< Meditazioni storiche
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Meditazione IV
Meditazione III Meditazione V
MEDITAZIONE IV
DIVISIONE PRINCIPALE DELLA STORIA


Sommario.


I. Mistero dell’esistenza del male. - II. Se le vicende del male e del bene nella storia sieno spiegabili. - III, IV. Spiegazione antica del peggioramento perenne; falsità di tale spiegazione. - V. Spiegazione moderna del perfezionamento perenne; falsità di tale spiegazione. - VI. Ciò che riman vero delle due spiegazioni. - VII. Spiegazione cristiana; il peggioramento e il miglioramento. - VIII. Divisione che ne risulta della storia universale. - IX. Due avvertimenti importanti: gli effetti umani del Cristianesimo. Cristianesimo e Cristianità. - X. Conclusione delle quattro Meditazioni preliminari.


I. In un mondo che fosse prodotto dal caso o da sè, sarebbe, se non un’impossibilità, almeno un mistero l’esistenza del bene. In un mondo fatto dal Creatore benefico i conseguente il bene, ma diventa mistero l’esistenza del male. Tuttociò che fu detto a spiegazione di tal mistero: che non vi i male nel mondo materiale, ma solamente nello spirituale; che in questo il male i risultato della libertà e finitezza degli spiriti; che non i se non la finitezza del bene; e che nemmeno Iddio onnipotente non poteva creare spiriti infinitamente buoni, perchè sarebbero stati Iddii, non poteva creare se non ispiriti finiti, cioè capaci di male; tutto ciò e quanto fu detto forse meglio, od aggiunto, non toglie, a parer mio e di molti, quella contraddizione apparente od antinomia (una di quelle tra due certezze eguali che appunto noi chiamiamo misteri) tra la bontà e potenza infinita del Creatore, e la malvagità frequente delle creature. Quando fosse possibile semplificare le credenze, le scienze nostre a tal se gno di tome ogni allro mistero religioso e scientifico, rimarrebbe por sempre questo morale; quando a forza d’eliminazioni si pretendesse non serbare se non il comprensibile, rimarrebbe par sempre incomprensibile a noi l’intero accordo tra la onnipotenza e benevolenza indubitabile del Creatore e l’indubitabile malvagità di alcune creature. Bensi noi possiam comprendere che non dobbiamo comprendere: l’ente finito non può comprendere tutte le relazioni sue coli’ente infinito; il colpevole mutalo dalla colpa non comprende il giudice, non le leggi, non l’ordine, secondo il quale è giudicato, nemmeno tra uomo ed uomo. Come potrebbe la mente umana, finita e produttrice continua di colpe, comprendere la giustizia, le leggi, l’ordine delia mente divina infinita in pnrilà come in potenza e benevolenza?

