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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LO STRACCIAROLO
Lo stracciarolo a vvoi ve pare un’arte
Da fàlla1 bbene oggnuno che la facci?
Eppuro ve so ddì, ssori cazzacci,
Che vierebbe in zaccoccia2 a Bbonaparte.
La fate accusì ffranca er mett’a pparte
Co un’occhiata li vetri e li ferracci,
A nnun confonne3 mai carte co’ stracci,
E a ddivide4 li stracci da le carte?
Nun arrivo a ccapì ccom’a sto Monno
S’ha da sputà ssentenze in tuttequante
Le cose, senza scannajjalle a ffonno.
Prima de dì: cquer tar Papa è un zomaro,
O cquer tar stracciarolo è un iggnorante,
Guardateli a Ssampietro e ar monnezzaro.5
22 marzo 1834
- ↑ Farla.
- ↑ Venire in saccorcia è fratel carnale di “entrare in tasca.„
- ↑ Confondere.
- ↑ Dividere.
- ↑ Chacun à sa place, direbbe il francese. Monnezzaro, per “immondezzaio„: come monnezza, per “immondezza.„
Note
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