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IL BANDELLO
al magnifico dottor di leggi
messer
francesco taverna
Si suole proverbialmente dire che il conseglio de le donne preso a l’improviso è salubre e buono, e che ciò che fanno senza pensarvi su si ritruova per l’ordinario ottimamente fatto. E di cotali azioni se ne danno infiniti essempi. Ma degli uomini dicono avvenire il contrario, con ciò sia che se l’uomo è per negoziare una cosa, che quella negoziazione tanto piú sempre riuscirá meglio a debito fine condotta, quanto che piú lungamente sará pensata e sovra quella discorso tutto quello che indi ne può nascere. Ed io certamente porto ferma openione che tutte l’opere cosi speculative come pratiche tanto sortiranno piú nobile e lodevole effetto, o siano discorse e messe in opera da le donne o dagli uomini, quanto che piú volte, prima che si facciano, saranno maturamente crivellate e fattovi sopra i convenevoli discorsi che se gli ricercano. Ci sono poi di quelli che sono di parer contrario, e ¡oro a modo veruno non piace che a l’improviso ed impensatamente sia possibile che si operi cosa buona, dicendo che la natura ci ha dato l’anima razionale con le sue divine e meravigliose potenze, a ciò che possiamo, sovra ciò che far intendiamo, pensatamente e con il lume de la ragione discorrere il bene e il male che da tale operazione potrá pervenire. Onde non consentono che il conseglio de le donne, dato senza i debiti discorsi del prò e del contra, possa esser buono. Dicono anco di piú: che assai sovente avverrá che un uomo discorrerá con vari argomenti sopra una cosa, e nondimeno, prendendo talora per fondamento vero alcuna proposizione che in effetto vera non è, i68 PARTE TERZA inavertentemente nel consegliare, o nel disporsi ad operare, gravemente errerà. Di queste openioni ragionandosi non è molto in una bella compagnia, messer Antonio Sbarroia mercadante genovese, volendo mostrare il conseglio de le donne preso a 1'improviso non esser per l’ordinario buono, narrò una novella avvenuta a Parigi, secondo che egli diceva, non è molto di tempo. Io, che presente ci era, la scrissi e al vostro nome intitolai in testimonio a la posterità de la nostra cambievole benevoglienza. Vi piacerà, quando talora stracco vi troverete da le frequenti consultazioni de le liti dei clientuli, leggerla e dar giudizio se la donna di cui ne la novella si parla prese buon conseglio o no. Ed a voi mi raccomando. State sano. NOVELLA VI In Parigi un servidore si giace con la padrona e, scopertosi il fatto, gli è tagliato il capo. Giovami credere, signori miei, che a la fine le cose d’alcuna importanza fatte a 1'improviso possano di rado sortir a buon fine, e che sempre non ci nasca qualche intrigo che poi ci apporti o danno o vergogna. E di questo ne veggiamo tutto il di chiarissimi essempi. Onde mi pare che si debbia imitare la bella sentenza del prencipe degli oratori greci, usurpata dapoi dal nostro ¡storico romano, la qual è: che prima che noi diamo principio ad una cosa, è necessario consegliarla, e poi che s’è consegliata maturamente, metterla in essecuzione. Il che se tutti facessero, non si commetteriano tanti errori quanti si fanno tutto il di. Ci è poi questo: che l'operazioni fatte col conseglio, se per caso non le segue il fine che si desidera, sono almeno di minor colpa riprensibili. Che per lo contrario, quando una cosa senza conseglio strabocchevolmente si fa, tutto '1 mondo, non avendo buon fine, la condanna e vitupera. Ora per venire al proposito degli effetti che senza pensarci su talora le donne fanno e che loro ne succede vergogna e danno, io vi vo’ narrare una pazzia che fece una donna. Vi dico adunque che ne la grande e ricca città di Parigi fu e forse ancora è un cittadino NO VELI. A VI 169 dei beni de la fortuna ben dotato, il quale aveva una bellissima moglie. Egli viveva