< Nuovi poemetti
Questo testo è stato riletto e controllato.
Il naufrago Zi Meo

LA MORTE DEL PAPA1


i


“Oh! nonna! il Papa„ uno gridò “sta male!„2
un seggiolaio che da Montebono
3salìa lungo Corsonna; “è sul giornale„.

Andava all’Alpe, dove più non sono
che greggi erranti, e dove non si sente,
6fuor che di foglie al vento, altro frastuono;

o il solitario scroscio del torrente
dopo un’acquata, o il conversar tranquillo,
9presso le bianche nuvole, di gente,

che non si vede, intorno cui lo squillo
de’ campanacci va per le pratina3
12odorate di menta e di serpillo.

La vecchietta filava. A lei vicina
una sua pecorella da guadagno
15strappava ciuffi d’erba pannocchina.


Essa filava all’ombra d’un castagno
centenario, e parlava alla sua recchia4.
18Infilato nel braccio era il cavagno.

E tra ch’ell’era dura un po’ d’orecchia,
e che il cielo echeggiava di cicale,
21aspre5 dal sole, a mezzodì; la vecchia

“Chi?„ disse. “Il Papa„ “Il Papa, che?„ “Sta male„.


ii


Alzò le braccia col cavagno e il fuso,
al cielo azzurro, e mormorò: “Madonna
25del Carmine!„ La recchia levò il muso.

“Siete d’età„6 l’uomo riprese “eh nonna?
Ma voi siete altra tiglia!7 A voi fa prode8
28l’aria di monte e l’acqua di Corsonna„.

Ma la vecchina non sentì la lode.
Smerlucciò9 tra i castagni, quasi intorno
31fosse, a qualch’ombra, l’angiolo custode.

Ell’era nata lo stesso anno e giorno!
E da vent’anni le diceva il cuore
34che farebbero insieme anche il ritorno.


“O dunque c’è la diceria, che muore?„
“Più troppo!„10 Dunque non vedrebbe il rosso
37delle fragole e il nero delle more!

“Addio ’n salute!„ “Addio„. L’uno pel fosso,
e l’altra prese per uno sgaruglio.11
40Avea le gambe flosce, il fiato grosso.

Tornava a casa. O Vergine di luglio!
o bianca nuviletta del Carmelo!
43La recchia dietro lei qualche cespuglio

brucava, e poi stradava12 con un belo.


iii


Ta ta, Nina, ta ta„ Come gagliardi
eran quei tre castagni suoi! Che mésse!13
47Che cimi! E la chioccetta era nei cardi!

Il suo figliolo quando vi cogliesse,
nella sera che accecano il metato,14
50sì, penserebbe a farle dir due mésse.

Buttar due lire uguanno non fa stato.
Uguanno15 è annata16, se non è lo strino17
53che c’entri prima ch’abbiano animato.


La vecchietta era giunta al casalino;18
ma non l’antico suo paiòl di rame
56appese alla catena del camino.

Era avvilita,19 e non le facea fame!
Mise un lenzuolo bianco al sacconcello,
59ma prima un poco ne rumò20 lo strame.

Poi si portò su l’uscio uno sgabello.
Sedè movendo ad or ad or la bocca.
62Aspettò che venisse il suo gemello.

Sgranava qualche rappa21 nella cocca
del pannello, e chiamava Curre! Curre!22
65Poi, rinfilata nel pensier23 la rocca,

filava in mezzo alle montagne azzurre.


iv


Dan dan... dan dan... Passava un carbonaio
col suo muletto. “O Chiozza, se vedete
69il Ciampa, il mi’ figliolo di Renaio,

ditegli, se non è per le faggete,
che non l’ho visto da non so mai quanto,
72e che cammini. E ditel anco al prete.

Venga di quella via con l’olio santo„
“Servirò. Ma che avete? O che vi sente?„
75“O Chiozza, è l’ora che par poco il tanto!„

“Che dite, nonna?„ “Anzi non par più niente!„
“Coraggio!„ “Più che vecchi, non si campa.
78Da Roma il Papa ha da venire... „ “O gente!„

“E voi sapete leggere?„ “La stampa„
“Che scrivono?„ “Che muore„ “Ecco tra poco
81andrò con lui. Se lo vedete, il Ciampa,

il mi’ figliolo... „ Ella parlava fioco,
l’altro ripiva.24 Le montagne in faccia
84brillavano d’un grande orlo di fuoco.

Dan dan... Sul petto ella piegò le braccia.
Dovean sonare Avemarie dintorno.
87Dan dan... dan dan... Era finita l’accia,

e pieno il fuso, e terminato il giorno.


v


Il giorno dopo il Ciampa (era ai vincigli25
poco lontano) entrò senza picchiare
91col più piccino dei suoi sottofigli.26


La trovò che sfaceva col cucchiare
nel laveggino nero una brancata27
94di farina, in ginocchio al focolare.

