Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1888
Questo testo fa parte della serie Annotazioni numismatiche genovesi

XII.


MONETE DEL GOVERNATORE AGOSTINO ADORNO.


Fig.2


Fig.3 Fig.4

Nel 13 Settembre del 1488, l’Adorno fu nominato Governatore per il Duca di Milano, e resse la cosa pubblica fino al 1499, durante le signorie del Gian Galeazzo Maria e di Ludovico. In questo periodo egli fece coniare diverse monete nei due metalli, a nome dei due Sforza, e son note, del primo il genovino d’oro, ora detto più propriamente ducato, il pezzo da 3 ducati, e due diversi grossoni detti anche testoni, con multipli e spezzati: del secondo il ducato ed il testone. Non si vuole qui descrivere la serie di queste monete già pubblicate e studiate, quantunque sopra alcuni multipli del testone si veda impresso lo stemma Adorno, ma solamente quella, per ora molto limitata, delle monete che si conoscono coniate in proprio nome, cioè il ducato ed i denari minuti.

1. D/ — : AVGustinus: ADVRNVS: GVBernator: Ducalis: IAnuæ.
Castello sormontato dal biscione, e fiancheggiato da due A coronate, ognuna tra due globetti.

R/ — : CON: RADVS: REX: ROMAnorum: S: A
Croce in cerchio di 8 segmenti con globetti agli angoli interni ed esterni.

Ducato d’oro — C1 — ― Peso gr. 3,47.

(Gabinetto Numismatico di Brera) (V. Fig. 2).

2. D/ — AVgustinus Adurnus Gubemator
Castello che divide a metà la leggenda inferiormente.

R/ — • Conradus • — • Rex • — • Romanorum • — FS.
Croce che divide la leggenda in 4 parti.

Lega — Denaro minuto — C — Peso gr. 0,45.

(Collezione dello scrivente) (V. Fig. 8).

3. — Come il precedente ma con varianti nel conio.
Due lettere del zecchiere in nesso, delle quali la prima è un N e la seconda pare un G.

C3 — Peso gr. 0,29.

(Collezione dello scrivente).

7. Come il precedente. — Zecchiere N G in nesso.

Varietà di conio, e specialmente la croce molto larga.

C2 — Peso gr. 0,35.

(Collezione dello scrivente) (V. Fig. 4).

5. Come i precedenti. — Zecchiere M P in nesso. Le lettere al rovescio non hanno i punti.

C3 — Peso gr. 0,285.

(Collezione dello scrivente).

L’unico esemplare del ducato che si conosca per ora, è questo posseduto dal Museo Numismatico di Brera a Milano, ed era inedito per il disegno ma non per la descrizione, la quale sebbene mancante di qualche particolare si leggeva nel Desimoni1. Come nei ducati dello Sforza, anche in questo riscontriamo le varianti dalle precedenti monete, consistenti nell’aver adottato le lettere moderne, e ripristinato la terminazione regolare del nome del re in S anziché in X, come si era usato dal Doge XXI fino al Cardinale. Le iniziali del titolare poste ai lati del castello non sono una novità, perchè già usate dal Doge XIX, dal F. M. Visconti, dal D. XXT, dal L. C. D. XXVII, e dal D. XXVIII sui grossi, e da qualcuno di questi Dogi anche sopra altre monete; le stesse furono poi usate ancora dall’Antoniotto II Adorno sull’argento e sull’oro. Una vera innovazione sta invece nell’aver coronato le due iniziali. Non trovo in altre monete le lettere di questi zecchieri A. S. I due punti posti a separare le prime tre lettere del nome del re dalle seguenti, non costituiscono un fatto isolato, perchè si vedono pure in qualche moneta del Cardinale D. XXXI2.

I minuti dell’Adorno che ho da qualche tempo nella mia piccola collezione, son tutti varianti di conio o di zecchieri. Non so se ne esistano altri, ma poiché l’invito che io facevo ai collettori nella Gazzetta Numismatica3 di far conoscere i loro minuti inediti, per completare la serie che io ne presentava rimase senza risultato, devo credere che per ora siano i soli.

Questi minuti sono eguali nel dritto, come vedesi, a quelli del Cardinale, ed anche nel peso eguagliano colla loro media press’a poco quella dei loro predecessori immediati. Ne differiscono solo nel rovescio perchè ci danno una sola lettera per ogni tratto di leggenda invece di due, uso che fu poi continuato a quanto pare sino alla fine dei minuti sotto i Dogi biennali. Non si deve dar molta importanza al non aver separato con una rosetta l’A dal G, come iniziali di differenti parole. L’intagliatore tenea conto più sovente di una certa simmetria, che non della regolare interpunzione: così con una crocetta, 4 rosette, e due lettere per parte, non occorreva altro di meglio. Si potrebbe bensì osservare che nei minuti del Cardinale4 una rosetta separa il P dal C: ma io ricordo per altro di avere visto qualche minuto, nel quale non si leggeva più il nome del Doge a destra, ma tra due rosette a sinistra vedevansi chiaramente le lettere D I senza rosetta che separasse le due differenti iniziali, che stavano per Dux Ianue.

