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A Roma
San Matteo, 20 aprile 1633
Molto Illustre e Amatissimo Signor Padre.
Dal signor Geri mi viene avvisato in qual termine Ella si ritrova per causa del suo negozio, cioè ritenuto nelle stanze del Sant’Uffizio; il che per una parte mi dà molto disgusto, persuadendomi ch’Ella si ritrovi con poca quiete dell’animo, e fors’anco non con tutte le comodità del corpo: dall’altra banda, considerando io la necessità del venire a questi particolari, per la sua spedizione, la benignità con la quale fino a qui si è costà proceduto con la persona sua, e sopra a tutto la giustizia della causa e la sua innocenza in questo particolare, mi consolo e piglio speranza di felice e prospero successo, con l’aiuto di Dio benedetto, al quale il mio cuore non cessa mai d’esclamare, e raccomandarla con tutto quell’affetto e confidenza possibile.
Resta solo ch’Ella stia di buon animo, procurando di non pregiudicare alla sanità con il soverchiamente affliggersi, rivolgendo il pensiero e la speranza sua in Dio, il quale, come padre amorevolissimo, non mai abbandona chi in Lui confida e a Lui ricorre. Carissimo signor Padre, ho voluto scriverli adesso, acciò Ella sappia ch’io sono a parte de’ suoi travagli, il che a Lei dovrebbe essere di qualche alleggerimento: non ne ho già dato indizio ad alcun’altra, volendo che queste cose di poco gusto siano tutte mie, e quelle di contento e sodisfazione siano comuni a tutti. Che però tutti stiamo aspettando il suo ritorno con desiderio di goder la sua conversazione con allegrezza.
E chi sa che mentre adesso sto scrivendo, V. S. non si ritrovi fuori d’ogni frangente e d’ogni pensiero? Piaccia pure al Signore, il quale sia quello che la consoli e con il quale la lascio.
figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.