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Costoro con ragione così arguiscono. E’ pigliano el prencipio del decimo della Metafisicha: tutte le cose che ·ssono d’uno genere si riducono a uno, che è misura di tutte le cose che ·ssono sotto quel genere; tutti gli huomini sono d’uno genere: adunque si debbono ridurre a uno, come misura di tutti loro. E ·cconciosiaché ’l sommo pontefice et [lo] inperadore sieno huomini, se quella conclusione è vera, bisognia che ·ssi riduchino a uno huomo. E perché ’l papa non si può ridurre ad altri, resta che ·llo inperadore si debba ridurre con tutti gli altri insieme a ·llui, come a misura et reghola: onde seguita quel che vogliono. Per solvere questa ragione, dico che quando e’ dicono che ’lle cose che ·ssono d’uno genere, bisognia ridurle a qualche uno di quel genere, el qual è misura inn–esso’, dicono el vero. E simile dicono el vero quand’e’ dicono che ’tutti gli huomini sono d’uno genere’. Similmente conchiughono el vero quando di qui inferiscono doversi ridurre tutti gli huomini a una misura nel suo genere. Ma quando per questa conclusione inducono del papa et dello inperadore, sono inghannati ’econdo accidente’ Et a ’tendere questo, è da ·ssapere che altro è essere huomo et altro è essere papa; altro è essere huomo ed essere inperadore; come altro è essere huomo che essere padre o signiore. L’uomo è quel ch’egli è per la forma sustantiale, per la quale ha spezie et genere, per la quale si ripone nel predicamento della sustantia; el padre è quel ch’egli è per forma accidentale, la quale è relatione per la quale si riducie a certa spetie et a certo genere, e riponsi sotto el predicamento della relatione. Altrimenti tutte le cose si ridurebbono al predicamento della sustantia, conciosiaché nessuno accidente per sé consista, sanza el fondamento della sustantia sostenente: e questo è falso. Adunque essendo el papa et lo inperadore quel che sono per alcune relationi, perché sono tali pel papato et per lo inperio, che ·ssono relationi (et l’altra è sotto l’anbito della paternità, l’altra sotto l’anbito della dominatione); è manifesto che ’l papa et lo inperadore, in quanto sono tali, si debbono riporre sotto el predicamento della relatione, et ridursi a qualche cosa stante inn–essa relatione. E però dico che altra è la misura alla quale si debbono ridurre in quanto sono huomini, edd–altro alla quale in quanto sono papa et inperadore. Inperò in quanto sono huomini, si debbono ridurre a uno hottimo huomo, el quale è di tutti gli altri misura qualunque costui si sia — purché ·ssia massime huno nel suo genere, secondo el decimo dell’Eticha. Ma in quanto sono relativi si debbono ridurre intra loro, se ·ll’uno si sottomette all’altro o ·cchomunichano in ispetie per natura di relatione; o a uno terzo, al quale si riduchino come a ·cchomune hunità. Ma non si può dire che l’uno si sottopongha a l’altro come subalterno, inperò che ·ccosì l’uno dell’altro si predicherebbe, e questo è falso; però che noi non diciamo ’lo ‘peradore è papa’, né ’’l papa è inperadore’. E non si può dire che ·ccomunichino inn–ispetie, perché altra è la difinitione del papa, et altra è dello inperadore, in quanto e’ sono tali: adunque si riducono a qualche ·ccosa nella quale e’ s’unischino. E però si vuole sapere che quella conperatione che è tra relatione et relatione, quella è tra relativo et relativo. Adunque, se ’l papato et l’inperio, essendo relationi di soprapositione, s’hanno a ridurre a rispetto della soprapositione, dal quale rispetto colle diferentie loro dipendono, papa et inperadore, essendo eglino relativi, si doveranno riducere a qualche uno nel quale si ritruovi esso rispetto di soprapositione sanza altra diferentia. E questo sarà ho esso Iddio, nel quale ogni rispetto universalmente s’uniscie, o una sustantia inferiore, nella quale e rispetto della soprapositione, del senplice rispetto discendente, doventi particulare. E ·ccosì è manifesto come ’l papa et lo ’nperadore, in quanto sono huomini, s’hanno a ridurre a uno; ma in quanto papa et inperadore, ad altro: et questo basti in quanto alla ragione.