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Nei giorni in cui Ci commoveva nel profondo del cuore la pubblica letizia per la Nostra esaltazione al Pontificato, non potemmo difenderci da un sentimento di dolore pensando che non poche famiglie dei Nostro Sudditi erano tenute indietro dal partecipare alla gioia comune, perché nella privazione dei conforti domestici portavano gran parte della pena da alcuno dei loro meritata offendendo l’ordine della società e i sacri diritti del legittimo Pontefice.
Volgemmo altresì uno sguardo compassionevole a molta inesperta gioventù, la quale, sebbene trascinata da fallaci lusinghe in mezzo ai tumulti politici, Ci pareva piuttosto sedotta che seduttrice. Perloché fin d’allora meditammo di stendere la mano e di offrire la pace del cuore a quei traviati figliuoli che volessero mostrarsi pentiti sinceramente. Ora l’affezione che il Nostro buon popolo Ci ha dimostrata, e i segni di costante venerazione che la Santa sede ne ha nella Nostra Persona ricevuti, Ci hanno persuasi che possiamo perdonare senza pericolo pubblico. Disponiamo e ordiniamo pertanto che i primordi del Nostro Pontificato siano solennizzati coi seguenti atti di grazia sovrana.
I. A tutti i nostri sudditi, che si trovano attualmente in luogo di punizione per delitti politici, condoniamo il rimanente della pena, purché facciano per iscritto solenne dichiarazione sul proprio onore di non volere in nessun modo né tempo abusare di questa grazia e di voler anzi fedelmente adempiere ogni dovere di buon Suddito.
II. Con la medesima condizione saranno riammessi nel Nostro Stato tutti quei Sudditi fuorusciti per titolo politico, i quali dentro il termine di un anno dalla pubblicazione della presente risoluzione, per mezzo dei Nunzii Apostolici o altri Rappresentanti della S. Sede, faranno conoscere nei modi convenienti il desiderio di profittare di questo atto di Nostra clemenza.
III. Assolviamo parimenti coloro che, per aver partecipato a qualche macchinazione contro lo Stato, si trovano vincolati da precetti politici, ovvero dichiarati incapaci degli uffici municipali.
IV. Intendiamo che siano troncate e soppresse le procedure criminali per delitti meramente politici non ancora compiute con un formale giudizio: e che i prevenuti siano liberamente dimessi a meno che alcuno di loro non domandi la continuazione del processo, nella speranza di mettere in chiaro la propria innocenza e di riacquistarne i diritti.
V. Non intendiamo peraltro che nelle disposizioni dei precedenti Articoli siano compresi quei pochissimi Ecclesiastici, Ufficiali Militari e Impiegati di Governo, i quali furono già condannati o sono profughi o sotto processo per delitti politici: e intorno a questi Ci riserbiamo di prendere altre determinazioni, quando la cognizione dei rispettivi titoli Ci consigli di farlo.
VI. Non vogliamo parimenti che nella grazia siano compresi i delitti comuni, di cui si fossero aggravati i condannati o prevenuti o fuorusciti politici; per questo intendiamo che abbiano piena esecuzione le leggi ordinarie.
Noi vogliamo avere fiducia che quelli che useranno della Nostra clemenza sapranno in ogni tempo rispettare i Nostri diritti e il proprio onore. Speriamo ancora che, rammolliti gli animi dal Nostro perdono, vorranno deporre questi odii civili che delle passioni politiche sono sempre o cagione o effetto: sicché si ricomponga veramente quel vincolo di pace da cui volle Iddio che siano stretti insieme tutti i figliuoli di un Padre. Dove però le nostre speranze in qualche parte fallissero, quantunque con acerbo dolore dell’animo Nostro, Ci ricorderemo pur sempre che se la clemenza è l’attributo più soave della Sovranità, la giustizia ne è il primo dovere.