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Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1896

NECROLOGIE




GIUSEPPE FIORELLI.


Nacque Giuseppe Fiorelli in Napoli a 8 giugno 1823, ed in Napoli è morto a 29 gennajo 1896. Appena ventenne pubblicò le Osservazioni sopra talune monete rare di città greche (1843), a cui tennero dietro sollecitamente le Monete inedite dell'Italia antica (1840) e gli Annali di Numismatica {Vol. I, Roma 1846; Vol. II, Napoli. 1851). Questi primi lavori meritamente lo levarono in fama, sì che nel Congresso degli scienziati a Genova nel 1846 fu eletto Vice-presidente, e quasi al tempo stesso con quei titoli conseguì un ufficio nell’Amministrazione degli scavi di Pompei. Tale ufficio determinò quella che, cronologicamente, fu la seconda, ma che poi divenne la sua più alta vocazione: giacchè egli fu Numismatico per primo impulso come dimostrano i suoi studi giovanili, ma principalmente è stato l’esploratore massimo di Pompei.

Benchè avesse rivolta la mente così presto alla morta città, passò altro tempo prima che ei potesse renderle i suoi grandi servigi. Gli anni 1846-1848 gli servirono di raccoglimento e di preparazione; e in quel periodo ricade un fatto, che prova la sua attività straordinaria e la grande perizia acquistata nella conoscenza delle monete antiche. Nel Medagliere del Museo di Napoli stavano divise le monete secondo la loro provenienza: Farnesiane, Borgiane, Pompei, raccolta Arditi, Poli, dell’Università e moltissime altre. Volendo il Governo sapere quale ricchezza scientifica si racchiudesse in quei cento gruppi disordinatamente messi in sacchetti, armadi e cassette, furono incaricati di riunire ed ordinare le monete greche e romane il Fiorelli, e quelle del Medio Evo Giov. Vincenzo Fusco. A metà via questi dovette per infermità abbandonare il lavoro, ed il Fiorelli rimasto solo presentò dopo non più che un mese e mezzo l’Indice di tutte quante le monete, medaglie e suggelli, distribuito per città, popoli, re, imperatori, pontefici, dinasti, e dando per ogni linea di quell’Indice il numero e il metallo dei pezzi.

Nella reazione, che imperversò dopo il 1848, fu imprigionato per imputazione politica; assolto poi dai giudici, ricuperò la libertà, ma perdette il posto che aveva in Pompei. Dalla vita grama, alla quale per ciò fu ridotto, lo tolse il Conte di Siracusa, affidandogli lo scavo, che aveva allora intrapreso nella necropoli di Cuma. Per illustrare i preziosi monumenti, che da quelle tombe tornavano a luce, il Fiorelli pubblicò una Notizia dei vasi dipinti rinvenuti a Cuma nel MDCCCLVI, Napoli, 1857. Ma più che pel lavoro archeologico, si rese allora benemerito per l’influenza, che seppe acquistare su quel principe di casa Borbone, ispirandogli sensi di libertà e d’italianità. La quale influenza si riassume nelle due famose lettere, che nell’agosto del 1860 il Conte di Siracusa scrisse a suo nipote il re di Napoli per indurlo a rinunziare al trono ed a Vittorio Emanuele per fargli atto di sudditanza.

Nominato nel dicembre del 1860 Ispettore degli scavi, richiamò a nuova vita Pompei con una serie di riforme tecniche ed amministrative. Se l’esplorazione delle tombe di Cuma era stata anch’essa rivolta, come allora usava, alla semplice scoperta di vasi e di oggetti, il Fiorelli prepose al diseppellimento di Pompei scopi scientifici e topografici. Fra i suoi meriti maggiori sta l’avere aperto liberalmente agli studiosi di ogni parte del mondo quel campo di ricerche, mentre egli stesso vi attendeva con la sua alacrità consueta. Stampò la serie dei rapporti officiali su quegli scavi, che dal 1748 va al 1860 (Pompeianarum antiquitatum historia, 3 vol. 1860-64), scrisse un Giornale degli Scavi (1861-65), una Relazione su gli scavi di Pompei dal 1861 al 1872 (Napoli 1873), una Descrizione di Pompei (1875). La Relazione in cui divinò la forma primitiva della città, e stabilii criteri per la cronologia di quegli edifizi, contiene il lampo più vivido del suo ingegno, come il più splendido de’ suoi trovamenti fu la immagine autentica ed impressionante, che seppe dare della catastrofe vesuviana, applicando agli scheletri il procedimento della colatura del gesso, che li fa rivivere nelle forme e nelle contrazioni della loro agonia. Fece di Pompei un centro di studi, fondandovi col coi-redo di una Biblioteca una Scuola, che poi, riformata e ampliata, migrò in Roma dopo che l’Italia ebbe compiuta la sua unità nazionale.