II. Ad ogni modo, comprendasi, come pur pare ad alcuni, o non comprendasi, come pare a noi, la ragione del male, certa è l’esistenza di esso; non è negabile né negala da nessuno, per poco che abbia considerata o la natura o le azioni degli uomini. La storia non é allro che il registro delle vicende del male e del bene, de’ vizi e delle virtù, delle oppressioni e delle estensioni delle facoltà umane. Qual sia la proporzione del male e del bene nella totalità della storia, è quistione agitata sovente, ma a cui non può dar soluzione adeguata se non Iddio giudice, Iddio solo estimatore della quantità di bene e di male operati sulla terra; e ad ogui modo poi è quistione inutile ed alla pratica ed alla stessa scienza nostra. Ma sono più importanti quesl’altre. Le vicende del bene e del M|le nelle azioni umane sono esse abbandonate al caso dal Creatore? ovvero, ordinale anch’esse, regolate da Lui, sono elle, come la ragione di esse, un mistero per noi? ovvero, ci è egli dato di scoprire, e più o meno intendere il loro ordine? — A tali quistioni noi abbiamo data già una risposta generale, mostrando fin da principio che debbon essere scopribili le vie della Provvidenza nella storia. Ora poi ci accingiamo a cercare se sono scoperte di fatto; se sia qualche ordinamento, qualche spiegazione satisfacente delle vicende del male e del bene. — Quelle date fin ora sono tre, e non più. III. Una fu data ed accettata poco meno che uniformemente da tulli gli scrittori dell’antichità. La filosofia storica degli antichi fu in ciò una, semplice, comune a tutti, indisputata. Tutte le tradizioni sacre e profane antiche, e non solamente le mitologiche grecheromane, ma le anteriori orientali, suppongono negli uomini uno stato primitivo di virtù, nn tempo eroico, un regno di saturno, un’età aurea, da cui peggiorarono le successive. I poeti accettarono poi ed abbellirono tal tradizione; e gli storici finalmente, i politici, i filosofi la confermarono con l’osservazione dell’essersi peggiorate, del peggiorarsi perennemente tutte le loro nazioni, tutto il genere umano fino ad essi. Gli scrittori stessi delle età più progredite in coltura e civiltà non si lasciarono abbagliar mai dallo splendore dell’una o dell’altra; essi protestarono sèmpre della propria corruzione, ed anzi del crescere di essa in proporzione della civiltà. La paura della civiltà è universale negli antichi; ne’legislatori, nei riformatori di legislazioni, nei politici, in tutti gli uomini di pratica, come ne’ poeti, negli storici, nei filosofi, in tutti gli scrittori. Il detto d’Orazio, poeta corrotto d’età corrotta, riassume in sè l’opinione capitale, e già estesa al futuro, di tntta la filosofia storica, antica:

Jitat parente»! pejor mit lui il

Tfot nequiores, mox daturos

Progeniem viliotiorem. <

E Tito Livio, Tacito, e gli altri scrittori fino alla caduta del mondo’antico, confermarono poi quella opinane la quale si può chiamare del peggioramento perenne. — Credevano che avesse peggiorato, peggiorasse e fosse per peggiorare sempre in virtù l’intiero genere umano; credevano che peggiorasse naturalmente ogni nazione quanto più s’inciviliva; credevano la corruzione conseguenza inevitabile della civiltà; e credevano che avessero perennemente a snccedersi le une all’altre nazioni ne’.loro periodi di rozzezza, civiltà e corruzione. Tutti gli scrittori antichi, forse senza una sola eccezione, hanno tale opinione storicofilosofica più o meno palesemente implicata nelle opere loro; e se nessuno di essi 1 Lib. Ili, ode 6, la quale giova veder tutta intiera. non l’espose in niuna opera apposta, ei fu appunto perchè non n’era mestieri, perché tutti l’accettavano unanimi. Non fu se non all’età della restaurazione della filosofia antica, che trovandosi essa a confronto di una tutta diversa, si sentì finalmente il bisogno di esporla e propugnarla. Ed allora sorsero, oltre gli altri, que’ tre grandi già nomati, Machiavello, Vico e Montesquieu, i quali l’esposero molto più chiaramente che non avesse fatto niun antico. Postisi al punto di vista degli antichi, ma in faccia ad oppositori nuovi, riuscirono più chiari, più compiuti che non gli stessi antichi.1

IV. E questa, ei si vuol confessare, é chiarissima, semplicissima, e, quasi io diceva, per semplicità bella dottrina. Nè ella sarebbe forse distrutta dal pensiero, che sembri ripugnare alla benevolenza del Creatore l’aver Esso in tal caso prescelto un ordine dell’universo per cui gli uomini diventassero men buoni, cattivi, peggiori e pessimi via via; siffatta contraddizione potrebbe credersi apparente, e non altro che un mistero di più, oltre quelli che sono dell’esistenza del male; ondechè si potrebbe forse pur essa accettare. — Il vero difetto di tale opinione filosofica non é di contraddire ad altre parti della filosofia; è di non dar la spiegazione promessa dei fatti, di contraddir anzi assolutamente ad essi quali li vediamo, e sono oramai indubitabili a noi. Gli antichi non avean veduti se non peggioramenti; potevano credere al peggioramento perenne. Ma noi non siamo più nel medesimo caso; non possiamo credere, nè dire, nè dubitare che sia

