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II
1
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Nel scudo prima Radagasso ardito
aver distrutta Italia si vedea;
poi Stillicone in contra essergli uscito,
che condotto a mal termine l’avea.
Venia di Gallia un altro, che tradito
dal capitan d’Onorio si dolea,
che piglia e mette a sacco Italia e Roma,
e scritto v’è ch’Alarico si noma.
2
Evvi Ataulfo, che levar desia
Roma dal mondo e far nuova cittade,
che nome da li goti abbia Goda;
e che né piú cesarea maiestade,
né nome imperial né Augusto sia,
ma sia Ataulfo alla futura etade.
Ezio patrizio v’è, che par che chiami
gli unni e l’Italia in preda lor dar brami.
3
Vengono gli unni e lor Attila è inante;
la gente afflitta alle paludi fugge;
esso Aquilea con l’altre terre, quante
ne son fra l’Alpi e ’l Po, tutte distrugge;
per arder Roma ancor muove le piante,
ma in riva al Mencio un santo Leon rugge,
ed esso vede armato Paolo e Pietro,
che lo minaccia se non torna indietro.
4
Partonsi gli unni ed ecco Genserico,
che passa il mar co’ vandali ed assale,
di Dio, de’ santi e d’uomini nimico,
Roma infelice e le fa tutto il male.
Viene Odoacro e poi ven Teodorico,
Italia il giogo ricusar non vale,
ch’al collo l’han non pur gli uomini messo,
ma per piú scorno ancora il debil sesso.
5
Giustiniano vien, che par che mande
Belisario in Italia e nel passaggio
che pigli la Sicilia gli comande.
Evvi come eseguisce, e di vantaggio
Napoli prende e lo saccheggia e grande
uccisione appar per quel viaggio;
evvi com’entra in Roma e sí l’offende
che i bei palazzi e i ricchi templi incende.
6
Esce fuor Belisario; i goti danno
le spalle ed a Ravenna poi fan testa.
Belisario la prende; i goti vanno
a fil di spada e il re captivo resta.
Totila poi successe al reail scanno,
ch’arde e distrugge e sí l’Italia infesta,
che flagello di Dio vien detto, come
Attila prima; e ben conviengli il nome.
7
Benevent’arde e Napoli saccheggia;
fra un mare e l’altro ogni cittá si rende;
si volta a Roma e d’ogn’intorno asseggia,
e con la fame in tal modo l’offende
che ’l popul, che non sa come proveggia,
l’un l’altro mangia; all’ultimo la prende,
e presa mette, senza guardar luoco
sacro o profano, a sacco, a ferro, a fuoco.
8
Giustinian manda di nuovo il greco
essercito e ne fa Narsete guida;
che par che, tolti i longobardi seco,
duo re de’ goti l’un dopo l’altro uccida;
ma poi di sangue e d’ira fatto cieco,
chiama Albuino e di Pannonia il snida;
e quel, crudele e ingordo alla rapina,
veneti e insubri spoglia, arde e ruina.
9
Arde Pavia e Melan getta per terra;
par ch’egli ucciso poi sia da la moglie;
onde all’Italia ogniun corre a far guerra,
e ne riporta ogniun trionfi e spoglie.
Si vede poi da l’Alpe che la serra,
che molta gente al pian qui si raccoglie,
a preghi mossa di Maurizio Augusto,
che vuol cacciarne il longobardo ingiusto.
10
Ma le cose succedono diverse
dal suo sperar; ché inanzi al longobardo
le gente franche van rotte e disperse,
per fortuna e valor d’Eutar gagliardo;
del qual si veggon poi l’arme converse
verso Oriente e corso il suo stendardo
da’ piè de’ monti al mamertino lido,
e par che s’oda, ovunque vada, il grido.
11
Due volte da costui par Roma oppressa;
poi da Ghilulfo, quando Augusto irato
par che il faccia venir a’ danni d’essa,
di che n’arde Toscana in ogni lato.
