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Dovunque può essere litigio, ivi debbe essere g[i]udicio, altrimenti sarebbe la cosa inperfetta sanza la perfetta honde possa avere perfetione: è questo è inpossibile, conciosiaché Iddio et la natura nelle cose necessarie non manchino. Ma tra due principi, de’ quali nessuno è all’altro subgetto, può essere contentione, ho per colpa sua o per colpa de’ subditi: e per questo tra costoro debbe essere g[i]udicio. Et perché l’altro non può g[i]udicare dell’altro, essendo pari, bisognia che ·ssia un terzo di più anpla g[i]uriditione che ·ssopra amendun[i] questi signoreggi. Quello ho e’ sarà un prencipe, ho e’ saranno più. Se sarà uno, noi abbiàno el proposito nostro; se saranno più, possono insieme contendere, e però hanno bisognio d’un terzo sopra ·lloro g[i]udicatore. E ·ccosì ho noi proccedereno in infinito, la quale cosa essere non può, ho noi perveremo a uno principe el quale, o sanza mezo o co mezi, tutte le lite decida. Questa rag[i]one significava Aristotile quand’e’ diceva: «Le cose non vogliono essere male disposte; la moltitudine de’ prencipi è male; adunque debbe essere uno principe».