< Tatti gli scrittori cristiani primitivi concordano con gli antichi nelle descrizioni della corruzione del mondo gentile. La più breve e più terribile di qaeste descrizioni è in san Paolo, Epistolefai Romano», cap. 1,2032. Ha gli scrittori cristiani pur vedendo il peggioramento antico, non ne predicevano la continuazione, che anzi aspettavano, annunziavano un’età novella tutto diversa: mentre gli antichi non avevano guarì niuna tale aspettazione. — Che se e ne’libri sacri indiani e forse ne’ misteri egizi! o greci fWindiscbmann, Die Pkilotophie tm fortgung der Weltgeichichte, pag. 621, 636 e seg.) rimanevano alcune reliquie tradizionali di tale aspettazione, queste erano opinioni rare e degli iniziati. Quanto agli squarci non numerosi di Virgilio, di Tacito, di svetonio e d’altri Romani citati come prove di simili aspettazioni, io crederei non fossero guari più che adulazioni di poeti e panegiristi, speranze momentanee sorte in sul primo entrare della nuova signoria d’un Augusto o d’un Vespasiano, o tutt’ al più applicazioni ad essi di quelle confuse reminiscenze, desiderii in somma più che speranze, frutti e sempre maggior prova dell’estrema ed universal disperanza. peggioralo il mondo dagli antichi in poi fino ad oggi; possiam dispulare gli uni contro agli altri se abbia peggiorato ancora per doe o tre od otto o dieci secoli dopo essi; se questo o quel secolo debba dirsi di peggioramento, di stazione o di miglioramento; se siamo oggi in nn periodo scendente, stazionario o salente, o di transizione, o che so io? Ma considerato o nella coltura, o nella civiltà, o nella moralità o in qualunque maniera il genere umano dall’età grecoromana fino a noi tuli* insieme, non è possibile dire, non è detto da nessuno (se non fosse da qualche retore monomano dell’oggetto e de’ modelli de’ propri sludi) che il genere nmano sia andato indietro,^ia peggiorato d’allora in poi. E se non è peggioralo in questf^tVIII o XIX secoli, se è andato contro alla via prima del peggioramento, o se solamente s’è fermato in essa, tanto basta a provare, che quello non è dunque andamento normale, non è legge costante dell’nmauilà; che non è applicabile a tutta la storia dell’opinione quella filosofia, quella disperazione antica del peggioramento perenne.

V. Ma quasi contemporaneamente o poco dopo all’nllimo de’ tre grandi rinnovatori di quella, nacque nna opinione tutto opposta, nna spiegazione contraria delle vicende del bene e del male, la opinione del perfezionamento perenne. Era naturale, era inevitabile tal rovesciamento. Insieme co’ filosofi eruditi, che come i tre nomati non attendevano se non all’andamento antico dell’umanità, vi dovevano pur essere filosofi ineruditi che non attendessero se non all’andamento moderno.’ A costoro doveva affacciarsi evidente un progresso civile intellettuale e morale da parecchi secoli in qua; e da tale spettacolo, consideralo solo, ei dovevano natnralmenle venire all’idea: che sia dunque progressivo di natura sua, che sia effettivamente progredito e per progredire

