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CXXVII. — Al signor De l’Isle Groslot.1
Io ho formato un poco di cifra, come V.S. mi ha mostrato desiderare nella sua delli 3 febbraro, avendo cercato di accomodarmi a vocaboli comuni anco alla lingua francese, acciò V.S. non abbia da annoiarsi per scriver italiano; e sebbene la cifra è sterile di vocaboli, potremo nondimeno andarli accrescendo alla giornata coll’alfabeto. Ma mentre il signor Foscarini starà in Francia, le lettere veniranno sempre sicure. La difficoltà insuperabile è quando egli sarà partito; perchè non averà un successore simile a sè, e quando le lettere fossero fuori del plico pubblico, mi sarebbono senza dubbio intercette: tanti vi sono che attendono a questo, per compiacere a chi poco mi ama.2
Ho considerato molto bene la descrizione che V.S. mi fa dello stato delle cose così in Germania come in Savoia, e lo trovo un ritratto così vivo e vero, che mi pare di vedere l’interno d’ogni disegno. Certo è che ogni guerra causerà mutazione particolare, eccetto che se fosse in Italia, dove le alterazioni sarebbono universali; e quei che hanno ragione di temerle, le temono e stanno grandemente afflitti. Doveremo pregar Dio, che faccia quello che è per sua gloria.
Quanto alle cose dei Gesuiti da Costantinopoli, che V.S. mi ricerca, la verità sta così. Hanno fatto ogni opera possibile, con eccessivi favori dell’ambasciatore di Francia, per poter abitare in quella città, nè mai l’hanno potuto ottenere; anzi dal Bassà hanno avuto comandamento di partire: ma non essendo però partiti, ma trattenuti in qualche casa già un mese, il Bassa mandò in diversi luoghi dove erano soliti di praticare, per prenderli; e fra gli altri luoghi, mandò in casa dell’ambasciatore francese; il quale, come quello che sapeva dove erano, li pigliò con esso seco, e andò in persona con loro al Bassà. Il Bassà restò soddisfatto dell’azione dell’ambasciatore, e in grazia sua si contentò perdonar alli Padri; e all’ambasciatore disse che si risolvesse, che non li voleva nell’imperio del signore, e che li mandasse via, acciò non li trovasse un giorno impalati. Quest’ultimo accidente è successo già un mese. Se altra novità sia successa dopo, io non lo so; ma se è lecito pronosticare, io credo che se non saranno partiti, un giorno averemo nuova della loro impalazione.
Io ringrazio V.S. delli incomodi che prende per participarmi li suoi discorsi e avvisi; e prego Dio che mi dia poter per servirla in cosa che li sia grata, e a lei doni ogni felicità presente e perpetua.
Mi resta dirle (chè quasi me lo scordavo), che oggi ho ricevuto l’Apocalipsis e pregato quel gentiluomo a scrivere qualche cosa al fratello; il quale m’ha detto che lo farà immediatamente che abbia resoluzione di certa cosa. Io qui farò fine baciandole la mano.
- Di Venezia, li 2 marzo 1610.
- ↑ Stampata nella raccolta di Ginevra, pag. 227.
- ↑ Ecco altrettante rivelazioni, non solo per la vita (poco sin qui conosciuta) del Sarpi, ma per le condizioni de’ tempi, in Venezia ed altrove.