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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LI STRANUTI
Io nun posso capì dda che ne naschi
Che ssentenno la ggente li stranuti1
Abbino da infirzà ttanti saluti,
E ggnente pe’ la tosse e ppe’ li raschi.
“Pròsite,2 bon pro, evviva, Iddio v’ajjuti,
Doppie, filiscità, ppieni li fiaschi,
E ttìtera,3 e ssalute, e ffijji maschi„,
Ché ar risponne4 sarìa5 mejjo èsse muti.
Quer negozziante de grescìli e ccreste6
Disce che ttanti bbelli comprimenti
Sò vvenuti pe’ ccausa d’una peste.
La peste ha da fà ll’ommini aducati!
Sarìa7 come li Santi Sagramenti
Inzeggnassero ar monno a ffà ppeccati.
16 gennaio 1835
- ↑ Starnuti.
- ↑ Prosit.
- ↑ Et iterum.
- ↑ Al rispondere.
- ↑ Sarebbe.
- ↑ Ventrigli e creste di pollo per guazzetti.
- ↑ Sarebbe.
Note
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