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CLXXIII. — Al signor De l’Isle Groslot.1
La presente sarà per risposta di quella di V.S. de’ 13 aprile, la quale ho ricevuto per l’ordinaria via di Barbarigo. Sono più giorni che io ho sentito con dispiacere la caduta di Castrino; del viaggio del quale per queste parti io non ho inteso niente: ma potrebbe esser vero per qualche disegno che avesse d’ottener alcuna cosa da un fratello che ha in Ferrara;2 il che se è, mi dispiacerebbe, essendo io certo che non otterrà cosa alcuna, per esser quel tale mancipio de’ Gesuiti. Io non vorrei già che entrasse in pensiero d’andar personalmente in quel luogo, riputando la cosa di gran pericolo. Se sarà veduto qui, io non mancherò di servirlo dovunque potrò; se bene questo luogo è più da far cader persone, che da raddrizzar caduti.
Da monsieur Assellineau ho ricevuto la censura della Sorbona scritta a mano, la quale mostra bene qualche debolezza negli autori; ma pur questo principio di disparere, scaldandosi, potrà anco invigorir gli spiriti deboli. Ho inteso quello che ritarda la replica dell’Anti-Cottone, desideratissima qui, e che in qualunque tempo verrà opportuna.
Quanto al capo di che V.S. mi scrive, già promosso in Spagna, quanto s’aspetta al fatto, le dirò che in anno 1585, per questa causa fu chiamato a Roma un frate Gomeranda Iacobin,3 che moveva la contenzione in Spagna; e pensavano prima di castigarlo, ma meglio consigliati, pensarono di farlo tacere con premi e onori, e perciò fu fatto maestro del Sacro Palazzo. Con questo il Padre ha conversato strettamente in quel tempo, perchè si ritrovava esso ancora in Roma. Era uomo di buone lettere in quel genere, ma del rimanente gran papista. Quanto alla dottrina, bisognerà stabilir bene che cosa, secondo la fede della Chiesa romana, sia essenziale ad un ordine regolare, e poi mostrar che sia tutto altramente nei Gesuiti. Questo punto non lo maneggerà bene se non persona ben versata nella teologia scolastica. Ma ogni tale che vi applichi ben l’animo, e abbia quella bolla di Gregorio XIII, anno 1584, VIII Kal. Junii,4 metterà in campo un travaglio di che non si sbrigheranno con facilità. Questa non mi parrebbe cosa da far correre per l’Italia, per esser direttamente opposta al Concilio di Trento e al papa; ma in Sorbona potrebbe far qualche grande effetto. E in questo non si ha da guardar alla verità in sè stessa, ma a quanto è creduto da’ papisti; chè non si cerca una medicina in sè stessa solutiva, ma che salvi il corpo che vogliamo medicare.
L’editto del re di Spagna contro la Monarchia di Sicilia scritta da Baronio, conclude più di quello che pare; perchè avendo scritto quel particolare con tanta passione, non può aver scritto il resto con temerità; e se bene pare una condanna di cinquanta fogli, è però una censura di tutta l’opera di dodici tomi, e della persona e dei costumi dell’autore. La causa della dilazione a far tale editto sei anni dopo, per mio parere, è stata la vita del re di Francia, non volendo essi dar occasione al papa di ricorrere a quel re, come si vede adesso; che se avesse luogo dove ricorrere, si getterebbe in ogni soccorso; nè ha il re pretesto di muoversi per religione. Io son certificato per molte buone relazioni, che gli Spagnuoli pensano diligentemente a quel disegno romano di farsi monarchi di tutto il mondo sotto pretesto di religione, e stanno attenti ad ogni andamento.
Rendo grazie a V.S. che abbia mandato la copia a monsieur l’Eschassier, il quale io stimo quanto la sua virtù merita, e ho ricevuto da lui molte buone instruzioni; nè vi è persona con chi tenessi più volentieri corrispondenza, che con lui e con monsieur Gillot; e mi dispiace la partita del signor Foscarini per esser privato per tal causa della corrispondenza di quei due gentiluomini. Ho studiato molto per ritrovar strada di riattaccarla, vedendo ch’io perdo assai; ma non la so inventare. Prego ben V.S., se gli verrà occasione di scrivere ad alcuna persona da bene in quella parte, mi faccia la grazia di far presentare loro un baciamano per mio nome.
Ma tornando a Baronio, la corte romana ha fatto querimonia in Spagna dell’editto, e ha ricevuto risposta molto grave e dura. Nella congregazione dell’Inquisizione tuttavia vi pensano, ma credo che sarà difficile ritrovar quello che vorrebbono.
