< Lettere di Winckelmann
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A r t i c o l o   III.


La premura, che ho di rispondere incessantemente alla compitissima vostra lettera, non mi permette di consultare libri intorno al dubbio, che mi andate proponendo sull’umbilico de’ volumi d’Ercolano; giacchè la libreria dell’emo Archinto fornita in altri generi di libri, scarseggia poi d’autori antichi. Ma mi pare, che l’autorità delle pitture, che rappresentano volumi antichi, passi sopra ad ogni altra notizia, troppo remota, de’ tempi nostri. Non voglio insistere con pertinacia a provare la mia opinione intorno all’umbilico duplice, il quale sia stato formato dalle due canne, su cui si rivoltava il principio, e il fine del volume, non ostante qualche evidenza, che quella ha dalle pitture antiche1. Ma voi fatemi la grazia d’illuminarmi, da dove mai abbiate cavato la notizia, che i volumi si chiudessero con bottoni. Io mi figuro que’ bottoni delle legature antiche d’Italia; se pur non è un’altra l’idea, che voi vi siete formata di tai bottoni. In diverse pitture con volumi antichi il pittore ha accennato minutamente ogni cosa, e ad uno si vede persino pendente fuori, ed in giù la schedola coll’argomento in iscritto PAX. XX., o in altra guisa, come parmi avervi altra volta indicato2; ma però non vi si scorge nè legacce, nè bottoni. Alla sottigliezza del papiro poteva pregiudicare lo stringerlo, e il volume rotolato restava senza svoltarsi per mezzo delle sue fibre, e della sua sottigliezza medesima. E siccome non credo, che mi sia sfuggita alcuna cosa, per quanto gli occhi gelosi permettevano d’arrivare, così credo potervi assicurare di non aver io osservato il minimo vestigio, o traccia d’una impressione concava, che da un preteso cordone avea da esserci rimasta, mentre vi si vedono le pliche prodotte dall’essersi i volumi schiacciati, le quali s’infilzano, e si combaciano fra di loro in que’ volumi, che erano messi l’uno sopra l’altro. Che nome poi si darà a que’ bastoncelli? Non mi ricordo d’averlo trovato3. Per ora non posso inoltrarmi nell’erudizione: mi attengo solo a quello, che ho veduto. Del resto sono prontissimo a comunicare tutte le notizie, che mi è riuscito di rintracciare, desiderosissimo che voi vi compiaceste di farne qualche uso. Delle correzioni, cassature, e sbagli, che si trovano frequentissimamente, per quanto ho inteso a dire, nell’opera della retorica, vi do oggi un saggio in due righe, ed eccolo:

Le correzioni sono in carattere piccolo interlineare4. Merita osservazione il circello puntato sopra la quarta lettera della seconda linea, e i punti sopra ΚΑΙ, e particolarmente la virgola trasversale sopra ΟΥΚΟΥΝ, la quale è piuttosto un segno di modulazione, per così dire, che un accento. Simili virgole si trovano nella base dell’obelisco del sole eretto da Augusto, che sta colco per terra a Campo Marzo. Bandini ne ha parlato nella sua opera5; ma poteva dirne di più, se avesse letto i Grammatici veteres di Elía Putschio. Quelle note critiche non compariscono nelle iscrizioni posteriori al secolo d’Augusto6. Questa mattina medesima ne ho trovato in una lapida grande, e per quanto io sappia, non mai pubblicata. Contiene il testamento d’una madre7, e sta nella cantina del marchese Rondanini:


MVRDIAE L. F. MATRIS


sed propriis viribvs adlevent qvo firmiora probabilioraqve sint
omnes filios aeqve fecit heredes partitione filiae data’ amor
maternvs caritate libervm aeqvalitate partivm constat
viro certam pecvniam legavit &c.

Non l’ho copiata intiera, ma se v’importa d’averla sarete servito. L’iscrizione risente d’una grande antichità dall’ortografia, che ho osservata in alcune voci, che seguono, ARDVO’M, e QVOM. La virgola sta al solito sopra gli ablativi, ma si trova ancora in LAVDARE’TVR. FEMINA’RVM. FECISSE’. A’MISSVM. MERVI’T. VARIETATE’S. Il marchese rimasto erede poco fa della casa sua, è portato per il buon gusto, ed ha fatto trasportare una quantità di statue, busti, e quadri, raccolti da duecento anni in quà, da una sua villa poco distante da Roma. Fra le altre cose di gran pregio vi è il torso d’un Satiro in atto di ballare, di grandezza piucchè naturale, d’una maestria inarrivabile; e può stare a fronte al Laocoonte, ed è superiore al Fauno, che è nella galleria del Gran Duca di Toscana, a giudicarne sul gesso. Egli tiene quella roba nascosta per paura delle voglie del mio Mecenate card. Alessandro Albani; ma a me, come amico, l’ha fatta vedere; ed io anderò a rilevarne il merito nella parte teoretica della Storia dell’Arte8. Questa è una digressione οὐ πρὸς Διόνυσον, quale la libertà dello stile epistolare deve permettere. Il carattere dunque de’ papiri d’Ercolano è della stessa forma, e grandezza di quello della Bibbia greca famosa de’ LXX. alla biblioteca Vaticana. Ma vi sono de’ pezzi con un carattere grande come quello del Pindaro d’Oxford, cioè de’ volumi tagliati in mezzo; giacché per evitare lo stento troppo lungo per iscoprire agli occhi di tutto il mondo l’intimo recesso di sì rari avanzi, si è ricorso a quello ripiego di tagliare alcuni volumi per mezzo: barbaro arbitrio di privata autorità. L’abate Martorelli, professore di lingua greca al Seminario, si è fatto lecito di spacciare contro l’evidenza, che i papiri sciolti sinora, e tutti gli altri non sono altro, che contratti, e diplomi9, e che gli antichi non usavano se non che libri quadrati10. Con questo sproposito, e con mille altri, è uscito fuori in un libro sopra un calamajo antico del museo di Portici, che è in 4. grande di 800. e più pagine, ec. 11.

