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IL SALUTO


i


E il giorno avanti le sue nozze in fiore
rivide, errando per il colle e il piano,
3ciò ch’ella amava, e che non era amore.

E salutò coi cenni della mano
la vigna verde che le dava il vino,
6il campo grande che le dava il grano;

e il melograno rosso e il biancospino
della sua siepe, e il campo così smorto,
9in cui fiorì come un bel cielo il lino:

ciò ch’era morto e ciò ch’era risorto,
ciò che nasceva e che moriva al sole,
12la selva, il prato, l’oliveta e l’orto.

Di fiori, c’era un alto girasole,
nell’orto, e qualche zinia ed astro in boccia.
15Tutto era colto... A lei con l’ali sole

corse, tra un rotto pigolìo, la chioccia.


ii


Salutò l’aia, il pozzo, a tutte l’ore
gemente e fresco, e la sua casa oh! tanto
19e tanto amata! ma non era amore;

la cameretta, il letto a due, col Santo
che v’era in cima. Il capo sulla sponda,
22piangeva, ed ecco udiva un altro pianto.

“Oh! ella aspetta sempre che risponda
il vitellino!„ Era, quel pianto, un muglio.
25Un muglio sì, ma era la sua Bionda!

Scese, e facea per lei qualche cerfuglio
e qualche frasca. Ecco un ronzìo sonoro.
28Era uno sciame che sciamava in luglio.

Ronzare udiva quello sciame d’oro,
e la sua mucca riudì mugliare.
31Rondini udiva cinguettare in coro,

venute al nido sopra il vento e il mare.


iii


Ed il domani baciò Nando e Dore
che scappò, il babbo a cui ballava il mento;
35che amava, oh! quanto!, ma non era amore.


Ei disse: “Gioia dentro, lume spento„.
Baciò la madre, che la benedisse;
38E Violetta, col suo viso attento,

tacita, grave, le pupille fisse.

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