Io reputo certamente, che la Francia avrà bisogno del governo di Sully,5 il quale sarà conosciuto in assenza più che in presenza. Rendo grazie a V.S. dell’avviso che mi dà in questo particolare, il quale mi è grato. Io tengo per cosa certa, che non sarà niente di male per Ginevra.6
Ma se il duca di Savoia sia pazzo o savio, non glielo posso dire: si vedono indizii di questo e di quello. Io concludo che la sapienza e la pazzia siano attaccate per le code, e che non si possa venir all’estremo d’uno senza dar nel principio dell’altro. Ma forse che il tutto è opera di Dio, che vuol insieme fare il bene, e mostrar la difficoltà che vi è di farlo per mezzi umani.
Sono stato attonito e quasi senza poter credere, ch’Espernon ricerchi i Riformati: dico bene che gran fatto sarebbe crederlo. Ho sentito con dispiacere la ritirata del primo presidente di Harlay, la quale non dirò esser tanto quanto la morte del re; ma, per mio concetto, tra tutti gl’infortuni occorsi dopo quella, questo è il maggiore.7 Non posso sperar bene di Verdun, essendo stato favorito dal papa e dai Gesuiti; i quali sanno bene quello che fanno, e conoscono l’interno degli uomini. Affermo a V.S. per cosa vera, che a persona che si doleva dei moti e confusioni di Germania, egli rispose con allegrezza, che le cose di là sarebbono terminate in bene, e che per certo la guerra sarebbe in Francia. Io non posso dire a V.S. se vi fosse discorso più particolare, perchè la persona con che il papa ebbe tal ragionamento, ha scritto questo, e non più oltre. Tengo bene, che se V.S. ricercherà, troverà esser vero che il Nunzio ha offerto alla regina aiuto del papa e di Spagna, volendo far guerra agli Ugonotti.
Del francese preso in Roma in abito di gesuita, non si sa quello che sia successo dopo che fu posto in prigione. Mi dispiace grandemente la ritirata di monsieur di Thou, ma scorgo insieme qualche gran mal futuro al gregge, che resterà senza guardia. Potrebbe essere che esso Thou avesse ancora le memorie di che V.S. mi parla, per via d’Inghilterra; ma non voglio prometter niente, acciò non m’avvenga d’ingannarmi, come per il passato. Ma se elle sono in quel luogo, se piacerà a Dio, trapasseranno anco costà.
Aspetto con molto desiderio qualche frutto dell’assemblea dei Riformati: e con questo farò fine. Le dirò ancora, se bene gli ho dato troppo lungo tedio, intorno la cifra che le mandai per la precedente, che quando vi fosse qualche speciale parola la quale potesse dare cognizione di che negozio si parla, quella si potrà mettere in cifra della nostra presente; come, in occasione di qualche particolare, quando il nome di papa, ovvero Gesuiti, o Villeroy, o altrettale, fosse per scoprire alcuna cosa: e se il nome non fosse nella cifra, e restasse pericolo di scoprimento, si potrà mettere un nuovo carattere... Le rendo mille saluti per parte di padre M. Fulgenzio, e altrettanti per nome del signor Molino; il quale non desidera altro che servirla, sebbene non tanto quanto io però, con molto affetto. Qui faccio fine, e le bacio riverentemente la mano.
- Di Venezia, 10 maggio 1611.
- ↑ Edita, come sopra, pag. 348.
- ↑ Ecco un indizio assai valutabile che il Castrino, di cui si parla sì spesso, fosse italiano e pregiudicato in fatto di credenze religiose; onde potesse essergli di pericolo il recarsi in città sottoposta alla Chiesa, come Ferrara. È perciò ancora da cancellarsi parte della nota da noi posta a pag. 23.
- ↑ Sembra detto scherzevolmente alla francese, scrivendo a’ Francesi, per Domenicano
- ↑ Questa bolla comincia colle parole: Ascendente domino et Salvatore nostro in naviculam; consta di 30 §§, e contiene una terza approvazione dell’istituto gesuitico, con lo scioglimento di alcuni dubbi e la conferma dei privilegi goduti da quell’Ordine.
- ↑ Si vedano la nota 1 a pag. 183.
- ↑ Di ciò torna a parlarsi anche nella Lettera seguente. E vedi la nostra nota a pag. 198.
- ↑ Vedasi la pag. 112 e la nota a ciò relativa.