  1. Nell’articolo precedente ha detto meglio, che l’umbilico duplice siano le due teste della canna, o bastoncello, alle quali si attaccava una specie di bottone, che poteva somigliare a un umbilico, come dirò qui appresso. Mi pare che parli di queste canne, o bastoncelli, o almeno. di una colli suoi bottoni, oltre rari autori, che adduce Winkelmann nella citata lettera al conte di Brühl, Sidonio lib. 8. epist. lib.: Peracta promissio est; nam peritia tua si coactorum in membratas inspiciat signa titulorum, jam copiosum te, ni fallor, pulsat exemplar; jam venitur ad margines umbilicorum, jam tempus est, ut satyricus ait, Orestem nostrum vel super terga finiri. Martorelli non lo ha veduto per ciò che diremo nella nota seguente.
  2. Vedi qui avanti pag. 191.
  3. Questo bastoncello si chiama κοντάκιον contacium, ed era per lo più di legno, come osserva Du Cange Glossar. ad script. mediæ, & inf. græcit. a questa voce. Alle due teste vi si mettevano da molti due ornati di sono a modo di bottoncino, che perciò si dicevano cornua, secondo che provano coll’autorità principalmente degli antichi poeti, Ermanno Ugone De prima scrib. orig. c. 34. pag. 594-., e ivi Trotz, e umbilici, come dissi nella nota qui avanti; chechè sofistichi in contrario Martorelli De reg. theca calam. Tom. I. parerg. cap. 2. pag. 243. seg. per sostenere, che cornua librorum sono gli angoli dei libri quadrati, non dei volumi.
  4. Si hanno così anche nella iscrizione del citato vaso di Mitridate.
  5. Dell’Obel. di Ces. Aug. c. 10. pag. 55.
  6. Dagli esempj, che porta Bandini Lett. p. 59., si prova il contrario; e potrebbero citarsi ben molte altre iscrizioni, che hanno quegli accenti, e sono sicuramente di più bassi tempi. Nella citata lettera al conte di Brühl, che è posteriore a questa, pag. 82. dell’edizione tedesca, e pag. 128. dell’ultima traduzione francese, Winkelmann si è ristretto a dire, che si trovavano le iscrizioni con simili accenti da Augusto sino a Nerone, e cita il Fabretti Inscr. cap. 3. pag. 167-173., il quale li fa principiare dal tempo di Augusto, arguendolo dai Cenotafj Pisani, ove si vedono.
  7. O piuttosto un panegirico, che le fa una figlia; come lo fa un marito alla moglie in una bella, e lunga iscrizione ora esistente nella villa Albani, e che può leggersi riportata nella Indicazione antiquaria di essa villa, par. 3. n. 67. pag. 114.
  8. Di questo Satiro non ve ne parla. Qui ne loda il torso, che è antico.
  9. loc. cit. cap. 3. pag. 277., e in addit. pag. XXX.
  10. loc. cit. cap. 3. pag. 277. dice, che non nega si usassero volumi; ma solo che tutti i libri anche composti di molti fogli fossero rotolati a modo di volume.
  11. Poichè la citata iscrizione interessa in ispecie la giurisprudenza, e per quanto io sappia, è inedita, io la riporterò in fine di questo articolo, come l’ho fedelmente copiata dall’originale lapida, che ora sta sul terrazzo del palazzo dello stesso signor marchese Rondanini. Nell’ultima linea manca una parola, o due, delle quali appena si vedono le sommità delle lettere, che non ho potute capire. Il resto appresso manca affatto. I caratteri sono buoni.