in casa molto splendidamente e teneva di molti servidori e si dilettava forte del giuoco. Tra i servidori ce ne fu uno assai appariscente, il quale, a tutte l’ore veggendo la bellezza de la moglie del suo padrone, se ne invaghi di modo che in breve tempo s'accorse d’aver perduta la sua cara libertà. Pensando poi in qual maniera potesse pervenire al suo desiderato fine e molte vie e modi minutamente tra sé ravvolgendo, né gli parendo di trovar ispediente veruno buono per goder del suo amore, miseramente ne le cocenti fiamme del suo si fervente amore si consumava. Non ardiva l’impaniato giovine a commu- nicar questa sua acerba passione con persona, e meno era oso di scoprirsi a la sua donna; il che fuor di misura accresceva la sua pena, non la potendo a modo veruno sfogare. E quanto meno sperava tanto più il desio cresceva. Deliberò adunque la sua donna, in quanto poteva, servire, altra consolazione o conforto non sentendo che pascer gli occhi de l’amata vista. Cosi attendeva a servirla con quella diligenza e prestezza che sapeva la maggiore. La donna, che lo vedeva si pronto e assiduo al suo servigio, l’aveva molto più caro che altro servidore che in casa fosse, più oltre perciò 11011 pensando. Onde come voleva servigio alcuno, a lui sempre lo commetteva, trovandosi molto meglio da quello sodisfatta che da nessun altro. Egli, che si accorgeva di cotali favori, mirabilmente se ne contentava. 11 marito de la donna, come già v’ho detto, si dilettava molto del giuoco e spesso i suoi compagni teneva seco a mangiare e da loro anco era banchettato, e soleva bene spesso, quando fuor di casa cenava, non ritornare sino dopo mezza notte e talora più tardi assai. La moglie alcuna volta l’attendeva e talora, quando si sentiva sonno, si corcava. Avvenne una sera che il marito fu a cena altrove, come era suo consueto. La donna, poi che ella ebbe cenato, non ¡stette molto che vinta da la gravezza del sonno s’andò a dormire e nel letto si corcò. L’innamorato servidore, che in casa era e la donna aveva a la camera accompagnata, sapendo che il padrone non tornería cosi tosto, perché al banchetto ove era ito si recitavano alcune farse, i7o PARTE TERZA cominciò a pensare sovra il suo fervente amore e gli parve che se gli offerisse la commodità di poter goder la donna. Sapeva egli in camera di quella non ci esser persona ed aveva più volte veduto, quando il padrone la notte tornava a casa e trovava la moglie esser a letto, che con minor strepito che fosse possibile, trovata sempre la camera non fermata, entrava dentro e, per non isvegliarla, chetissimamente se le corcava a lato. Su questo pensiero l’innamorato giovine farneticando e mille cose ne l’animo ravvolgendo, a la fine si determinò di non perder questa occasione. Spoliatosi adunque ne l’anticamera, entrò poi in quella de la donna e, sapendo come era situata, senza remore a lato a la donna, entrando nel letto, si mise e senti che quella punto non era desta, ma che quetamente dormiva. Stette un pochette sovra di sé; dapoi fatto bonissimo animo, cominciò a basciarla amorosamente ed abbracciarla. La donna si destò e, credendo aver il marito appresso, riabbracciava e con mille saporiti baci a la mutola festeggiava il suo amante. Egli, che in uno amplissimo e profondo mare di gioia si trovava, cominciò amorosamente di lei a prender piacere. E trovando molto miglior pastura di quello che imaginato s’era, in poco di tempo cinque volte con la sua donna con gran piacere diede la farina al suo cavallo. E non si sapendo levar da lato a lei, fu cagione di esser, dopo, morto. Poteva egli dopo che buona pezza s’era trastullato, fingendo d’aver alcun bisogno, levarsi e andar via; ma accecato da la grandezza del diletto non si sapeva partire. La donna a cui pareva pur di strano giocare a la mutola tanti giuochi e che in simili abbracciamenti soleva col marito