1 L’origine di tal opinione si suole attribuire a Turgot, e il primo svolgimento di essa a D’Alembert nella introduzione alla Enciclopedia; un economista ed uom di pratica, ed un filosofo naturale, non eruditi propriamente, non studiosi dell’antichità nè l’un nè l’altro. —Ha forse altri semi men moderni se ne potrebbero trovare. E tal ricerca, negletta da’più fra gli storici speciali della filosofia, sarebbe forse più interessante che non quella di parecchie altre opinioni od idee che furono di gran lunga men feconde di conseguenze. sempre il genere amano. Ed anche questa è filosofia chiara, semplice come l’altra, e più bella poi senza paragone, più consolante per noi, più consonante con quante idee noi possiamo avere della onnipotente benevolenza divina.—Ma anche questa non è buona opinione storica, non consuona con tutti i fatti, non è universalmente vera. Ella ha contro a sè quella testimonianza dell’intiera antichità: che il mondo era peggiorato lungo essa tutta. Ella ha cosi contro a sé i due terzi de’ tempi, i due terzi de’ fatti. L’andamento d’un terzo ultimo non può cancellare l’andamento contrario de’ due primi. In qualunque scienza, cbe direbbesi d’un’ipotesi, d’una spiegazione di fenomeni, la quale, satisfacendo a un terzo, andasse contro ai due terzi di essi? Non sarebb’ella rigettata da qualunque maestro o scolaro? Rigettiamo dunque questa ipotesi anche noi; e rigettiamo quella modificazione che ne fanno alcuni dicendo, procedere il perfezionamento quasi spira che sale e scende, eonlinuamente pur avanzando. L’Immagine non è esalta nè buona. Uua curva che non sia tornata se non una volta in sé, e dall’andamento, dagli elementi, di cui non sia prevedibile allro ritorno, può esser cerchio, elisse, o checché si voglia, ma non è spira. 11 vero è, che questa teoria del progresso perenne è come quella ’ del perenne peggioramento, un’illusione di coloro che non considerano se non una nazione o nn grappo di nazioni, un secolo o nna successione di secoli; ma non può accettarsi da chiunque comprenda nel pensier suo la storia intiera del genere umano in tutti i luoghi e in tutti i secoli occupali da esso.

"VI. In somma, alla teoria del peggioramento perenne ’ s’oppone il fatto che il genere umano non peggiorò nell’ulti * mo terzo della storia sua; alla teoria del perfezionamento perenne si oppone il fatto che il genere amano non si perfezionò ne’due primi terzi. E che risulla poi da questi due falli T che il genere umano non segui uno ma due andamenti «entrari; che ei mutò dall’uno all’allro a un’epoca tra i due primi e l’ultimo terzo de’ tempi fino a noi; e che tal mutazione dovette dunque essere effetto di qualche grande evento che si trovi a qnell’epoca. Ora a auell’epoca se ne

6 trova ano massimo, novissimo quanto a’due primi terzi, operosissimo nell’ultimo: lo stabilimento del Cristianesimo. Dunque, questo dovette essere, senza dubbio, l’evento mutante, la causa della gran mutazione.