Nella fine del 1863 il Fiorelli ebbe anche la Direzione del Museo Nazionale, lasciando l’insegnamento dell’Archeologia, che aveva tenuto nell’Università dal 29 ottobre 1860. Non venne meno a se stesso nel nuovo compito, anzi giustificò largamente la molta aspettativa, da cui era preceduto in quell’alto e contrastato seggio. Menò innanzi di pari passo il riordinamento delle collezioni, la stampa dei cataloghi scientifici e la decorazione delle sale, perchè fossero degne dei tesori che racchiudevano. I Cataloghi comprendono, oltre la Raccolta pornografica (1866), le Iscrizioni (1867-68) e le Armi antiche (1869), quasi tutto il Medagliere, cioè:

Matrici, punzoni e conii della R. Zecca (1866)
Collezione Santangelo, Monete greche (1866)
           „            „           del Medio Evo (1867)
Museo Nazionale, Monete greche (1870)
      »            »                »       romane (1870-71)
      »            »                »       del Medio Evo e moderne (1872).

In una tavola dei Monumenti dell’Istituto (Vol. VIII, tv. 48, Annali 1867, pg. 382) riunì le monete greche più pregevoli della Collezione Santangelo. E pubblicò, anche nel 1867, una Relazione delle scoverte archeologiche fatte in Italia dal 1846 al 1866.

Mentre Napoli aveva nel Museo Nazionale una delle più insigni raccolte di monumenti classici, mancava assolutamente di un Museo locale; questa lacuna colmò il Fiorelli fondando nella Certosa di S. Martino un Museo per i ricordi patrii. La nuova istituzione, mentre cresce ogni giorno d’importanza per quello che vi si va raccogliendo via via, ha reso l’altro servigio anche più prezioso di educare al rispetto per le patrie memorie una popolazione, che per l’innanzi troppo le aveva trascurate. Lo stesso amore per le cose patrie lo indusse a fare nuove indagini sul perimetro della Napoli greco-romana, e a prendere una parte attiva nelle Commissioni locali per la conservazione dei monumenti.

Questa vita del Fiorelli tutta intesa a Pompei, ai Musei ed ai monumenti di Napoli venne interrotta dal Ministro Bonghi, che volendo riordinare l’Amministrazione archeologica in Italia, chiamò nel 1875 il Fiorelli a Roma, e lo mise a capo della Direzione Generale da lui creata. In questo campo tanto vasto ed irto di difficoltà, egli portò la sua grande esperienza e lo zelo consueto. Per la pubblicazione delle scoverte archeologiche diede vita alle Notizie degli Scavi, che dal 1876 andò di mese in mese comunicando alla R. Accademia dei Lincei; e che senza dubbio sono il frutto più durevole della sua Direzione Generale. Anche preziosi sono i quattro volumi di Documenti inediti per servire alla storia dei Musei d’Italia (1878-1880).

Perduta quasi la vista, e tormentato da una infermità indomabile, lasciò Roma e gli uffizi pubblici nel 1891, per tornarsene in Napoli e vivere gli ultimi anni esclusivamente per la sua famiglia. Aveva raccolto con l’operosità instancabile, la specchiata onestà e i grandi servigi resi alla scienza ed air amministrazione tutti gli onori, che i Governi e le Accademie concedono ai più illustri. Nell’opinione universale egli è stato e resterà così strettamente legato a Pompei, che non si fa il nome di questa senza pensare a Fiorelli. Il Governo del Re, col Decreto del dì 8 ottobre 1865, gli dette il più eminente attestato di stima, ascrivendolo al Senato nella categoria ventesima, per meriti insigni. Ottenne, vivente, gli onori che sogliono aversi dopo morte: così nel Medagliere del Museo di Napoli i suoi amici ed ammiratori gli dedicarono un busto marmoreo nel 1874; i colleghi dell’Accademia dei Lincei gli fecero coniare una medaglia d’oro; e nel 1895 gli è stato eretto un busto in bronzo nel Foro di Pompei, che è stato scoperto nel momento stesso che alla sua salma si rendevano solenni onoranze.

Napoli, marzo 1896.

Giulio de Petra.               



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