Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Oggni uscellaccio trova er zu' nido Li gatti dell'appiggionante
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837

LI DILETTANTI DEL LOTTO.

1.

     Ma cc’asstrazzione!1 arrabbieli! saette!
Guasi sce ggiurerìa2 che sto scontento3
O le mi’ palle nu’ le mette drento,
O cche le sa scanzà ssi cce le mette.

     Giuco da un anno due, tre e ottantasette,
Co la promessa amb’uno e terno scento:4
Ciaffògo5 sempre er mi’ lustrin6 d’argento;
E cquanno sémo llì nnun vinco un ette.

     Quattro nummeri drent’a la ventina!
Eppoi nun dite so’ ccose accordate!
Dar capo viè la tiggna,7 Caterina.

     Ecchele cqua: ccinquantadu’ ggiucate
Senza un nummero. Eppuro la cartina
Cor terno scritto me la diede er frate!8

25Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte febbraio 1837


Note

  1. Che estrazione!
  2. Ci giurerei.
  3. [Sgarbato, malcreato.]
  4. La promessa è la indicazione, che si fa sulla schedola della giuocata, della cifra della vincita corrispondente al valor della posta. Ambo uno promette uno scudo: terno cento promette cento scudi: ma v’è poi l’augumento del venti per cento agli ambi e dell’ottanta ai terni.
  5. Ci affogo.
  6. Mezzo paolo. [Cioè, poco più di venticinque centesimi.]
  7. Proverbio.
  8. I frati, massimamente i francescani mendicanti, hanno grande riputazione di maghi.


2.

     Ch’hai ggiucato? — Ottantuno pe’ ssiconno.1
Bbono: me piasce. Io sce ll’ho ddrent’a un terno
E a ’n ambo; e pprima che ffinischi inverno,
Nun c’è ccaso, ha da usscì, ccascassi er monno.2

     La figura de nove,3 sor Rimonno,
Ha da fà st’anno sospirà er Governo.
Vedi ch’er ventisette lo chiudérno4
Pe’ Ffiorenza, e ppe’ Rroma l’arivònno?5

     Te sbajji,6 Checco7 mio: quello è er zimpatico
De l’antr’anno: pe cquesto è er discidotto.
De ste regole cqui ssei poco pratico. —

     Bbe’, è ffigura de nove quello puro.8
E in tutta la seguenza, o ssopra o ssotto,
Pe’ ssei mesi sc’è er nummero sicuro.

25 febbraio 1837


Note

  1. Per secondo estratto.
  2. Cascasse il mondo.
  3. [Cioè: “i numeri esattamente divisibili per nove.„ E così figura di uno, di due ecc. Locuzioni cabalistiche da aggiungere ai vocabolari.]
  4. Lo chiusero. Quando le poste raccolte sopra un numero, o un ambo, o un terno qualunque, ecc., superano una certa mèta prestabilita, il di più vien restituito ai giuocatori, annullandone i giuochi: e allora dicesi esser chiuso il numero, ecc.
  5. Lo rivogliono.
  6. Ti sbagli, per “sbagli.„
  7. Francesco.
  8. Pure.


3.

     Come diavolo mai me so’1 accecato
A nun capì la gàbbola der mago!
Ma ssenti: l’incontrai sabbito2 ar lago;3
Disce: “È da jjeri che nun ho mmaggnato.„

     Lo porto all’osteria: lui maggna: io pago:
L’oste sparecchia; e ddoppo sparecchiato,
Er mago pijja un cane llì accucciato4
E jje lega la coda co uno spago.

     Io fo un ambo: tre er cane, e ccoda ar nove.
Ebbè, azzécchesce5 un po’? ppe’ pprim’astratto6
Viè ffora com’un razzo er trentanove.

     Ma eh? ppoteva dàmmelo ppiù cchiaro?
Nun l’averìa7 capito puro8 un gatto?
L’avevo da legà, pporco-somaro!

26 febbraio 1837


Note

  1. Mi sono.
  2. Sabato.
  3. In ogni sabato e domenica di agosto si allaga artificialmente la Piazza Navona.
  4. Cucciato. [No. In questo caso, anche in Toscana si direbbe accucciato. V. l'ultima nota del sonetto: L'età ecc., 14 mar. 34.]
  5. Azzeccaci: indovinaci.
  6. Estratto.
  7. L’avrebbe.
  8. Pure.
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