ↑ Chi può leggere questa Lettera e non ammirare il coraggio civile e la penetrazione politica del Sarpi, non è nato per sollevarsi da terra, nè per iscrutare il segreto dei cuori e delle cose umane.
- ↑ Il quale andava ambasciatore straordinario in Inghilterra. Vedi la precedente Lettera, pag. 319.