Ecco con gente piú che l’api spessa
che ’l re bavaro è nel Friuli entrato,
poi che Romilda, in mezo ’l cor ferita
da l’empio amor, la patria gli ha tradita.
12
E quel crudel la strugge sí, ch’a pena
di quel ch’esser solea vestigio resta;
e i longobardi in tanto strazio mena
che poco più non ne restava testa.
Di sangue e fuoco è tutta Italia piena,
ch’or gente greca or barbara l’infesta;
morto si vede Teodoro al piano
con otto mila del nome romano.
13
Altrove par che Grimoaldo, uscito
di Benevento, i ricchi insubri assaglia;
che ’l seme d’Ariperto sia fuggito;
ch’a Ciodoveo di Francia sí ne caglia
che con lui mandi essercito infinito;
che perda poi con scorno la battaglia,
ch’al vino e a’ cibi la gente francesca
presa riman, come la lasca all’esca.
14
Costanzo passa il mar e ’n Puglia smonta;
arde Luceria e la contrada strugge;
vien Romoaldo a vendicar quest’onta;
non l’aspetta Costanzo e a Roma fugge;
resta Saburro e ’l longobarbo affronta,
ma tosto se ne pente e invan ne lugge,
che di ventidue mila ch’eran seco,
seicento non tornar al lito greco.
15
Onde Costanzo, che si disconforta
del dominio d’Italia, i luochi sacri
spoglia d’oro e d’argento; e se ne porta
degli antichi romani i simulacri.
Non pur ferita da costui, ma morta
Roma ne resta; né sí acerbi ed acri
in trecent’anni i barbari le fûro,
come in un mese il greco empio e periuro.
16
Per ornar la cittá di Costantino
porta gli onori e i trionfali segni,
che per memoria il popul di Quirino
lasciato avea de’ superati regni;
ma vento averso gli impedí il camino
e fe’ in Sicilia scaricar i legni,
e di lá poi, con molti altri tesori,
se gli portáro in Alessandria i mori.
17
Si vede Lupo di Friul, ch’aspira
al dominio d’Italia, e tutta prende
la Toscana e l’Emilia, e dove gira
l’Adige e ’l Menzo e lá dov’Adda scende;
onde ’l figliuol di Grimoaldo tira
il bavaro in Friul, che poi l’incende,
e Lupo uccide, e da quella tempesta
spianato il fòro di Pompilio resta.
18
Si vede quando Romoaldo e quando
di Lupo e quando d’Ariperto il figlio,
or Sisulfo, or Teodoro, or Liutprando,
Astiulfo, Desiderio e Rachisiglio,
quando cacciati e quando altri cacciando,
l’afflitta Italia por tutta in scompiglio;
e da quest’arme il Pastor santo oppresso,
a Francia per favor ricorrer spesso.
19
Però si vede poi Carlo Martello,
Carlo Mano, Pipino e ’l maggior Carlo,
quando reprimer questo e quando quello,
levar le forze e all’ultimo cacciarlo;
e tuttavia arrecar novo flagello
al bel paese e spesso in preda darlo;
né l’infelice, per mutar signore,
fa sua condizion però migliore.
20
Da l’Alpi scende Lodovico, irato
contra ’l nipote che la regge e frena;
e poi che gli ha l’essercito spezzato,
fra molte uccision preso lo mena;
nel cui fuoco Lotario incoronato,
di tanta gente ha la contrada piena,
che vien di Francia, ch’a pena vi cape;
per tutto uccide, arde, ruina e rape.
21
Poi prende il padre, benché preso molto
non lo ritenga; pur dá occasione
che ’l saracino stuol d’Africa sciolto
entra in Sicilia, e tutta a sacco pone
Civitavecchia; indi, all’Italia volto,
getta per terra uccise le persone;
assedia Roma, i borghi arde e ruina
per tutta l’Appia e per la via latina.
22
E di Pietro e di Paolo arde le chiese,
il monte Casinate e San Germano;
indi per Ostia assalta il Calavrese;
passa a Taranto e lo fa eguale al piano.
