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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LI SCIARVELLI DE LI SIGGNORI1
Disce er padrone mio che cce sò2 ingresi
C’oggni tantino attaccheno la posta,
E a le du’ a le tré3 vviengheno apposta
Da quer cùlibbus-munni4 de paesi,
Nun antro5 che ppe’ vvede6 in certi mesi
La Cascata der Màrmoro,7 discosta
Sei mîa8 da Terni, indove sc’è anniscosta9
’na grotta10 che11 cce vò li lumi accesi.
Guarda mó ss’io volesse12 tiené ppronte
Oggnisempre le gubbie ar carrozzino
Pe’ un po’ d’acquaccia che vviè ggiù dda un monte!
O ssai che cce vorìa?13 Che l’Avellino14
(chè cquesto è er nome che jje dà er zor Conte)
In cammio15 d’acqua scaricassi16 vino.
9 marzo 1834
- ↑ I cervelli.
- ↑ Ci sono.
- ↑ Di tempo in tempo: ogni due o tre volte una.
- ↑ Una persona dimorante assai lungi dicesi stare in Culibus mundi.
- ↑ Non per altro.
- ↑ Per vedere.
- ↑ Delle Marmore. Notisi qui che marmoro è detto da alcuni per “marmo.„ Per esempio: Una bella statua tutta de marmoro.
- ↑ Sei miglia.
- ↑ Ci è nascosta.
- ↑ Grotta di stalattite.
- ↑ Per cui, o in cui.
- ↑ Volessi.
- ↑ Ci vorrebbe.
- ↑ Il fiume Velino, che forma la cateratta sul punto di confluenza con la Nera.
- ↑ In cambio.
- ↑ Scaricasse.
Note
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