“Ch’ha detto il Chiozza, ch’èrite malata?„
“Oh! Gigi! Ahimè che tremo28 ho fatto! Provo
97“se mi fa bono un po’ di farinata„

“Più bono, o mamma, vi farebbe un ovo„
“Con l’ova abbiamo da comprare il sale„
100“O dunque, mamma, cosa c’è di novo?„

“Forse, figliolo, c’è più ben che male„
“Dio v’ascolti„ “O codesto rapacchiotto?„29
103“È il Gigino del mi’ pover30 Natale„

“Dio lo riposi. E in quanti sono?„ “In otto„
"Polenta vi ci vuole ora e coraggio!„
106“Su dunque, Nini: porgigli il ricotto„.31

Nelle sue frasche e’ lo tenea, di faggio,
verdi, col cimo32 in dentro e fuori il calcio:33
109un fardelletto bello come un maggio,34

legato con un torchiettin35 di salcio.


vi


Ella guardò, mestando. “O che gli porti,
Nini, alla nonna? O che tu l’hai saputo
113ch’io vado in pace, a ritrovare i morti?

Che glielo faccio a babbo, omo, un saluto?
Che gli dico del bimbo? Eh! gli vuol detto
116ch’è savio, che dà retta, ch’è d’aiuto;

ch’ha il grembialino,36 ch’ha il rastellinetto,37
che va colle sue genti alle faccende,
119anco alla ruspa38 dopo fatto appietto;39

e ch’abbada alle pecore, e contende40
se vanno al danno,41 e poi che fa in Corsonna
122le vetrici e le monda e le rivende.

Va colassù, va colassù, la nonna,
con uno che ci sa;42 che può, se vuole,
125anco portarla avanti alla Madonna.

Da lui si farà dire le parole
per benedire i figli de’ suoi figli
128coi lor figlioli e colle lor figliole;

perchè Dio vi protegga e vi consigli,
e abbiate ogni anno lo stabbiato43 e il frutto,
131e lana e legna, e le fronde e i vincigli,

e la polenta d’ogni giorno, e tutto„.


vii


La fronte e gli occhi si spazzò col dosso
della mano. S’alzò. Prese in un godo44
135del soppianello45 due cucchiai di bosso.

Prese anche il suo ch’era attaccato al chiodo.
Staccò il laveggio, a stento, dall’uncino:
138riempì tre pianette:46 il tutto a modo.

Poi prese il fior di latte: anche, a modino,
aprì le frasche, e giù, per non lo sfare,
141lo sbacchiò sopra un borracciòl47 di lino.

E mangiarono avanti il focolare
in pace e amore, con di tanto in tanto
144quattro parole, a cucchiaiate rare.

Il bimbo in terra era seduto accanto
alla bisnonna, e spesso dalle dita
147di lei pigliava un suo bocconcin santo.48

L’uscio era aperto. I fior di margherita
non aprivano ancora le corolle
150di su le crepe della soglia erbita.

Brillava al sole ogni albero, ogni colle;
ma la casuccia si godeva ancora
153l’ombra sua propria, piccola, ancor molle

della guazza caduta in su l’aurora.


viii


“Sentite, Gigi. La recchietta voglio
che la meniate ora con voi nel branco.
157È avvezza a qualche filo di trifoglio... „

Un po’ di tela c’è tavìa49 nel banco.50
Ho due lenzuola nove; anco un rotello,51
160da tanto tempo, ch’ha riperso il bianco.

Ci troverete qualche buon guarnello,
persino una sottana con la gala,
163che mi son fatte, là per là, bel bello.

Faccio per dire che non son cicala
ch’ha un sol vestito, e quando è liso,52 muore.
166Ma poi, sentite: penso a quella scala...

Ditelo, Gigi, con le vostre nuore,
che quell’andare su la scala in chiesa,
169così legata, m’è una spina al cuore!

Almeno almeno, senza vostra spesa,
vuo’ per amor di Dio che mi mettiate
172quella camicia nova ch’è lì stesa.

Io l’ho cucita, al sole della state;
io l’ho sbiancata, al lume della luna;
175io l’ho tessuta, per le gran nevate;

filata, presso qualche vostra cuna„.


ix


Il bimbo era lì fuori. Ella più presso
si fece al vecchio. “A Dio non si nasconde
179quello che al prete, ed anche a voi confesso.

Ho fatto a volte un carico di fronde
in quel del Maso„ “Un carichello!„ “Ho colte
182nel suo, prima dell’alba, le sue gronde„53

“Altro che gronde, il pover Maso!„ “A volte,
per due fagioli, m’allungavo all’orto.
185Menavo a bere le mie bestie sciolte... „

“Ma il pover Maso... „ “Il pover Maso è morto!
Fatemi dir due Messe, una per Maso,
188una per me... „ “Si fanno dire accorto„.54

Erano usciti. “Siete persuaso?„
“Sì„ "La recchietta vuol55 menata a mano
191su le prime„ “Si sa„ “Fatene caso„

"Addio, madre„ "Addio Gigi... State sano.
Addio, Nina. O che beli? Io mi contento
194d’ire con lui che sta così lontano!„.