Lotario il figlio a rinovar l’offese
a tutta Italia manda capitano;
tornano i mori e va il Piceno a sacco
ed arsa è la cittá di San Criacco.
23
Voglion due Carli d’Alamagna un Carlo
cacciar d’Italia e da la vita insieme;
e lo fanno col tosco, perché farlo
non pon col ferro, in ch’esso lor piú preme.
Dio manda Berringario a vendicarlo,
che tòl l’imperio al tralignato seme
di Carlo Magno, benché sia punito
il successor, non quel c’ha piú fallito.
24
Di Carlo Magno è nel figliuol d’Arnulfo
il bel lignaggio e ’l grande imperio estinto.
Vien Patrizio di Grecia e da Landulfo
di Benevento è superato e vinto.
Cacciato è Berringario da Rodulfo;
poi quel da un altro è fuor d’Italia spinto,
qui del sangue tedesco, italo e franco
si vede rosso ov’era verde e bianco.
25
Que’ populi pareano aspirar tutti
all’alto imperio; e mentre fan contesa,
i mori, che giá in Puglia eran ridutti,
tutta Campagna aver rubata e accesa.
Par che Alberico alfin gli abbia distrutti;
il qual si sdegni poi sí con la Chiesa
che faccia venir gli ungheri crudeli,
peggiori assai di tutti gli infedeli.
26
E sí bene imparâr la via che spesso,
lor sempre dando il passo Berringaro,
ch’al padre Berringario era successo,
a tormentar Italia ritornâro;
Alberico pigliâr per questo eccesso
poi li romani e ’l capo gli tagliâro.
Viene il re di Borgogna e Italia strugge
e Berringario alli ungheri sen fugge.
27
E poi tornando con l’aiuto d’essi
Pavia saccheggia e mette a ferro e fuoco.
Viene in soccorso alli italiani oppressi
il duca d’Arli e ’l borgognon dá luoco.
Ecco i banditi, per esser rimessi,
lasciano in pace la sua Italia poco;
ché v’hanno il duca bavaro condotto,
che da quel d’Arli al primo affronto è rotto.
28
Il terzo Berringario entra in l’antico
imperio e noma re d’Italia il figlio;
con suo’ bavari in Austria fugge Enrico,
ch’a meza Italia avea dato di piglio.
Ardon Genova i mori e ’l lito aprico
di cristian sangue per tutto vermiglio
si vede; e altrove strage e uccisione,
tra’l figliuol d’Ugo d’Arli e ’l primo Ottone.
29
Tante volte ritorna Otton, che spigne
il duca d’Arli e Beringario caccia;
né la spada dal fianco si discigne,
prima ch’a Roma imperator si faccia.
Quel ch’era re d’Italia, cosí strigne
lo stato suo, che sol Ravenna abbraccia;
e, mentre quindi i viniziani infesta,
fa che Comacchio arso e distrutto resta.
30
Il populo roman spesso si vede
levar contra i pontefici tumulto;
altri di vita, altri cacciar di sede;
far a questo uno, a quello un altro insulto.
La Chiesa aiuto ora alla Francia chiede,
ora all’Italia, ora al tedesco inculto;
e sempre Roma e le cittá vicine
patir morti, arsion, sacchi e rapine.
31
Spesso si vedon greci e spesso mori,
e greci alcuna volta e mori uniti,
far tra lor, com’a gara, quai peggiori
vengano ch’essi alli saturni liti;
poi schiavoni e nuovi ungheri e poi fuori
altri tedeschi con Ottone usciti,
cacciano da Calabria e da’ confini
di tutta Italia i greci e i saracini.
32
Otton secondo la seconda volta
par che ritorni e Benevento spiani;
si vendichi de’ greci, che con molta
strage cacciâr d’Italia i suoi germani.
Si vede Ferrabraccio che si volta
contra Malocco e par seco alle mani,
e con sessantamila suoi normandi
i greci appresso a Melfi in rotta mandi.