VII. Dunque, in esso solo tal fatto, nel Cristianesimo, dobhiam cercare, da esso ricevere la spiegazione della gran mutazione. In esso, dico, tqtt’intiero; cioè ne’dogmi, nelle rivelazioni, nelle tradizioni, nella storia di lui; non nella sola morale di lui, come dissero strettamente alcuni; o nell’esser lui semplice progresso dell’umanità, come dissero falsamente altri. Perciocché, quanto alla morale cristiana noi mostreremo forse a luogo suo, non essere ella stata cosi nuova come i dogmi cristiani; ed è ragione, essendo questi più che quelli oggetto di rivelazione; ma faremo osservare fin di qui, che quanto più si dica mutala la morale dall’antica alla cristiana, tanto più resterebbe a cercar perchè mutasse, tanto più intiera resterebbe la quistione della gran mutazione. E quanto all’opinione che lo stabilimento del Cristianesimo fosse progresso e non più del genere umano, basta a distruggerla il fatto finora osservato, che il genere umano non era slate in progresso mai, anzi in peggioramento fino a quell’epoca; ondechè, la causa della mutazione in contrario non può essere stata se non estrinseca al genere umano, ultraterrena, soprannaturale; e non può esser quindi spiegala a noi se non soprannaturalmente, dalla rivelazione. — Dalla quale dunque abbiamo, che il primo uomo fu creato buono sulla terra, ma, come gli altri spirili a noi noti, libero di far bene o male, e fece male; che, avendo fatto male, fu inquinalo della colpa, abbandonato alla colpa, alla corruzione, egli e tutta la posterità sua dal Creatore (successione del resto od eredità che si vede essere legge anche della natura materiale); ma che Egli il Creatore destinò fin d’allora scendere colla sua virtù, colla sua verità, nella persona del Verbo, del figliuol suo, sulla. terra tra quegli uomini colpevoli e corrotti, per espiare innocontissimo lor colpa e lor pena, per ritrarli da lor corruzione, per far loro mutare lor via di peggioramento; e finalmente che cosi fece, cosi adempiè Egli poi il Dio umanato, Gesù Cristo, a quel tempo appunto che vedesi in fatto il ge> nero amano aver molala la sua via. — Comprendiamo noi, possiam noi comprendere siffatta spiegazione, cioè concepire tolte le ragioni, tutte le relazioni, dei fatti compresi in essa? No veramente; cbè anzi si confondono, si intricano, si perdono le idee di tali relazioni nella povera mente nostra; si moltiplicano, si complicano i misteri; ma questi almeno non contraddicono, combaciano anzi co’ falli. E tra una spiegazione piena si di misteri (cioè di nuovo di quelle antinomie che non possiamo evitare in nessuna religione, filosofia, scienza o storia universale), tra una spiegazione piena si di misteri ma combacianlè coi fatti, e due altre, le quali contraddicono a questi assolutamente, e non tolgono poi nemmeno, mutano solamente i misteri, non deve non può dubitare ninno storico, niuuo studioso, niun critico, niun contemplatore o leggitore sincero di storie. Le due altre spiegazioni generali della storia non danno ragione se non o del peggioramento o del miglioramento; la spiegazione o teoria cristiana sola dà ragione del peggioramento e del miglioramento del genere umano, è la sola che comprenda i due gran fenomeni della scienza storica; è la sola dunqne che si possa e debba accettare e chiamare teoria della scienza.’

