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CLVIII. — Al signor De l’Isle Groslot.1
Io resto pieno di maraviglia, che V.S. innanzi il giorno de’ 29 settembre, quando è scritta la sua, ricevuta da me ultimamente, non abbia avuto le mie del 1 e del 2 dello stesso mese: però resto ancora in speranza che li capiteranno. Per lo passato risposi alla seguente di V.S., scritta a dì 15, la quale veramente fa un singolar ritratto di Francia, li cui affari mostrano esser inviati per cammino non troppo buono, anzi assai pericoloso. Ci vedo due gran balze; una è l’ambizione della regina, l’altra la troppo celere esaltazione di Conchino: e anco una gran fossa, l’arte de’ Gesuiti. Sarà grazia di Dio estraordinaria, se tante difficoltà saranno superate. Ma per quello che V.S. mi scrive delli padri Gesuiti, tenga per fermo che il Padre farebbe tutto quello che sapesse essere in loro servizio. Egli ha osservato qualche belle parti del loro governo, le quali sono tutte esplicate nella lettera. Egli mi dice, non saper qual cosa di più si potesse scrivere costì; ma rendessi certa V.S., che se gli sarà dimandato cosa che abbia o sappi, non resterà di comunicar tutto intieramente. E io accerto V.S., che lo farà non solo con prontezza, ma anco con gran suo piacere.
Bisogna ben tener per certo, che le cose seguiranno secondo la piega che prenderanno in questi tempi. Già abbiamo saputo qui l’intiero e chiaro di quello ch’è passato a Giuliers. La virtù del conte Maurizio ha fatti vani molti disegni non solo di Spagna ma di Francia; ed è ben chiaro, considerate le qualità del capitano. Adesso l’inverno farà fermar le armi. Ma Dio voglia che la primavera resti simile in Italia: siamo quasi certi di non dover aver guerra, se bene le medesime armi già scritte sono tuttavia in essere. Ma bene gli speculativi temono che si siano trattenute sinora per mandarne qualche parte in Germania a nuovo tempo; quantunque vi siano anco di quelli che lo attribuiscono a qualche difetto del presente governo spagnuolo, affermando che quelle poche cose le quali passano bene, succedono in virtù del governo di Filippo II: cosa che se da V.S. sarà riguardata con qualche attenzione, forse sarà trovata vera; per il che, non debbe tanto temere del duca di Feria.
Ma io non ho potuto intendere il passo della sua lettera, che sia stata fatta lega tra Francia e la gran Brettagna, offensiva e defensiva; essendo questi termini relativi, e riferendosi defensiva a sè e offensiva ad altrui, senza nominar il quale, non si può manco usar il termine.
Li fratelli d’Austria hanno composte le loro differenze con sole parole; avendo offerto Matthias di domandar perdono all’imperatore, e dato commissione a Massimiliano fratello, e agli altri arciduchi, di farlo; e avendo l’imperatore ricevuto questo per soddisfazione, senza avere permesso che si eseguisca. Hanno ancora li arciduchi stracciata la scrittura che fecero, già due anni, contro la sua maestà, in sua presenza. Questa unione potrà forse fortificar la lega di Magonza, e massime aiutata dal duca di Sassonia; nè si vede che resistenza possa avere, attesa la debolezza che sarà nella lega di Hala, causata per la morte dell’elettore Palatino, la quale non solo ha levato il principale appoggio, ma seminata ancora qualche discordia in quella casa per la tutela del figlio. Io però tante volte ho osservato, esser tornate in bene le cose stimate disperate, e in male quelle che mostravano apparenza d’ogni buon successo, che voglio aspettar l’evento e non pronosticare alcuna cosa.
Io vivo assai contento, non perchè vegga le cose andar come desidererei, ma perchè, per la suddetta causa, lascio scorrere le cose con solo desiderio che tutto sia a gloria di Dio. Il quale anco prego che doni a V.S. ogni contento d’animo e ogni vero bene; e per fine di questa, le bacio la mano.
- Di Venezia, il 26 ottobre 1610.
- ↑ Pubblicata, come sopra, pag. 300.