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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
LI TROPPI ARIGUARDI
Ma cche ppassione avete, sor’Ularia,1
De tené ssempre sta finestra chiusa?
Nu la sentite cqui cche ariaccia uttusa?2
Eh vvia, uprite, rinovate l’aria.
S’intenne:3 un corp’umano che nun usa
D’avé l’aspirazzione nescessaria,
L’antimosfera je se4 fa ccontraria,
E ssi5 ppoi s’accerota nun ha scusa.
Ecco da che ne nassce, sciorcinata,
Che vv’è vvienuta l’istruzion de fedico:6
Dall’aria che vve sete nimicata.
Aria e ssole sce7 vonno: io ve lo predico,
Perchè vve vedo stà ttroppa attufata.8
Dov’entra er zole, fìa,9 nun entra er medico.
25 novembre 1835
- ↑ Signora Eulalia.
- ↑ Ottusa.
- ↑ S’intende.
- ↑ Gli si.
- ↑ Se.
- ↑ L’ostruzione di fegato.
- ↑ Ci.
- ↑ Chiusa.
- ↑ Contrazione di figlia.
Note
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