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L'incrinnazzione L'ammalata
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

LIBBERTÀ, EGUAJJANZA.

 
     Perchè tte scanzi? Nun zo’ mmica un porco
Che tte vienghi a intrujjà l’accimature.1
Ih cche sspaventi! e ccos’hai visto? l’orco2
4Che viè a mmette in ner zacco le crature?

     Cuanno che tte s’accosta Pèppe er zórco,3
A llui nun je le fai ste svojjature!
Ma un giorno o ll’antro co’ ste tu’ pavure,
8Mignottaccia mia bbella, io te sce córco.4
              
     Cuesto, Dio sant’e ggiusto, è cche mme cosce,
Ch’io sto a stecchetta e cquello affonna er dente:
11Ch’uno ha dd’avé la vosce, uno la nosce.5
              
     Da un c.... all’antro nun ce curre ggnente;
E ’r Zignor Gesucristo è mmorto in crosce
14Pe’ ttutti quanti l’ommini uguarmente.

Roma, 22 novembre 1832.

  1. A infecciare [a sporcare] le gale.
  2. Larva che prende origine dall’Orcus de’ latini, col traslato da luogo a soggetto pauroso.
  3. Sorco (la s in z dopo la consonante).
  4. Colco. [Cioè: “ti ci bastono tanto, da colcarti, distenderti, in terra.]
  5. Modo proverbiale: “Uno ha la rinomanza, uno la realtà.}}

Note

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