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Lettera 95
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A Roma

San Matteo, 25 giugno 1633

Amatissimo Signor Padre.

Ringraziato sia Dio che pur sento che V. S. comincia trattar di mettersi in viaggio per il suo ritorno, il quale io ho grandemente desiderato, non solo per rivederla, quanto anco perché con la totale spedizione del suo negozio, dovrà Ella restar con l’animo quieto e tranquillo. Il che sono molti mesi che non ha potuto provare. Ma si potranno benedire tutti i travagli sofferti, se saranno terminati con tanto buon esito, quanto ella m’accenna di sperare.

Ho caro che V. S. se ne vadia a Siena, sì perché ella non venga in questi sospetti di contagio, il quale s’intende però che questa settimana è assai alleggerito, sì anco perché sentendo che quell’arcivescovo l’invita con tanta instanza e gentilezza, mi prometto che quivi avrà molto gusto e sodisfazione. La prego bene a venirsene a suo bell’agio, e pigliarsi tutte quelle comodità che gli saranno possibili, poiché è stata necessitata a viaggiare in due estremi di freddo, e anco a darmi nuove di sé ogni volta che li sarà possibile, siccome ha fatto in tutto il tempo ch’è stata assente, del che devo ringraziarla, essendo stato questo il maggior contento ch’io potessi ricevere. Volevo con questa mandarle una lettera per la signora Ambasciatrice (alla quale per amor di V. S. mi conosco tanto obbligata) ma perché sto in dubbio se, all’arrivo di questa, V. S. sarà già partita, mi risolvo a indugiar a quest’altra settimana, o per dir meglio, a quando V. S. m’avviserà ch’io deva farlo. Del servizio del vecchino ne tratteremo a voce, se a Dio piacerà, il quale prego che la guardi e conservi in questo viaggio; e la saluto caramente con l’altre solite.

sua figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.

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