Vili. Ed è la sola quindi su cui appoggiare una grande e buona divisione della storia umana. Gli antichi, cioè lutti gli uomini non giunti a vedere lo stabilimento del Cristianesimo, nen potevano dividere nè capire il complesso della storia; e non tanto, come fu detto, perchè questa fosse troppo breve ancora, troppo mancante di falli (posciachè he comprendeva già i due terzi), ma perchè mancava del fallo massimo spiegalore e dividilore. La storia universale fu per essi un cumulo d’eventi indivisi, indivisibili, quasi corpo informe

’ Hi si conceda qni citar me stesso per correggermi. In uno scritto sugli XIprimi teeali della Letteratura Cristiana, io cercai di rappresentare i due andamenti diversi del genere umano colle due parole di ciclo e serie. Ma meglio considerato tutto l’andamento antico, non apparisce in sè tornante, a guisa di cerchio. — se non paresse puerilità questa quasi grafomania (la quale del resto fn di tutti coloro che adoperarono queile parole di cicli, periodi, spire, ecc., e del Vico poi sopra tutti), io rappresenterei l’andamento universale del genere umano con una sola parola ed una solaflgura, una parabola, per cui scende verso il foco l’antichità, risale da esso la Cristianità. senza membra, caos senza luce dividitrice. La qnale, appena apparsa, fa, adir vero, segnalata, proclamata tale, e dall’arrecatore stesso e da’ primi annunzialori e segnaci di essa. Il nome stesso di Vangelo che vaol dire annunzio, dato alla narrazione della venata di Gesù Cristo, accenna principio. d’un’età, d’una storia novella. E tutti poi gli Apostoli, gli Apologisti, i santi Padri, tulli gli scrittori primitivi cristiani proclamarono tal principio. Ma in breve, i predicatori della fede, intenti a serbarne o dilatarne i dogmi essenziali e religiosi, abbandonarono questo che non era se non islorico e scientifico, e che venne perdendosi cosi via via nell’oscurità della barbarie e del medio evo, e tanto più poi al risorgimento delle lettere antiche. Quindi tutte quelle confusioni del mondo antico e del moderno, e tutti quegli errori che noi segnalammo già ed a cui avremo a tornar sovente: e cosi nella politica l’errore di temere una nuova caduta della civiltà cristiana per opera propria o di nuovi barbari; e quell’altro di tenere soggetti i popoli cristiani al periodo antico di adolescenza, grandezza e caduta; e quello error particolare di Machiavello di voler richiamare gli stati a’ lor principii, che si poteva nell’antichità, ma non nella Cristianità. Quindi poi nella scienza economica quell’errore di temere il lusso cristiano, quasi fosse come l’antico senza correzioni ni prò; quindi quegli errori letterari ed artistici cosi derisi oramai dell’imitazioni mitologiche; quindi quell’altro troppo più grave dell’imitazioni filosofiche; e quindi in somma gli innumerevoli impedimenti che hanno non solo ingombrate fino ai nostri di le vie della Cristianità, ma fattone annunziare ultimamente la vecchiezza, l’agonia, 1* inevitabil fine e il retaggio stesso. — Ma in pochi anni risanò e risorse la moribonda, e combattè e combatte trionfando al di fuori, iu Grecia, in Africa, in siria, nell’Indie, alla Cina, tra le selve americane settentrionali, e nelle innumerevoli isole Oceaniche; cosicché non restano oramai immuni di sua potenza nè continenti, nè isole, nè vastità, nè angoli, uè imperii, nè genti sulla terra; e combatte e trionfa pure addentro cosi universalmente, che ha ridotti a nome ed apparenza d’amici gli stessi suoi avversari. Ora dunque è tempo di tornare al gran dogma storico cristiano; di riconfessare i tempi divisi in mezzo da Gesù Cristo, di vedere nella storia nmana dne sole grandi storie, la non cristiana od antica, e la cristiana. Oramai il dubbio non pare scusabile. La Cristianità.dura e vince; noi siamo in piena storia cristiana. In luogo di tanti eventi ’ annunziati terminatoli di lei, sono succeduti eventi confermatoli, estenditori, non più che svolgimenti dell’evento grandissimo. Non sono solamente i fatti passati che servano a j spiegare i presenti; i presenti pure spiegano talora i passati Non chiudiamo gli occhi nè agli nni nè agli altri; cosi solamente possiamo sperare di comprendere gli nui e gli altri fino al termine conceduto a nostra mente.—Del resto, quando la filosofia storica divide cosi l’intiera storia nmana, ella non fa se non riaccostarsi al senso comune de.lla Cristianità che prese da gran tempo per èra la nascita di Gesù Cristo; 1 ciò che fa la stessa scienza retrospettiva dell’antichità, nello studio della quale, il sa ognuno che v’abbia atteso, non è possibile oramai serbare niuna dell’ère antiche, nemmeno quella che non si può precisamente determinare della Creazione, ed è forza cosi partire indietreggiando dalla medesima èra di Gesù Cristo. Rivelazione, filosofia storica, senso comnne, oso volgare, uso, necessità di scienza, tntlo concorda, tntto guarda a Lni come a luce in mezzo ai tempi, dei tempi che precedettero e di quelli che seguirono.

IX. Or dunque, noi siamo per entrare nella meditazione di ciascuna delle due storie. Ma fermiamoci prima un momento ancora; non per coloro che abbandonandoci il passato e il presente perseverassero ad annunziar nell’avvenire quell’evento non avvenuto d’una religione nnova o filosofica, o d’un nuovo Cristianesimo, che avrebbe a dare nna terza grande èra alla storia del genere nmano. A questi io risponderei brevemente che l’assunto mio è di storia compiuta e non da compiersi; e che se io acconsentissi inai a seguirli nel campo delle congetture, ei non potrebbe essere se non dopo avere pienamente esplorato il campo de’ fatti adempiuti, e per trar chiara allora da questi la vanità delle

