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Novella X - Fra Bernardino da Feltro, volendo porre San Francesco sovra tutti i Santi, è da uno scolare beffato
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IL BANDELLO

al reverendo dottore teologo

frate cristoforo bandello

ministro de la provincia di Genova de l'ordine minore

salute


Se papa Lione decimo pontefice massimo, nel principio che Martino Lutero cominciò a sparger il pestifero veleno de le sue eresie, avesse prestato benigne orecchie al maestro del sacro palazzo, era cosa assai facile ad ammorzar quelle nascenti fiamme, che ora tanto sono accresciute che, se Dio non ci mette la mano, elle sono piú tosto per pigliar accrescimento che per iscemarsi. E certamente io non so giá che spirito fosse quello di Lutero, che tanti ammirano come se egli fosse stato qualche acuto dialettico, ingegnoso filosofo o profondo teologo, non avendo egli in tante varie sue sciocchezze trovato mai da sé una sola ragione almeno apparente, ma rinnovate le false openioni da tanti sacri concili generali ed ultimamente da quello di Costanza riprobate e dannate. Ché il séguito che egli ha, da altro non viene se non che egli e i suoi seguaci aprono la via d’un vivere licenzioso e lascivo. Egli nel vero è da esser biasimato, e in conto alcuno non si de’ dar udienza a le sue favole che tutte sono senza vero fondamento. Non negherò giá che la mala vita de le persone ecclesiastiche non sia di scandalo a le menti non ben fondate; ma non per questo debbiamo dai nostri maggiori tralignare. Deveriano anco questi indiscreti ed ignoranti frati, quando sono in pergamo, diligentemente avvertire che non dicessero cosa al popolo che potesse partorir scandalo, e secondo che deveno incitare gli auditori a divozione, non gli provocare al rider dissoluto, che è cagione che a’ nostri giorni le cose de la fede sono in poco prezzo. Io non vo’ per ora dire degli PARTE TERZA errori che gli idioti spesso in pergamo dicono, ma dirò di quelli che, poco discreti, vanno dietro a certe favole che mettono le predicazioni in deriso: come in Pavia intervenne a fra Bernardino da Feltro, per quello ch’io sentii un di narrare a fra Filippo da San Colombano, frate minore dai zoccoli, il quale nel loro luogo del Giardino in Milano, essendo in compagnia d'alcuni gentiluomini, per dargli un poco di ricreazione, narrò la cosa come fu, essendo a quei giorni egli scolare legista in Pavia. E perché è cosa da notare, l’ho voluta mandare a donarvela a ciò che, secondo che d’un sangue siamo, siate anco partecipe de le mie novelle. Stato sano. NOVELLA X Fra Bernardino da Feltro volendo porre san Francesco sovra tutti i santi è da uno scolare beffalo. Devete, signori miei, sapere che, essendo io ancora secolare e stando in Pavia ad udir le leggi civili, frate Bernardino da Feltro, uomo ne la religione nostra di grandissima stima, predicò tutto un anno ne la chiesa maggiore di Pavia, con tanto concorso che maggiore mai non fu in quella città veduto. Egli aveva l’anno innanzi predicato in Brescia e fatto publicamente su la piazza ardere quei capelli morti che tutte le donne avevano in diverse fogge in capo, che per accrescer la nativa loro beltà solevano portare, ed arso anco simili altre vanità donnesche. Fece anco arder quanti libri degli epigrammi di Marziale erano in quella città, e molte altre cose degne di memoria fece. Ora essendo egli il giorno del nostro serafico padre san Francesco in pergamo in Pavia, ove tutto il popolo era concorso, entrò a dire de le molte vertuti di san Francesco; ed avendone detto pur assai e narrati molti miracoli che in vita e dopo la morte fatti aveva, gli diede tutte quelle lodi, eccellenze e de- gnità che a tanta santità di cosi glorioso padre convenivano. Ed avendo con efficacissime ragioni, autorità ed essempi provato che egli era pieno di tutte le grazie e tutto serafico ed ardente di carità, entrò in un grandissimo fervore e disse: — Che seggio NOVELLA X 189 ti daremo oggi nel cielo, padre mio santissimo? ove ti metteremo, o vaso pieno d’ogni grazia? eli e luogo trovaremo noi conveniente a tanta santità? — E cominciando da le vergini, ascese ai confessori, ai martiri, agli apostoli, a san Giovanni Battista ed altri profeti e patriarchi, dimostrando tuttavia che più onorato luogo san Francesco meritava. Ed in questo cominciò, la voce inalzando, a dire: — O santo veramente gloriosissimo, le cui santissime doti e singolarissimi meriti e la conformità de la tua vita a Cristo sovra tutti gli altri santi t’essaltano, qual luogo trovaremo a tanta eccellenza convenevole? dimmi, popolo mio, ove 10 metteremo? ditemi voi, signori scolari che d’elevato ingegno séte, dove porremo questo santissimo santo? — In questo messer Paolo Taegio, alora scolare ne le leggi e oggi dottore in Milano famosissimo, che sedeva suso uno scanno di rimpetto al pergamo, essendo fastidito da le inutili e indiscrete ciancie del frate e forse dubitando che non lo volesse metter sopra od almeno a paro de la santa Trinità, levandosi in piedi, preso lo scanno con due mani e in alto levandolo, disse si forte che fu da tutto 11 popolo udito: — Padre mio, di grazia, non v’affaticate più in cercar seggio a san Francesco. Eccovi il mio scanno: mettetelo qui su e potrà sedere, ché io me ne vo. — E partendosi, fu cagione che ciascuno si levò e il popolo di chiesa si parti. Onde fu mestieri che il feltrino, senza trovar luogo al suo santo, se ne dismontasse del perga'mo e tutto confuso a San Giacomo se ne ritornasse. Onde si vuol ben considerare ciò che in pergamo l’uomo dice, a ciò che l’indiscrete predicazioni non facciano venir in deriso il verbo di Dio

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