A questa serie non mancano che le monete d’argento, e ci auguriamo che vengano a completarla, non sembrandoci improbabile, che l’Adorno possa averne emesso prima della coniazione dei grossoni col nome del Duca, avvenuta nel 1490, come egli fece per l’oro.

Tutte le monete che si conoscono emesse dall’Adorno durante il suo governo si possono dividere in tre gruppi:

Monete col nome del Governatore, con o senza il biscione denotante la Signoria Milanese:

Monete col nome del Duca, ma collo stemma Adorno all’esergo del dritto:

Monete col nome Ducale senza altro segno riferentesi all’Adorno. In seguito a questa distinzione, sorge il desiderio di indagare in quale ordine cronologico si debbano classificare, e su questo possiamo fare a priori tre supposizioni.

In primo luogo il nostro Governatore può aver cominciato a coniare le prime, poi richiamato a maggior deferenza al Duca, essersi limitato alle seconde, e finalmente aver ricorso alla terza specie.

Oppure, aver coniato contemporaneamente le tre categorie di monete durante il suo governo, ciò che indicherebbe meglio aver egli ottenuto l’autorizzazione d’improntare il proprio nome su alcune monete.

Finalmente, può aver coniato prima le ultime, quindi essersi provato alle seconde, ed in ultimo fatto ardito del non trovar ostacoli, aver messo il proprio nome.

La prima ipotesi può sembrare improbabile, perchè la deferenza al padrone s’impone sempre maggiormente all’inizio della nuova Signoria. La seconda non presenta maggiore probabilità, perchè se è facile l’ammettere una autorizzazione tacita o esplicita di improntar il nome sulla moneta bassa, sembra per altro un po’ eccessiva trattandosi di quella aurea.

Rimane la terza che può sembrare migliore delle altre, ma nulla ci autorizza per ora a confermarla. Si potrebbe ancora considerare se l’autorizzazione oppur l’arbitrio siano stati più facili sotto il Gian Galeazzo o sotto lo zio: sta bene che il vero Signore sia stato sempre il Moro, ma durante la tutela può essersi dimostrato più arrendevole.

Scendiamo da queste supposizioni in astratto e proviamoci ad interrogare i caratteri delle monete qui descritte, ossia quelle del primo gruppo, in quanto possano illuminarci più o meno in proposito.

L’unico indizio che se ne può ricavare circa al ducato, sta nella interpunzione dopo il CON del rovescio, usata come si è veduto solamente in qualche moneta del Doge XXXI, e non più in seguito; per cui può ritenersi che il presente ducato sia stato emesso subito dopo queste monete del XXXI, ossia all’entrare in carica dell’Adorno, il quale così facendo imitava il Cardinale, mettendo il proprio nome sul ducato, precisamente come quegli aveva fatto prima.

Quanto ai minuti, le varietà relativamente numerose degli stessi e delle iniziali dei loro zecchieri le quali sono ripetute sulle monete Sforzesche, fanno credere che l’Adorno abbia coniato queste monetine in gran copia, e forse, trattandosi di moneta spicciola, abbia continuato a coniarle a proprio nome per la intera durata del suo governo.

Con questo, avremmo conferma alla prima supposizione per la moneta d’oro, ed alla seconda per i minuti.

Qualche cosa si potrebbe pur dire circa l’epoca di coniazione dei multipli del testone di G. Galeazzo i quali portano lo stemma del Governatore, e che formano il secondo dei tre gruppi, nei quali si divisero più sopra le monete coniate dall’Agostino.