’ L’uso dell’ira volgare fu, come si sa, introdotto da Dionigi il piccolo, monaco del secolo VI, e diventò in breve universale. loro predizioni. Ma io ho premura di rivolgere l’attenzione degli amici stessi delle mie opinioni storiche contro a nna restrizione ed nna estensione di esse, che ei potrebbon forse fare inavvertiti. — Temeranno forse alcuni che noi abbiamo diminuita o siamo per diminuire la importanza, mutata o per mutar la essenza vera del Cristianesimo, meditandone gli effetti puramente nmani nella storia. Diranno forse: ben altro essere stato il destino, la missione di esso, che non di dare una buona divisione alla storia, od anche di riporre in una buona via terrena il genere umano, di farne cessare il peggioramento, d’incominciarne nn perfezionamento puramente terreno; mirare il Cristianesimo molto più su, al cielo, a quella vita ulteriore che noi stessi professammo vero destino, vera causa finale degli nomini, alla quale poco o nulla importa qualunque perfezionamento quaggiù. Ma io concorro volentieri in tutte queste ed altre simili proposizioni, salva l’ultima: che alla causa finale e celeste degli uomini o del Cristianesimo non importi il perfezionamento quaggiù. Anzi, io non veggo come il Cristianesimo abbia potuto o possa apparecchiare più spiriti al cielo, se egli non li avesse migliorati prima in terra; nè come, migliorandone molli, ei non avesse migliorato il genere nmano; nè qual via, qual luce, qual verità, egli avrebbe mostrata se non per avviare, illuminare, addottrinare gli nomini quaggiù viventi; non veggo in somma al Cristianesimo altro mezzo terreno allo scopo eelesle se non la virtù cristiana, la virtù di Gesù Cristo fondatore ed espiatore, la virtù dei Cristiani seguaci di lui. — A coloro poi che in queste o qualunque altra nostra osservazione sul progresso della Cristianità temessero implicata quell’opinione nuovamente sorta del progresso del Cristianesimo, noi risponderemmo facendoli avvertiti della differenza importantissima di queste due parole di Cristianesimo e Cristianità. 11 Cristianesimo è la dottrina, la fede, la religione, la rivelazione, la istituzione divina; la Cristianità è il complesso degli nomini che seguono più o men bene quella istituzione divina; il Cristianesimo non pud progredire, perchè è rivelazione compiuta, che non lascia addentellato ad altra, che non fa, come le antiche, allusione ad altra, che implica anzi promessa di saa propria dorata aguale a quella del genere umano; ma la Cristianità può progredire e progredì, ora di fuori estendendosi a nuovi popoli, ora addentro riunendosi ed avanzando in virtù cristiane, svolgendo istituzioni cristiane, distruggendo istituzioni, come la servitù, rimaste dalle età non cristiane. Il Cristianesimo, in somma, non progredisce egli, ma fa progredire la Cristianità. Chi dice progredito o progreditale il Cristianesimo, non è cristiano intiero, perchè va contra parecchi dogmi essenziali anzi fondamentali del Cristianesimo; ma chi nega progredita o progreditale la Cristianità, nega i fatti passati e presenti più certi e gli avvenire probabilissimi, nega tutti gli effètti umani del Cristianesimo. Io credo che molti errori, molte dispute, molli inganni sieno venati dalla confusione di’queste due parole, somiglianti nel suono ma diverse in lor signilìcazione; e come attenderò a non confonderle scrivendo, cosi prego non si confondano leggendo o giudicando. Del resto, tutto ciò verrà più ampiamente svolto nella seconda parte delle Meditazioni nostre, che saranno sulla storia cristiana. Ma parvemi debito dar compiuta fin di qna la significazione da me assunta delle parole che fin di qua io son costretto ad osare.