33
Si vede presa Capua e Gari cinto
da l’assedio de’ mori; e poco lunge
l’alto Leone d’òr vedi dipinto,
che per salvarli aguzza i denti e l’unge.
Enrico v’è, ch’essendo Ottone estinto
piglia l’imperio; e v’è ch’a Capua giunge;
ne caccia i mori e Sbarigano leva
da Troia sua, ch’edificato avea.
34
Si vede in Lombardia Corrado sceso,
che saccheggia il paese e tutto incende;
si vede altrove, da Sisulfo offeso,
armarsi il papa e far drizzar le tende,
e perder la sua gente e restar preso.
V’è che Sisulfo il lascia e che li rende
le torri tolte e, fatto lega seco,
caccia d’Italia ogni presidio greco.
35
Tornano i greci e tornano i mori anco;
geme Calabria e Puglia piagne e stride.
Con essercito vien normando e franco
il buon Guiscardo e questo e quello uccide;
tutt’occupa e fa suo, fin dove il fianco
de l’Appenino il crudel mar divide;
caccia il nipote e purga questa offesa,
domando ogni crudel poi de la Chiesa.
36
Contra Alessandro vien Cadoli e pone
nel clero scisma e in tutta Italia guerra.
Nei campi si combatte di Nerone;
molti e di qua e di lá cadono in terra;
la cittá si saccheggia di Leone;
or l’uno or l’altro nel Castel si serra;
quando l’un quando l’altro fugge e torna,
ed alza e china or questo or quel le corna.
37
Enrico terzo, ch’in favore aspira
al falso papa, vince Azzo da Este,
saccheggia Roma; il ver pastor si tira
nel suo Castel con le mitrate teste.
Vien Roberto Guiscardo, acceso d’ira,
contra le parti alla sua parte infeste;
ed entra in Roma e l’arde e la saccheggia,
ed i romani in Campitolio asseggia.
38
La ròcca espugna e sí l’adegua al piano,
ch’altro non vi riman che ’l nudo sasso;
e d’ogn’intorno fino al Laterano
palazzi e chiese van tutti a fracasso.
Dar si vede Ruggier contra ’l germano
a ventimila saracini il passo,
e per la Puglia il generoso seme
del buon Roberto aver gran guerra insieme.
39
Si vede Enrico quarto in umil atto
baciare al santo padre i piè beati,
e quindi allora allora averlo tratto
prigion con vescovi e i maggior prelati;
né prima che non abbian tanto fatto
quanto esso lor dicea, mai gli ha lasciati;
poi cinger fassi, lor mal grado, in Roma,
de la corona imperial la chioma.
40
Con nuova gente ritornar si vede
ed aver Roma un’altra volta presa;
cacciato il vero papa de la sede,
porvi il falso e far scisma ne la Chiesa.
V’è come, poi che vien Guglielmo, cede
lasciando la cittá spogliata e accesa.
Par che Ruggier Puglia e Calabria prenda,
né Guglielmo vi sia che la difenda.
41
Dal figliuol di costui menar prigione
si vede il padre santo e i cardinali,
che poi lo lascia e fa che li perdone
non questo pur, ma tutti li altri mali.
Viene il falso Anacleto e a sacco pone
le sante chiese e tutti gli ospitali;
e di Sicilia quinci e quindi dona
a Ruggier terzo il scettro e la corona.
42
Vien d’Alamagna il re Lotario e rende,
cacciato ’l falso, al ver pastore il seggio;
il titol de l’imperio a Roma prende,
spiíntone quei ch’avean difeso il peggio.
Il figliuol di Ruggier, Guglielmo, scende
da Palermo e Messina e piglia Reggio,
Calabria, Puglia, Capua, né s’astiene
da quell’ancor ch’al papa s’appartiene.
43
Con l’aiuto de’ greci il santo padre
ciò che perduto avea, tutto racquista.
Move Guglielmo le sicane squadre,
caccia le greche e fa la Puglia trista.
Vien Federico, ch’alla santa madre
Chiesa ed al clero par nemico in vista;
ché ’l dí che la corona in Roma tolle,
l’empie di sangue ed arde il santo colle.