Il Promis, già citato, a pag. 30 e seguenti divideva giustamente i testoni coi loro multipli e spezzati del Gian Galeazzo, in due serie caratterizzate dal peso differente, facendo precedere quella del testone più leggero che riteneva eguale alla lira Milanese, e facendo seguire l’altra del testone di maggior peso, nel quale riconosceva la vera lira Genovese. Oltre alla differenza di peso, la seconda serie è distinta da due stelle ai lati del castello, e da un numero variabile di stelle al rovescio, secondo il valore del pezzo. Il Promis quantunque vi fosso indotto dalla supposizione che lo Sforza avesse introdotto in Genova il sistema Milanese, tuttavia aveva indovinato che la serie del testone leggero avesse dovuto preceder l’altra. Infatti, il Desimoni5 nella sua ultima pubblicazione Sui valori delle monete d’argento Genovesi, riporta la notizia ricavata da un codice in Archivio di Stato, che nel 1490 si imitò il testone o lira milanese, modificandone un poco il peso per renderlo al giusto valore di soldi 15 Genovesi, spendendosi allora la lira Milanese in Genova per soldi 14 e denari 8: e nello stesso documento è indicata la legge della nuova moneta al peso equivalente a gr. 10,152 ed al titolo di 968, cioè al fine di 9,729. Non è meraviglia se il Promis ne diede un peso minore perchè si è basato sui pesi degli esemplari effettivi: ma non mancano esempi di altri pezzi confermanti la legge di battitura, e per maggior sicurezza ricorrendo ad un multiplo del testone, cioè il da 3 che si conserva dalla famiglia Adornoo in Genova, troviamo che il suo peso dato dal Desimoni6 in gr. 30,600, eguaglia tre volte il peso legale meno soli 0,044. Da un altro documento citato dal Desimoni in seguito a quello del 1490, risulta la coniazione della prima lira effettiva in argento a Genova nel 1493. La grida ne dà il solo valore a soldi 20, ma tace del peso e titolo, che però l’autore in seguito a confronto con documenti piemontesi, si induce a ritenere in 13,448 per il primo, ed al titolo del grossone del 1490.

Ciò premesso, e sapendo che i multipli del testone collo stemma Adorno appartengono tutti alla prima serie, cioè a quella senza le stelle e colla base del grossone da soldi 157, ne viene di conseguenza che furono coniati prima del 1493: anzi ritengo di poterli avvicinare maggiormente alla prima emissione del testone a s. 15, per la considerazione che segue.

Dall’esame di una discreta quantità delle monete di G. Galeazzo e di Ludovico Sforza che si conservano nei medaglieri, e di quelle descritte nelle opere numismatiche e nei molti Cataloghi, avendo preso nota delle lettere di zecca, ho constatato quanto esporrò qui sotto.

1.° Nella serie delle monete del G. Galeazzo col grossone a s. 15, predomina assolutamente l’M P8 e non trovo che un solo N G ed un F S.

2.° Nella serie della lira genovese predomina invece l’F S, e non vedo che tre soli M P ed un N G.

3.° In quelle di Ludovico predomina l’N G con due esempi di M P.

Ne dedurrei che l’M P si trovasse ad essere soprastante quando s’incominciò a coniare la moneta col nome del Gian Galeazzo, e perciò i pezzi collo stemma che han tutti le sue iniziali, fossero coniati in principio di detta battitura.

Ricapitolando quanto si è detto, credo di poter con qualche fondamento dedurne, che l’Agostino Adorno abbia coniato a bella prima un ducato col proprio nome; che in seguito, coniando le prime monete della prima serie ducale, abbia messo lo stemma sui multipli del grossone, fatto non ripetuto neanche

nella seconda serie del 1493, avendone in prova un grossone da lire due descritto dall’Avignone senza stemma9. In ultimo, che egli abbia coniato i minuti a proprio nome per tutto il tempo che stette in carica, dal 1488 al 1499.

In conclusione, si trovano ad esser confermate, la prima delle nostre supposizioni, per l’oro e l’argento, e la seconda per i denarini.

Firenze, Novembre 1888.


  1. Sui più antichi Scudi d’Argento genovesi, VIII. Giornale ligustico Anno IV.
  2. Vedi il mezzo ducato edito dal Promis, T. II. N. 24, Dell’origine della Zecca di Genova, etc. Torino, 1871.
  3. Anno V. (1885), Annotazione X.
  4. V. Annotazione X, già citata.
  5. Atti della Società ligure di S. P. Vol. XIX, fasc. II, 3, penultima linea.
  6. Sui più antichi scudi, etc. già citato, VIII, 8° alinea.
  7. Fino ad ora se ne conoscono di tre specie. 1.° Quello che apparteneva alla Collezione Morbio, del valore di s. 60. — 2.° Quello della famiglia Adorno, s. 46. — 3.° Quello del Medagliere Reale Torinese s. 30.
    Tutte queste monete collo stemma, hanno le lettere M P in nesso (Manfredo Promontorio).
  8. Non tengo conto di un I P di un Catalogo perchè potrebbe esser un M P in nesso mal letto.
  9. Desimoni. Sui più antichi Scudi, etc. VIII 3° allinea.

Note

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