X. Ed ora noi pogniam fine a queste nostre Meditazioni preliminari. Noi abbiamo a poter nostro cercata la possibilità e la ntilità di ciò che si suol chiamare filosofia e potrebbesi chiamare teoria, ragione della storia, ma che chiamiamo noi contemplazione in essa della Provvidenza divina; e cosi cercando, noi abbiamo trovata questa contemplazione essersi fatta sempre si, ma poco e male da tutti coloro che non ebbero già, o cbe avendolo non accettarono I* aiuto della rivelazione. — Noi abbiamo meditato poi brevemente il primo atto di quella Provvidenza, e cercato a dedur la storia della creazione dalla comparazione delle narrazioni e de* monumenti; e cosi cercando non abbiam trovato accordo se non tra que’monumenti bene studiati, e la cosmogonia rivelata. — Quindi, per istabilire su ferma base le nostre meditazioni, per darci adito a rettamente giudicare delle azioni del genere umano, ci parve dover cercar prima a che fossero ordinate, a che tendessero quelle azioni di lai, conscio o non conscio; qaal fosse il fine, la causa finale, il destino degli nomini e cosi degli altri spiriti fratelli loro nella creazione; ed a tali quislioni non abbiamo trovate se non quelle risposte evasive, non risposte, della morte degli spiriti, della metempsicosi e del panteismo, date da tutte le altre religioni o filosofie; sola risposta, solo riposo, sola satisfazione e ragione, la vita ulteriore ed eterna insegnata dalla rivelazione.—E finalmente, avendo a dividere la storia, cioè il registro delle vicende del bene e del male, abbiamo cercato se sia qualche andamento certo di esso; e cosi cercando abbiamo trovate due esagerazioni, due false generalizzazioni delle due osservazioni particolari del peggioramento e del perfezionamento umano, e sola giusta, sola combaciante co’ fatti la spiegazione del peggioramento fino a Gesù Cristo, del miglioramento da Gesù Cristo a noi; abbiam trovala quindi di nuovo e sempre la rivelazione. — Ora, che abbiamo noi fatto cosi? Fallendo alla parola data, allo scopo professato da noi fin dalla prima pagina, abbiamo noi voluto dar le prove della rivelazione? Non gii. Noi abbiamo posto quattro grandi questioni storiche, che ci parve non poter fuggire; e non fuggimmo poi le quattro soluzioni che ci parvero sole vere; e queste quattro soluzioni si trovarono essere quattro prove della rivelazione. E cosi ci avverrà di trovarne altre parecchie, anzi molle, e dove riprenderemo a luogo suo l’ultima delle quattro gran quislioni già trattale, e trattandone via via a luogo loro altre minori. Nè questo vogliamo o possiamo evitare; perchè la rivelazione principia, accompagna, termina tutta la storia; perchè la storia è in gran parte rivelata, e nell’altra parte spiegata dalla rivelazione; perchè in somma ella consta di due sorta di documenti, rivelati e non rivelati. — Noi accennammo già1 esser grave errore in ogni scienza non voler ammettere le verità provate da un’altra scienza. Ma qui è il luogo d’avvertire a un errore forse peggiore, certo più stretto; che è di non ammettere se non una parte della verità, se non uno de’ metodi della propria scienza. E per non iscorrerle di nuovo tutte, prenderemo esempio so1 Meditazione II, gì. lamento da qnella parte della filosofia che si snol chiamare razionale o metafisica; nella quale, chi non ammette se non un punto di partenza, un metodo solo, il psicologico, o l’ontologico, o teologico, non arriva a tutte le verità e cerca invano il passaggio, come soglion dire, da un metodo all’altro; mentre chi li ammette tutti ed osserva d’ogni maniera, trova molto più, trovale armonie dei tre melodi, che è lutto quello che si può trovare tra essi. E cosi poi avviene con più grave danno alla storia. Chi ammettesse i soli documenti rivelati, avrebbe storia ricca di spiegazioni, ma povera di fatti particolari; e chi non ammette poi i documenti rivelati, può avere storia ricchissima di fatti si, ma, oltreché l’ha pur mancante di molti e gravi fatti, l’ha poi mancante di tutte le grandi spiegazioni. Quindi a chi appunto voglia, come noi, spiegarla o meditarla, il volerla spogliare de’ documenti rivelati sarebbe (per paragonare il dappiù al dammeno) come volere spiegare l’astronomia rigettando le osservazioni telescopiche, o la chimica rigettando le elettriche, o qualunque delle scienze naturali senza aiuto di matematica. Chi non crede alia rivelazione, non può meditare di storia universale; e chi medita di questa, crede a quella di necessità. — Inevitabilmente, ed in somma, la storia universale é nn complesso, una continuazione, una serie di prove della rivelazione; é la scienza che ne dà un numero maggiore. Ma tulle le scienze ne danno alcune; e il raccoglierle é ufficio d’una scienza speciale, e il farle fruttificare non è ufficio di niuna scienza. Noi non vogliamo né usurpar quel!’ ufficio, né pretendere a questi frutti; vogliamo solamente non restrìngere la scienza nostra, non rinnegare niuna delle connessioni di essa con qualunque altra, ninna massime delle connessioni tra il genere umano e la Provvidenza divina. sTORIA ANTICA.

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