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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti d'alcuni arcadi più celebri/Vincenzo da Filicaja


VI


Nè fera tigre, che dagli occhi spire
     Rabbia e terror; nè sotto il sol più ardente
     Angue celato, che fischiando avvente
     Se stesso, e in piè si vibri alto, e s’adire:
5Nè accesa folgor, che i gran monti aprire
     Odasi; nè superbo ampio torrente,
     Che gli argin rotti baldanzosamente
     Scorra, e pel non suo letto erri e s’aggire,
Paventan sì l’impaurito armento,
     10E ’l timido arator, com’io l’ignuda
     Mia coscienza e gli error miei pavento:
Nè furia ultrice di pietà sì nuda
     Sta negli abissi, che di quel, ch’io sento
     Crudo interno dolor, non sia men cruda.

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