44
Move con l’arme e con lo scisma guerra
al pontefice sommo e spoglia Ancona;
distrugge Asti e Melan gitta per terra,
torna due volte a saccheggiar Tortona;
Susa ruina, indi Alessandria serra
di lungo assedio e fa tremar Cremona.
Enrico, il figlio di costui, poi vedi
mosso da Celestin contra Tancredi.
45
Vedi Costanza che la sacra benda
par che col regno di Sicilia mute;
e che ’l figliuol pupillo si difenda
contra Otton quinto, e ’l gran pastor l’aiute.
Vi puoi veder ancor che premio renda
poi Federico a chi fu sua salute;
e ch’oltra il regno dell’avol Ruggiero
gli dia la corona anco de l’impero.
46
Manda da un lato ad occupar Fuligno,
da l’altro a saccheggiar tutto il Piceno;
dá in pegno il Marso, l’Ernico e ’l Peligno
a’ mori suoi, de’ quali ha ’l campo pieno;
da la cittá che pria Cesar maligno
sentí alla patria, usurpa fino al Reno.
Né castel lascia, né in Italia luoco
dove sedizion non metta e fuoco.
47
Vedi in Toscana, vedi in ogni terra
la discordia civil per tutto accesa.
Move improviso a’ melanesi guerra,
gli uccide e spoglia, che non han difesa;
si vede, instando lui, che Salinguerra
Ferrara ha ribellata da la Chiesa;
dove l’assedia e donde il caccia fuore
Azzo da Este, che n’è poi signore.
48
Spoglia Monte Cassino e dá di piglio,
e mette taglia a’ monachi, alli abbati;
i cardinali, ch’ivano a conciglio,
piglia e i vescovi e gli altri gran prelati;
assedia Roma e a poco piú d’un miglio
lontano a’ parmigian, ch’avea assediati,
funda Vittoria; ove improviso è colto
da quel da Este e rotto e in fuga volto.
49
Con Benevento v’è Sora distrutta,
le sacristie e le chiese a sacco vanno;
par, col favor di lui, che presa tutta
la Traspadana abbia Eccelin tiranno,
che fa di sangue uman la terra brutta
dovunque passa, e quei di Padoa il sanno.
Poi v’è chi uccide l’uno, Azzo gagliardo;
dá morte all’altro il suo figliuol bastardo.
50
Manfredi uccide il padre e uccide insieme
il suo fratel Corrado, ambi di tosco;
spoglia Napoli e Aquino; afflige e preme
con gente saracina il Bruzio e l’Osco;
spesso la Chiesa per lui piagne e geme,
l’Arbia è rossa per lui di sangue tósco;
per lui sembra ch’a ferro e fuoco vada
d’insubri e di piceni ogni contrada.
51
Par che i franceschi accorrano in aita
a guelfi afflitti ed al pastore Urbano
e che la parte di Gibel smarrita
in riva a Mella empia di sangue il piano;
e lasci al vincitor la via spedita
d’andar ove di lá dal Garigliano
cacci gli saracini, ai quai Lucera
ad abitar co’ liti lor dat’era.
52
Per vendicar poi tanti e sí gran falli
priva il pastor Manfredi e fa che viene
Carlo di Francia e la corona dalli
di quanto alla Cicilia s’appartiene.
Poi d’uomini, di navi e di cavalli
tu vedi i mari e le contrade piene;
vedi la pugna e i gibellini vedi
rotti e dispersi e preso il re Manfredi.
53
Lá guelfi ripigliar vedi il domino,
ch’a Monte Aperto avean prima perduto.
Vien di Corrado il figlio Corradino,
li dove è vinto dal consiglio astuto
del vecchio Alardo, e ’l campo gibellino
e l’aleman ch’era con lui venuto;
e resta il giovanetto a Tagliacozzo
prigion di Carlo e poi col capo mozzo.
