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CXLV. — Al nominato Rossi.1
Non è occorso mai successo nella mia età, del quale più lungamente si parlasse e più universalmente, quanto della morte del re. La quale, ben considerata, a lui non è stata importuna, che ha finito i suoi giorni pieni di gloria e di contento, lasciando di sè infinito desiderio a tutti i buoni; ma ben importuna al regno ed agli amici, i quali sopra la vita di lui fondavano grandi speranze. Siccome il caso di tanta morte è stato inaspettato, così non si poteva credere tanta unione quanta si è veduta nei grandi, nella nobiltà e nel popolo: e a stabilire il regno conquassato da tanto caso, Dio faccia che tanta unione sia perpetua; perchè è da temere quando il papa ed i Romani semineranno il Diacatholicon, del quale è noto il bene. Certa cosa è che non potrà compatirsi col bene di Francia. Quelli sono perduti se le ragioni stanno in concordia; Francia è perduta senza questo. Non è in necessità di guardarsi da altri più che da loro; eppure sono nelle viscere, e di loro può dire Francia: Lupum auribus teneo. Se piacerà a Dio di donar tanta grazia alla Repubblica di saper ben disporre questo particolare, tutto passerà bene; ma è da temere la superstizione femminile.2 Non si è trattato, com’io indovinava. Ma che si farà di Condé in effetto della pratica di Spagna? Già il principe di Condé partì per le poste verso Fiandra; ha avuto denari pel viaggio, e forse per altro.3 Non ha giudicato Spagna volerlo trattenere come da poco, ma l’hanno avventurato come colpo perduto.
Io stimo molto che ’l maresciallo di Buglione debba aver parte nel Consiglio, essendo fama qui di lui, che sia certo molto ben fatto, ed anco sopra l’eccellente; ma de’ Ghisardi non spero troppo bene.4 Mi sarebbe troppo grato sapere perchè si sia fatta mutazione nella pedagogia del re, e che male gli si sia trovato intus; e similmente riceverò favore di essere avvisato se alcuna cosa si tratterà de’ Gesuiti.
Non ho ancora veduto il gentiluomo che V.S. mi raccomanda. Quando verrà in questa città, io non mancherò di rendergli quella servitù che debbo a tutti gli amici di V.S. Del signor Casaubono già ho inteso qualche cosa mentre viveva il re: voglio sperare, cessata la paura, non vi sarà alcun pericolo dell’effetto; e s’egli non vorrà fare di quelle cose dove invano si pensa stare dove si trova, non cercherà maggior lume che nel sole.
Quanto alle cose del mondo, sebbene la guerra di Cleves mostri dover terminare presto, nondimeno in Germania restano altre materie di dissensione. La causa di Donavert ora entra in campagna:5 si tratta anco di suscitare le pretensioni di uno di Brandebourg sopra Argentina. Tra l’imperatore e il re Matthias le cose mirano a rottura manifesta, dimandando l’imperatore gli Stati di Moravia e d’Austria, ed essendo risoluto l’altro di non renderli, così per non restare senza Stato, come ancora per non essere in libertà di far quello che vuole. Ma qui in Italia stiamo molto titubanti; perchè, siccome quando viveva il re e s’aspettava di giorno in giorno transito di soldati francesi in Italia, il conte di Fuentes se ne stava senza fare alcuna provvisione; così, per lo contrario, adesso quando non v’è l’occasione d’armarsi per difesa, egli lo fa sollecitamente, e fa accelerare la levata degli Svizzeri, sollecita il passo de’ Tedeschi dal Tirolo, e batte tamburo in Italia. Alcuni de’ capi de’ soldati levati in Tirolo, passando per i luoghi de’ Grigioni, sono stati da loro imprigionati, e potrebb’essere ciò causa di qualche rumore.
In quelle parti di Costantinopoli non v’è cosa di momento. Andrà il bassà con potente esercito contra i Persiani, non per altro che per avvantaggiarsi nel trattato della pace.
Nel finire di questa lettera, vorrei intendere il parere di V.S. sopra la fratería di Francia. Che i suoi re debbano morire sotto pretesto di religione e per mano di frati, e debba essere governata da una donna da Fiorenza? Vorrei sapere se il naturale della regina è superstizione, e s’è inclinata a metter affezione e dipendere da persone particolari.6 La curiosità è per consolarmi con le speranze, ovvero prepararmi a sopportare più facilmente e a raffrenare la mente.
- Di Venezia, 22 giugno 1610.
- ↑ Fra le edite in Capolago ec., pag. 219.
- ↑ Cioè della regina reggente; e tanto più che quest’era italiana e del sangue dei Medici. I successi mostrarono quanto fosse fondato quel timore.
- ↑ Gli Spagnuoli, dice qui il Bianchi-Giovini, “gli fecero grata accoglienza, sperando col suo mezzo di versare la discordia nella famiglia reale.„ Egli, diffatti, dopo la morte di Enrico, pretese che la corona di Francia fosse a lui devoluta; ma non trovò seguaci abbastanza che si facessero sostegno della sua ambizione.
- ↑ Vedasi la Lettera dei 12 ottobre di quest’anno medesimo.
- ↑ Donawert, città della Baviera presso il Danubio, pel cui possesso allora questionavasi tra i principi germanici.
- ↑ Tutti sanno che Maria de’ Medici ebbe per favoriti il maresciallo d’Ancre (Concini) e la sua moglie, Eleonora Doni Galigai.