< Medea (Seneca - Dolce)
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Atto primo.
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TRAGEDIA
SETTIMA, INTITO-
LATA MEDEA.
ATTO PRIMO
- Medea
- SANTI Dei, che reggete
- I congiugali nodi,
- E tu del genial letto custode
- Lucina; e tu, ch’a Tisi
- Insegnasti a domare
- L’irato mar, et a frenar la prima
- Nave, che solcò l’onde.
- Tu che sei Re del salso ondoso Regno,
- E tu Sol, che comparti
- Il dichiaro a mortali:
- E tu santa Triforme,
- Che conscia de’ miei occulti
- Sacrifici infernali
- Mi dimostri il tuo bianco e chiaro lume.
- E voi Dei, per li quali
- Gia mi giurò Giasone:
- E voi, cui più conviene
- A Medea porger preghi
- O de l’eterna notte oscuro Caos,
- Regni d’Inferno, e Re fiero e tremendo
- Di quel profondo Abisso,
- E tu Reina, che con miglior fede
- Fosti rapita al mondo,
- Che non fu io: e voi sorelle ultrice
- Con le chiome crinite di serpenti
- Siate, mentre vi prego,
- Favorevoli tutte a voti miei,
- Quali gia vi mostraste
- Horribili e tremende a le mie nozze;
- Pregovi a dare a morte
- La novella consorte
- Il suocero, et i figli di Giasone.
- Et a me peggior male
- Di quel ch’io prego al mio sposo ingrato.
- Viva egli, e vada errando
- Per ignote contrade
- Esule, pien di tema in odio a tutti,
- E non trovi giamai ferma magione.
- Desideri di havermi,
- Com’era per sua sposa,
- E brami sempre le straniere case,
- A tutti forastier famoso e nato:
- E, quello, di che peggio,
- Desiar non si puote,
- Al padre et a la madre.
- Ma la vendetta è meco.
- Ho partorito, et ho dilui figliuoli.
- Onde son le querele
- E le parole in darno.
- Non debbo andar io contra
- I miei gravi nimici?
- Non tor l’ardenti faci
- A l’alme de l’Inferno,
- E l’alma luce al cielo?
- Vede pur queste cose
- Il Sole, ond’io derivo,
- Mentre col carro aurato
- Va circondando questo
- E quell’altro Hemispero:
- Perche non torna in dietro,
- E d’altra parte a noi non mena il giorno?
- Concedimi, ch’io possa
- Col tuo carro levarmi
- Su per l’aure celesti,
- E che regga le briglia
- De li veloci tuoi corsieri alati:
- Che scenderei si a basso,
- Ch’abbrucierei Corintho.
- Hora mi resta solo
- D’esser io ne le nozze
- Pronuba di Giasone,
- E che porti la face a la consorte.
- E dopo i preghi al sacrificio fatti
- Uccida lei, qual vittima a glialtari.
- Animo, se in me vivi,
- Cerca strada a le pene
- Per le viscere istesse
- Di questi miei nimici.
- Dunque, se in te ancor regna
- E resta parte del vigore antico,
- Le senil paure in tutto sgombra,
- E diventi il tuo core
- Assai più aspro e duro,
- Che ’l Caucaso non è fiero e deserto.
- Tutto quello, che Fasi,
- O ’l Ponto giamai vide
- Di crudeltà, fa che lo vegga l’Isthmo.
- Commetti nuovi mali
- Fieri, crudeli, e parimenti horrendi
- A la terra et al cielo.
- Va la mia mente imaginando in lei
- Ferite, e morti, e cose altre simili.
- Ma son troppo leggeri;
- E già cio feci, quando
- Era nel primo fiore
- De la giovane etate.
- Et era verginetta.
- Hor surga maggior duolo:
- C’he poi, c’ho partorito,
- Mi convengon maggiori sceleritadi,
- Cingiti tutta d’ira,
- E con ogni furore
- Apparecchiati a la costor ruina.
- Fa, che siano i rifiuti
- Uguali a queste nozze;
- E lascia il tuo marito
- Con quello istesso modo,
- Con cui lo seguitasti.
- Deh non esser più pegra
- Piu non indugia homai.
- E la casa acquistata
- Con la sceleritate,
- Con la scelerità si lasci ancora.
- Coro
- A le nozze Reali
- Sien prosperi e benigni
- Tutti i celesti Dei,
- E quei, che reggon l’onde.
- Prima s’ammazzi un Toro,
- C’habbia candido il tergo
- Al grande padre Tonante.
- Piace a Lucina una giuvenca bianca
- A cui giogo giamai non fece oltraggio.
- Et a la Dea, che affrena
- L’ira del fiero Marte
- Tanto, che le sanguigne mani asciuga,
- E che fa, che le genti
- In amica unione
- Vivan congiunte e strette,
- E tien col ricco corno
- La copia desiata;
- Vie piu tenera vittima si doni.
- E tu, che suoi trovarti
- A legitimi nodi
- De’ maritaggi, e con felice destra
- Le tenebre disgombri
- Apportandovi caste e honeste faci:
- Vieni benignamente
- Cinto le chiome intorno
- Di belle rose: e salta
- Con non ben fermo piede a guisa d’Ebro.
- E tu, che sempre intenta
- A mostrarti in su ’l giorno,
- E vicino a la notte,
- Tardi sempre ritorni
- Stella a bramosi amanti.
- Te desideran sempre
- E le madri, e le spose,
- Che sparga tosto i bei lucidi rai:
- Vince l'alta beltate
- De la regia figliuola
- Di gran lunga le belle,
- Che si trovan ne l'Attico paese.
- E quelle, che ne' gioghi
- Di Taiete si vanno
- Esercitando a guisa
- D'huomini: la cui terra
- Non è di mura cinta:
- E quelle, che ne l'onde
- Aonie, e del sacro e vago Alfeo
- Soglion tinger le membra:
- Et al Duca Giasone,
- Se si vuol riguardare
- La bellezza, ond'è pieno,
- Cede colui, che nacque
- Di fulminata madre,
- Il cui carro è tirato da le Tigri:
- E 'l fratel di Diana.
- Cede Polluce insieme
- Col suo Castore amato.
- Così prego gli Dei,
- Che vinca la consorte
- D'alta felicità tutte le mogli,
- Et il marito di gran lunga avanzi
- Tutti gli altri consorti.
- Questa, quand'ella appare
- Fra l'altre verginette,
- Ogni volto di lei resta men bello.
- Così col Sol le stelle
- Perdon la luce loro,
- Così splende la Luna
- Fra i bei lumi minori.
- Così vede il pastore
- Il nuovo Sol, quand'esce fuor de l'onde.
- Tu dunque, che campato
- Sei da le fiere case
- Di Fasi, e avezzo ad abbraciar il petto
- De la sfrenata moglie
- Timido sempre con turbate braccia,
- Abbraccia a questo tempo
- Pien di felicità questa Donzella:
- Hora ne' dolci gioghi
- L'uno e l'altro sudando
- Dolcemente s'affanni.
- Voi giovani cantate
- Leggiadri versi; e festeggiate insieme:
- Sia tra voi Bacco, e non lasciate punto
- Ammorzarsi gliaccesi ardenti lumi.
- E vada ne le tenebre colei
- Taciturna e dolente,
- Che fuggitiva prende
- Forastiero consorte:
Il fine del primo Atto
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