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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LI DEBITI
Nun zò1 mmorto: sò2 stato un anno e mmezzo
Carcerato pe’ vvia d’un creditore
Che ddoppo avemme limentato3 un pezzo
M’ha abbandonato con mi’ gran dolore.
Io a sta vita sce sò4 ttanto avvezzo,
C’oggni vorta che in grazzia der Ziggnore
Faccio un debbito novo e ariccapezzo
De tornà ddrento, me s’allarga er core.
Che vviggna! maggnà e bbeve5 alegramente
A ttutta cortesia de chi tt’avanza:
Dormì6 la notte, e ’r giorno nun fà7 ggnente:
Stà8 in tanti amichi a rride9 in d’una stanza,
O a la ferrata10 a cojjonàla ggente...
Ah! er debbituccio è una gran bella usanza!
17 giugno 1834
- ↑ Sono.
- ↑ Sono.
- ↑ Avermi alimentato. Si allude agli alimenti che un creditore è tenuto a somministrare al suo prigioniero.
- ↑ Ci sono.
- ↑ Bere.
- ↑ Dormire.
- ↑ Fare.
- ↑ Stare.
- ↑ Ridere.
- ↑ Inferriata.
Note
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