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VOLERE È POTERE[1]
Un tal Stucchi Tommaso
Del päesel di Arona
Avea letto per caso
4Un libro del Lessona,
Dove, con molti esempi
Dei vecchi e nuovi tempi,
Chiaro si fa vedere
8Che volere è potere.
— «Volere!.... è presto fatto....
Se tanto il voler giova,
Converrebbe esser matto
12Per non tentar la prova....
Io non domando onori,
Non titoli o favori,
Di gloria io non mi picco,
16Ma.... voglio farmi ricco.
Or più non mi imbarazza
La scelta del mestiere,
Apro uno studio in piazza,
20Mi intitolo banchiere;
Se ad iniziar la banca
Il capital mi manca,
Poichè basta volerlo,
24Sò come posso averlo.
Ciò detto, il buon Tommaso
Si recò da un notaro,
Franco gli espose il caso,
28Gli domandò il denaro;
Ma quei, con faccia bieca;
«Che mi da in ipoteca?
— Nulla — Nulla!.... ho capito
32Non posso!.... affar finito.»
— Non può?.... Lei mi canzona!
Tal scusa più non va:
Non ha letto il Lessona?
36Lo voglia e lo potrà»
L’altro lo guarda in viso
Con cinico sorriso,
E per uscir di imbroglio,
40Conclude: ebben, non voglio!
Ricorse l’indomani
Agli amici, ai parenti;
N’ebbe discorsi vani,
44Promesse, complimenti,
Consigli che mordevano,
Sorrisi che parevano
Dirgli: qui tutto avrete
48Fuor quello che volete.
E sorse un dubbio in lui:
«Che della vita al gioco
Anche il volere altrui
52Debba contare un poco?
Dalle prove che ho fatto
Parrebbe.... Eh! via!.... son matto!
Che colpa ci ha il Lessona
56S’io son nato ad Arona?
«Nei piccoli paësi
Piccole le risorse....
Qui gli uomini scortesi,
60Qui stitiche le borse;
E poi, nemo propheta
In patria — è storia vieta;
Per ritentar le prove
64Convien ch’io vada altrove.
Solo, a piedi, di notte,
Partì senza un quattrino,
E colle scarpe rotte
68Un giorno entrò in Torino
Sclamando: «qui ho voluto
Venire, ed ho potuto;
Volendolo, mi pare,
72Ora potrò mangiare.»
Infatti, appena scorta
L’insegna di un trattore,
Maso varcò la porta
76Con passo da signore;
Sedette, fu servito,
E sazio l’appetito,
Pensò: volevo un pranzo,
80L’ottenni, e n’ho d’avanzo.
Ma quando il cameriere
Venne a portargli il conto,
Gli parve che al volere
84Fosse il poter men pronto —
Il garzonetto attese
Alquanto, e poi gli chiese:
Vuol altro? — Ora, mio caro,
88Vorrei.... — Cosa? — Il denaro.
— Denaro! — Certamente....
Tu sai che le parole
Oggi non valgon niente,
92E per pagar ci vuole
Denaro; or, come averlo
Potrei senza volerlo?....
— Mi paghi, faccia presto!
96— Voglio il denar per questo!
Ed ecco, mentre dura
La strana discussione,
Due guardie di questura
100Si avanzan col padrone
— Sentiamo!.... cos’è stato?....
Tommaso in tuon pacato
Risponde: «del diverbio
104Fu origine un.... proverbio.»
«Tutto si può, volendo,
Lo dice il testo, ed io
Agli altri esempi intendo
108Unir l’esempio mio —
Venir volli a Torino
E feci a piè il cammino,
Qui volli entrar, entrai;
112Volli pranzar, pranzai.»
— Ed ora? — Or non avendo
Denaro.... è naturale....
Ch’io voglia.... — Intendo! intendo!
116Ci segua!.... Al Criminale
Verrà stanotte a cena;
La casa è tutta piena
Di gente che ha voluto
120E mai non ha potuto.
In carcere il tapino
Fu trattenuto un mese;
Quindi, lasciò Torino,
124Tornò nel suo paëse,
Dove il volere altrui
Fu tanto avverso a lui,
Che, stanco di soffrire,
128Gridò: voglio morire!
Ai gridi disperati
Fortuna non è sorda;
Tra ferri e cenci usati
132Trovò un chiodo e una corda:
Confisse a un muro il chiodo,
Fece alla corda un nodo,
Pose nel cappio il collo.
136E diè l’estremo crollo.
Così dal mondo è uscito
Il povero Tommaso;
E forse egli è partito
140Convinto e persuäso
Che quand’un, per disfarsi
Dai guai, vuole appiccarsi,
Non sempre, ma però
144Qualche volta lo può.