< Lettere al padre < 1633
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Lettera 87
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A Roma

[maggio 1633]

Amatissimo Signor Padre.

Non ebbi tempo stamattina di poter rispondere alla sua proposta, che fu ch’Ella aveva intenzione di voler sollevar e far servizio solamente a noi due e non a tutto il convento, come per avventura V. S. si persuade che sarà in effetto, mentre m’accomoderà de’ danari per l’offizio di Suor Arcangela. Conosco veramente che V. S. non è informata interamente delle nostre usanze o, per meglio dire, ordini, poco discreti; perché, essendo ciascuna di noi obbligata a spender in questo e in tutti gli altri offizi, conviene a quella, cui di mano in mano si perviene secondo il grado, trovar quella somma di danari che fa di bisogno, e se non gli ha, suo danno; onde molte volte avviene che per strade indirette e oblique (questo l’ho imparato da V. S.) si procurano simili servizi e si fanno molti imbrogli: ed è impossibile il far altrimenti, convenendo a una povera monaca nell’offizio di proveditora spender cento scudi. Per Suor Arcangela sino a qui ne ho provisti vicino a 40, parte avuti in presto da Suor Luisa, e parte della nostra entrata, della quale ci resta a riscuotere 16 scudi decorsi per tutto Maggio.

Suor Oretta ne ha spesi 50: adesso siamo in grande strettezza e non so più dove voltarmi, e già che Nostro Signore La conserva in vita per nostro sollevamento, io prevalendomi e facendo capitale di questa grazia, prego V. S. che per l’amor di Dio mi liberi dal pensiero che mi molesta, con prestarmi quella quantità di danari che può fino all’anno prossimo futuro, che allora s’andrà riscotendo da quelli che devono pagare le spese, e se gli darà sodisfazione, con che per fretta gli dico a Dio.

sua figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

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