    MVRDIAE. L. F. MATRIS

    SED PROPRIIS. VIRIBVS. ADLEVENT. CAETERA. QVO’. FIRMIORA
    PROBABILIORAQVE. SINT
    OMNES. FILIOS. ATQVE. FECIT. HEREDE’S. PARTITIONI. FILIAE. DATA. AMOR
    MATERNVS. CARITATE. LIBERVM. AEQVALITATE. PARTIVM. CONSTAT
    VIRO . CERTAM. PECVNIAM. LEGAVIT. VT. IV’S. DOTIS. HCNORE. IVDICI. AVGERETVR.
    MIHI. REVOCATA. MEMORIA. PATRIS. EAQVE. IN CONSILIVM. ET. FIDE. SVA. AD
    HIBITA’. AESTVMATIONE. FACTA’. CERTA’S. RES. TESTAMENTO. PRAELEGAVIT
    NEQVE. EA. MENTE. QVO. ME. FRATRIBVS. MEIS. QVOM. FORVM (SIC). ALIQVA’
    CONTVMELIA’. PRAEFERRET’. SED. MEMOR. LIBERALITATIS. PATRIS. MEI
    REDDENDA. MIHI. STATVIT’. QVAE. IVDICIO. VIRI. SVI. EX. PATRIMONIO
    MEO. CEPISSET’. VT. EA. V’SSV. SVO. CVSTODITA. PROPRIETATI. MEAE. RESTI TVERENTVR
    CONSTITIT. ERGO. IN. HO’C. SIBI. IPSA. VT. A’. PARENTIBVS. DIGNIS. VIRIS. DATA.
    MATRIMONIA. OBSEQVIO’. PROBITATE. RETINERET. NVPTA. MERITEIS. ORA
    TIOR. FIERET’. EIDE. CARIOR. HABERETVR’. IVDICIO. ORNATIOR. RELINQVERE
    TVR’. POST. DECESSVM. CONSENSV’. CIVIVM. LAVDARETVR’. QVOM. DISCRJPTIO
    PARTIVM. HABEAT. GRATVM. FIDVMQVE. ANIMVM. IN VIROS’. AEQVALITA
    TEM. IN LIBEROS’. IVSTITIAM. IN VERITA’TE
    QVIBVS. DE. CAVSEIS. Q. QVOM. OMNIVM. EONARYM. FE’MINA’RVM. SIMPLEX. SIMI
    LISQVE. ESSE. LAVDATIO. SOLEAT. QVOD. NATVRALIA. BONA. PROPRIA. CVSTO
    DIA. SERVATA. VARIETATE’S. VERBORVM. NON. DESIDERANT’. SATISQ’VE. SIT
    EADEM. OMNES. BONA’. FAMA’. DIGNA. FECISSE’. ET. QVIA. ADQVIRERE
    NOVAS. LAVDES. MVLIERI. SIT. ARDVOM’. QVOM. MINORIBVS. VARIET A

    tibvs. vita. iactetvr’. necessario. commvnia. esse. colenda’. ne qvod
    amissvm. ex. ivstIs. praecepteis. cetera. tvrpet
    eo’. maiorem.. lavdem. omnivm. carissima. mihi. ma’ter. mervit’. qvod
    modestia. probitate. pvdicitia. obseqvio’. lanificio. diligentia. fide’
    pa’r. similisqve. cetireis. probeis. feminIs. fvit’. neqve. v’lli. cessit’. vir
    tvtis. laboris’. sapientiae. . . . . . praecipvam. av’t. certe

    A questa iscrizione ne aggiugnerò qui un’altra, che ho copiata nello stesso luogo, ove si nomina un cartaro, ossia un fabbricator di papiri; poichè charta si diceva propriamente la carta fatta di papiro, come si ha Plinio lib. 13. cap. 12. sect. 23. segg., Ulpiano l. Librorum. 52. §. Chartis 6. ff. De leg. 1., s. Girolamo Epist. 7. ad Chromatium, Jovinum, & Eusebium, n. 2. oper. Tom. I. col. 18. C., Cassiodoro Variar. lib. 11. epist. 38., e da tanti altri scrittori; e si lavorava anche in Roma, come dissi alla pag. 188., e si può ricavare eziandio da! luogo citato d’Ulpiano. Il Muratori Tom. IV. pag. 1954. n. 1. porta un’altra iscrizione, in cui si parla di un cartaro:

    LOCVS
    VALERIANI
    CHARTARI


    e cartaro egli intende che sia lo stesso, che il cartolario, ossia lo scrittor degl’istrumenti, o carte appartenenti all’imperatore: nel che è seguito dal Lami De eruditione Apostol. Tom. I. cap. 5. §. 1. num. 44. pag. 245., ove ripete l’iscrizione perchè la crede anch’egli cristiana: ma nè di questa, nè di quella asserzione danno veruna prova.

    CLAVDIA. TI. F. HERMIONE
    FECIT. SIBI. ET
    TI CLAVDIO. HERMETI. PATRI
    CHARTARIO. ET
    CLAVDIAE. TERTVLLAE. MATRI
    LIBERTIS. LIBERTABVSQVE
    SVIS. POSTERISQYE. EORVM
    SVB CVRA. MODESTI. ET
    EPAGATHI. LIBERTORVM

Note

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