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La galerra Er fienarolo
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

LI FIJJI IMPERTINENTI

     Checco, la vòi finì? Fferma, Sceleste;1
Toto, mo vviengo llà: zzitta, Nunziata.
E cche ddiavolo mai! forcine, creste!
Nenaccia,2 dico a tté, ffuria incarnata!

     Jeso! e cch’edè, Mmadonna addolorata!
Se discorre che ggià ttiengo du’ teste!
Ma ddate tempo c’aritorni tata,
E vv’accommido er corpo pe’ le feste.

     Io dico ch’è una cosa, ch’è una cosa,
Che cce vorìa la fremma de li Santi:
Nun z’ariposa mai, nun z’ariposa!

     Li sentite bbussà l’appiggionanti?3
Volete fà svejjà la sora Rosa,
Che Ccristo v’ariccojji a ttutti cuanti?!


Roma,4 dicembre 1832

  1. Celeste.
  2. Nena, accorciativo di Maddalena.
  3. Ne’ casi di soverchio romore sogliono gli abitanti inferiori percuotere il soffitto con un bastone.

Note

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