54
Si vede altrove che Bologna ha guerra
col Vinizian, ch’usurpa i mari e i porti;
si vede altrove che d’intorno serra
i forlivesi e fa lor mille torti,
e che quel popul salta da la terra
ed ottomila bolognesi ha morti;
altrove par che quel medesmo uccida
ottocento guerrier, ch’un Guido guida.
55
Ancora rompe al vinizian la fronte,
che ’l campo intorno gli è venuto a porre;
si vede altrove che Luchin Visconte
cacciato ha di Melan quel da la Torre;
e di Lucca e Fiorenza il piano e ’l monte
con ferro e fuoco e con rapina scorre;
altrove par ch’abbi Perugia fatto
spianar le mura intorno al Fulignatto.
56
Pier d’Aragona, intanto, ha i legni sciolti,
e ch’in Africa ir vuol sparge le grida;
e va aspettando che Sicilia volti
l’arme contra franceschi e che gli occida;
di qua si veggon poi tutti esser còlti,
e par ch’al ciel tu senta andar le strida,
e qua e lá per la cittá divisi
gli vegghi a un suon di vespro tutti uccisi.
57
E mentre Carlo vendicar vuol l’onta
e per Provenza uomini e navi accozza,
con gli nimici il figlio in mar s’affronta,
e ne va vinto e preso a Saragozza.
L’armata vedi poi di Genoa pronta,
che del sangue pisan fa l’acqua sozza.
Par che ’ntanto il pontefice smantelli
Forlí, perché mai piú non si ribelli.
58
La pugna segue poi di Campo Aldino,
a’ guelfi nel principio aera ed acerba,
ché Guido Feltri e ’l vescovo aretino
co’ capi lor vi fan vermiglia l’erba;
poi, volta contra il campo gibellino,
fortuna se gli mostra sí superba,
che da tremila de la vita privi
ed altrettanti fa restar captivi.
59
Si vede Diego d’Aragon, che batte
con macchine Gaieta e con ogni arte;
si vede il re Roberto che combatte
di lá dal Faro, e n’ha vinto una parte;
ma, poi che le sue genti ode disfatte
e che ’l fratello è preso, se ne parte.
Fa Bonifacio a’ Colonnesi guerra,
gitta Preneste e i nidi loro in terra.
60
Vien Federico terzo e la Siciglia
tutta racquista e la Calabria appresso;
Fiorenza un’altra volta si scompiglia;
il popul guelfo in bianchi e neri è fesso.
Si vede Sarra, che di sua famiglia,
di sé e d’ogn’altro gibellino oppresso,
si vendica in Anagna, e che l’antiquo
debito sconta a Bonifacio iniquo.
61
Poi si veggono i bianchi, ch’in Fiorenza
entran di notte e, prima ch’esca il giorno,
spinti da neri, se ne vanno, senza
mai volger fronte, non che far ritorno;
indi in Pistoia fan tal resistenza
che chi cacciati gli ha fugge con scorno;
e ’l duca di Calabria, che condotto
aveano i neri, è vòlto in fuga e rotto.
62
Si vede l’avarizia e la viltade
di Rodulfo tedesco, ch’a contanti
vende a’ lucchesi la lor libertade,
a’ fiorentini e alli altri circostanti;
e poco dopo, poi ch’Alberto cade
per man del suo nipote, vedi alquanti
vendicarsi le terre, che giá fôro
da Cesar date alla custodia loro.
63
Mantoa per suo signor Passerin prende,
la terra d’Antenor prende il Carrara;
quel da la Scala la cittá che fende
l’acqua che per Fosson poi si fa amara;
Modena al marchese Obizo s’arrende,
che con la vita poi perde Ferrara,
per man del suo figliuol, che in sua difesa
move il Leon del mar contra la Chiesa.
64
Manda Clemente il Pelangara in fretta;
par che Frisco crudel espugni intanto
Castel Tedaldo e che la patria metta
a ferro e fuoco tutta da quel canto;
di che poi fanno i cittadin vendetta;
ma tosto lor fa rinovar il pianto
un catalan, che taglia quante teste
trova in favor de’ principi da Este.
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