< Lettere al padre < 1629
Questo testo è completo.
Lettera 36
1629 - 35 1629 - 37

A Bellosguardo

22 marzo 1628 [1629]

Amatissimo Signor Padre.

Restammo veramente tutte satisfatte della sposa, per esser molto affabile e graziosa; ma sopr’ogni altra cosa ne dà contento il conoscer ch’ella porti amore a V. S., poiché supponghiamo che sia per farle quegli ossequi che noi le faremmo se ci fossi permesso. Non lasceremo già di far ancor noi la parte nostra inverno di lei, cioè di tenerla continuamente raccomandata al Signor Iddio, ché troppo siamo obbligate, non solo come figlie, ma come orfane abbandonate che saremmo, se V. S. vi mancassi.

Oh se almeno io fossi abile ad esprimerle il mio concetto! Sarei sicura ch’Ella non dubiterebbe ch’io non l’amassi tanto teneramente quanto mai altra figlia abbia amato il Padre: ma non so significarglielo con altre parole, se non con dire ch’io l’amo più di me stessa: poiché, dopo Dio, l’esser lo riconosco da lei, accompagnato da tanti altri benefizi che sono innumerabili, sì che mi conosco anco obligata e prontissima, quando bisognassi, ad espor la mia vita a qualsivoglia travaglio per lei, eccettuatone l’offesa di sua Divina Maestà.

Di grazia V. S. mi perdoni se la tengo a tedio troppo lungamente, poiché talvolta l’affetto mi trasporta. Non m’ero già messa a scriver con questo pensiero, ma sì bene per dirle che se potessi rimandar l’oriuolo sabato sera, la sagrestana che ci chiama a mattutino l’avrebbe caro; ma se non si può mediante la brevità del tempo che V. S. l’ha tenuto, sia per non detto: ché meglio sarà l’indugiar qualche poco e riaverlo aggiustato, caso che n’abbia bisogno.

Vorrei anco saper s’Ella si contentassi di far un baratto con noi, cioè ripigliarsi un chitarrone ch’Ella ci donò parecchi anni sono e donarci un Breviario a tutte due; poiché quelli che avemmo quando ci facemmo monache sono tutti stracciati, essendo questi gli instrumenti che adoperiamo ogni giorno; ove che quello se ne sta sempre alla polvere e va a risico d’andar male, essendo costretta, per non far scortesia, a mandarlo in presto fuor di casa qualche volta.

Se V. S. si contenta, me ne darà avviso acciò possa mandarlo: e quanto ai Breviari non ci curiamo che siano dorati, ma basterebbe che vi fossino tutti i Santi di nuovo aggiunti, e avessino buona stampa, perché ci serviranno nella vecchiaia, se ci arriveremo.

Volevo fargli della conserva di fiori di ramerino, ma aspetto che V. S. ci rimandi qualcuno dei miei vasi di vetro, perché non ho dove metterla; e così se avessi per casa qualche barattolo o ampolla vota che gli dia impaccio, a me sarebbe grata per la bottega.

E qui, per fine, la saluto di cuore insieme con Suor Arcangela e tutte di camera. Nostro Signore la conservi in sua grazia.

figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.