< Lettere (Sarpi) < Vol. II
Questo testo è completo.
CLXXIV. — Al medesimo
Vol. II - 173 Vol. II - 175

CLXXIV. — Al signor De l’Isle Groslot.1


La via per dove passano al presente le nostre lettere, farà la nostra comunicazione più frequente. Oggi ho ricevuto quella di V.S. dei 27 aprile per uno spaccio straordinario, alla quale rispondo il medesimo giorno, sperando che questa possa capitar costì per qualche corriero straordinario parimente.

Si vede per diverse occorrenze, che gli Spagnuoli pensano a conservare la giurisdizione temporale più che per lo passato: in che se continueranno, crederò esser volontà divina di metter fine agli abusi. M’ha apportato molta maraviglia l’incontro occorso all’ambasciatore di Savoia in Inghilterra, ma è necessario che lui o il padrone ne abbiano data la causa.

Veggo che V.S. ancora sta in dubbio di guerra contro Ginevra o contro Bernesi; di che io non temo punto, e son sicuro che finalmente le armi di Savoia si risolveranno in nulla.2

Il decreto della Sorbona capitò in mano al Padre con le lettere per l’ordinario; intorno al quale non posso fare altro giudizio, se non come V.S., che quel collegio ha mostrato la sua debolezza, e meglio era che col silenzio conservasse la esistimazione.

Io ho veduto il libro scritto dal confessore della granduchessa madre di Toscana, il quale è una risposta all’Apologia del re d’Inghilterra. È latina e stampata in Fribourg di Brisgovia. Mi pare assai insipido, e mostra che l’autore abbia poca cognizione; nè credo meriti esser censurato, ma piuttosto sprezzato, come impertinente. Io non istimo cosa cattiva, che adesso questi adulatori predichino tanto alto l’autorità temporale del papa, essendo una via di far succedere quello che avviene alle scimmie quando montano molto alto.

Le cose di Germania sono grandissime, e molto insolite; ma perchè succedono con tanta facilità, non portano nessuna maraviglia. Mi viene scritto da quelle parti, che i principi confessionisti trattano intelligenza tra loro di Germania, con disegno di rinunziare le intelligenze forestiere: pernicioso consiglio, perchè succederà delle altre, non della spagnuola. Dio gli doni giudizio.

Il Consiglio di Spagna ha bandito, con confiscazione, il decano di Sarragoza per aver promulgato un interdetto, e sequestrato 40 mila ducati della Camera romana, che si trovano in Spagna per spese corse in questa occorrenza. In Roma sono afflitti per queste cose; ogni dì consultano, ma non sanno trovar rimedio. Hanno fatto instanza all’ambasciator francese per la total rivocazione dell’arresto contro Bellarmino; il quale ambasciatore ha risposto negativamente, dicendo che il Parlamento è il fondamento del regno. Spero che questo principe avrà presto una controversia con Roma, che sarà di peso.

È necessario temere la congregazione dei Gesuiti: sarà un consiglio de’ volpi, e impenetrabile a tutti.

Al signor Molino rincresce di non poter servir V.S. come sarebbe il suo desiderio, perchè l’ama e osserva affezionatissimamente. A me rincresce di esserle servitore inutile, e che quantunque studi d’incontrar occasione per renderle qualche segno della mia affezione e servizio, sono così da poco che non ne ritrovi alcuna; il che mi farebbe arrossire, quando non fossi sicuro ch’Ella riceve anco l’animo solo.

Non ho potuto ancora vedere oggi il signor Assellineau per rendergli la allegata, ma la riceverà innanzi che sia notte. Le bacio riverentemente la mano, insieme con il signor Molino e Padre Fulgenzio.

Di Venezia, li 14 maggio. 1611.



  1. Edita come sopra, pag. 356.
  2. Si rivedano, intorno a ciò, le precedenti Lettere, a pag. 198 e 203.


Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.