scherzando favoleggiare, o che le paresse che colui che seco era avesse seco fatta più gagliarda giacitura che il marito non era uso di fare, disse a l'amante: — Monsignor mio, che cosa è questa, che voi non dite nulla? Come è stato il banchetto bello? e la farsa come è riuscita bene? Parlate. Séte voi si tosto divenuto mutolo? — Il giovine non sapeva cosa che dirsi. A la fine, stimolato da la donna, disse chi egli fosse. E volendo narrarle il suo fervente amore, entrò la donna in tanta rabbia e tanto furore che pareva che innanzi agli occhi ella avesse il marito e i figliuoli tagliati a NOVELLA VI 171 pezzi. Vinta da la còlerà saltò, gridando, fuor del letto e, mal consegliata, aperse la finestra de la camera che rispondeva suso una strada publica, e cominciò come forsennata quanto più poteva a gridare e chiamar i vicini e far levar quelli di casa. Il giovine, in si fatto laberinto trovandosi, subito si vesti. Ed avendo di già le serventi de la casa per comandamento de la padrona aperta la porta, entrarono alcuni de la contrada con lumi in casa e, montando la scala, incontrarono il giovine che a basso discendeva e gli domandarono che romore fosse quello. Egli disse loro che la madonna aveva trovato un ladrone; e disceso a basso, se n’andò errando da mezza notte per Parigi ove i piedi lo menavano. E stracco da la soverchia fatica durata, vicino al palazzo di Parigi si pose a sedere sovra un pancone di quelle botteghe che vicine al palazzo sono, e quivi vinto dal sonno s'addormentò. Erano in casa de la donna entrati molti vicini e le domandavano che cosa avesse. Ella, piena di tanta stizza, di còlerà e di sdegno che non vedeva lume, miseramente piangendo, lacerandosi la cuffia del capo, sterpandosi i capegli e furiosamente dibattendo le mani, scoperse fuori di proposito a tutti la sua vergogna e disse loro come il fatto del ribaldo servidore era successo. Parve a tutti la cosa molto strana, e mentre che attendevano a consolarla sovravenne di lei il marito, il quale, trovata aperta la porta a quell'ora e sentito il romore che in casa era, forte si meravigliò. Entrato dentro e montata la scala, udi da la pazza moglie cosa che di udire non aspettava già mai. Qual fosse il dolore che egli a cosi brutto annonzio senti, pensilo chi moglie aver si trova, se simil vergogna di lei sentisse. Domandò ove il manegoldo fosse ito, e non gli sapendo nessuno dire che camino avesse tenuto se non che era uscito di casa, fece che gli altri servidori ed alcuni dei vicini domestici lo seguirono, e si mise andar per Parigi cercando Io sciagurato servidore. Andando il padrone or qua or là, si abbatté a punto a la bottega ove il misero servidore sul pancone dormiva e, riconosciutolo, lo fece prendere e di buon matino lo presentò a la giustizia, accusandolo com'ispugnatore de l’altrui pudicizia e adultero. Essaminato, secondo che ebbe ardire di far 172 PAKTK TERZA il misfatto che fece, non ebbe animo di negarlo; onde segui che dal senato fu giudicato che gli fosse mózzo il capo publicamente. Il che fu messo ad essecuzione, di modo che per un poco di carnale diletto perdette la vita, essendogli tagliata la testa. Ora che diremo noi di questa pazza femina? Dico pazza veramente, perciò che volle a 1’improviso seguire la Volgata openione: che il conseglio de le donne senza pensarvi su sia meglio di quello che su vi si pensa. Se avesse considerato che già il servidore aveva preso di lei amoroso piacere e che ciò che fatto era non era possibile che non fosse fatto, ella averia taciuto il suo errore e non si saria a tutto Parigi fatta publicare del modo che fece, con periglio che il marito sempre di lei avesse sospetto e sempre per l'avvenire poco conto ne tenesse, dubitando che, una volta avendo provato un altro uomo che lui, non le venisse voglia d'isperimentarne qualche altro, come molte sovente fanno.