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CXCIX. — A Giacomo Leschassier
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CXCIX. — A Giacomo Leschassier.1


Siccome la sua sollecitudine per me proviene da squisitissima cortesia, così l’ho pure in conto di vero benefizio. E acciocchè V.S. conosca affatto le mie condizioni, desidero ch’Ella sappia, esser tali i costumi del nostro paese, che coloro che si trovano nel grado dov’io ora mi trovo, non possono perder la grazia di chi governa senza perdere ancora la vita. Da tal sorte nessuno potrebbe andar esente; ed io sempre opero come si conviene a buono e fedel suddito, e del rimanente lascio la cura a Dio. Ma frattanto mi maraviglio com’abbia potuto spargersi la falsa voce di cui mi parla,2 e che si vogliano coloro i quali divulgano queste e simili fiabe.

Morì ieri Giovanni Marsilio, prete napoletano, il quale scrisse alcune cose contro l’Interdetto pontificio. I tre medici che per dieci giorni curarono l’ammalato, affermano costantemente ch’egli sia morto di veleno: sin qui nient’altro se ne sa.

Soffro di una leggera debolezza nella mano, come può avvedersi per la forma del carattere; e perciò le ho scritto di pugno altrui, e per la ragione stessa sarò forse costretto di fare il medesimo qualche altra volta: ma credo che sia per essere con sua minore molestia, per la forma un poco meno brutta del presente carattere. Stia sana.

18 febbraio 1612.



  1. Edita in latino, tra le Opere ec., pag. 99. Manca della data, ma per esservi ripetute le parole stesse della precedente: “Morì ieri Giovanni Marsilio„ (pag. 282), abbiamo con sicurezza potuto riferirla a quel giorno medesimo.
  2. Cioè, che il Sarpi fosse decaduto dalla grazia del principe (governo della repubblica) per le lettere scritte al Castrino, e mandate prima a Roma, poi, come dicevasi, rimandate a Venezia.


Note

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