Ai monti sparsi d’un vapor d’argento
ella accennava con la mano arsita,
197e foglie secche, mosse un po’ dal vento,

parean in aria le sue cinque dita.


x


Quel giorno un tuono rimbombò che scosse
l’alta montagna, e, terminato il tuono,
201invïò l’acqua a gocce rade e grosse.

Ed un’acquata venne giù col suono
d’un gran passaggio con un grande struscio.
204A sera il tempo era tornato al buono.

Il cielo aveva l’iridi del guscio
di madreperla. Stava lì tranquilla
207nel suo lettino, con aperto l’uscio,

la vecchina, se udisse ora la squilla
del sagrestano, se vedesse alfine
210venir l’ombrella color bianco e lilla,

salir di qua di là tante stelline,
salir cantando, con in mano un cero,
213una fila di donne e di bambine.

E già scuriva. E sì, vedeva, in vero,
splender ora più fitte ora più rare
216le luccioline avanti l’uscio nero.

Quante candele c’erano al sogliare!
Udiva, sì, cantare; ma lontane
219erano ancora, colaggiù; cantare

cantare le ranelle con le rane.


xi


E levò gli occhi, e ravvisò la strada,
nel cielo azzurro, tra le stelle ardenti
223bianca ma quasi molle di rugiada,

la tacita sul sonno delle genti
strada di Roma. Un tratto ne lucea
226nel breve spazio in mezzo ai due battenti:

un sentieròlo con una macea,56
lassù nel cielo: un pallido biancore
229presso le stelle di Cassiopea.

Al capo della via, forse a quell’ore
prendea con le due mani il pastorale,
232e si levava su forse il pastore.

Forse veniva tra un sussurro d’ale
d’angeli per l’azzurro cielo, e un coro
235d’anime nel silenzio siderale.

E passando cantavano, V’adoro
ogni momento... sopra gli alti monti.
238Ed egli aveva la sua mitria d’oro.

Spledean le selve, risplendean le fonti,
al suo passaggio, d’un baglior fugace
241che ancor passava su le bianche fronti

d’uomini e donne addormentati in pace.


xii


Per quella via... Ma quella era la via
dell’Universo, l’alta sui burroni
245dell’Infinito ignota Galaxìa:

e prima d’essa Cani Idre Leoni,
raggianti nelle tenebre celesti,
248gelide: stelle, costellazïoni:

Soli: sciami di Soli, anzi, con mesti
pianeti ognuno, dove il fuoco primo
251par che si spenga e che l’amor si desti;

dove marcisce il puro fuoco in limo
di vita, impuro, su cui vola forse
254l’uomo con l’ali, o sguazza il fauno simo.

Le costellazïoni indi trascorse,
dalla fulgida Lira alla Carena,
257dalla fulgida Croce alle grandi Orse;

ecco la fitta polvere, la rena
ogni cui grano è Mondo che sfavilla
260nella sua solitudine serena;

dove pare un pulviscolo, una stilla,
il nostro cielo dalla volta immensa...
263se pur là c’è la notte, una pupilla

nell’ombra, uno che veglia, uno che pensa!


xiii


E la vecchietta, dietro il suo pensiero,
guardando in cielo, ora vedea sè stessa
267non così vecchia, su per un sentiero.

Andava col su’ omo,57 era ben messa,
incignava quel giorno anzi un guarnello:
270andava a su per ascoltar la messa.

Lo conosceva quel vïotterello:
era pieno di fragole e di more.
273Quasi quasi n’empiva il suo pannello.58

Ma poi ben altro le diceva il cuore,
perchè sentiva scampanare a festa:
276era la festa delle Quarant’ore.

Ella saliva i poggi lesta lesta,
cantarellando: fresca come brina;
279ma in fondo al cuore era tra lieta e mesta.

E si trovava povera bambina:
frignava, dicea Pappa, dicea Bombo:
282un’altra voce ripetea: Cammina!

Tremava in aria più vicino il rombo
del doppio. Lesta, chè non è lontano!
285Sì, ma le sue gambette erano un piombo.

Allor sua mamma la pigliò per mano.


xiv


Una sua nuora, lì con la sua rócca,
c’era a vegliarla. Ad or ad or lo sputo
289dava alle dita e due prilli alla cocca:

Svagellava, la nonna. Ogni minuto
parea l’ultimo. All’ultimo ecco a stento
292aperse gli occhi. Essa lo avea veduto!

Il Papa! Era per l’Alpe, era tra il vento
gelido, anch’esso, era piccino e stanco,
295sfinito morto, ma parea contento.

Come accaldato! Aveva corso in branco
co’ suoi compagni: aveva il capo in fiamma.
298Ora sudava freddo; e con un bianco

lino la fronte gli tergea sua mamma.

  1. [p. 231 modifica]Vorrei che il lettore ricordasse certi particolari della morte di Papa Leone; per esempio questo: “Ricordò, tra l’altro, come all’età di otto anni... fosse colto da grave malore per una scalmanata presasi... correndo all’impazzata con alcuni suoi giovani amici... Il Papa è da stamane in preda da un delirio calmo, con brevi momenti di conoscenza„. (Tribuna del 15 luglio 1903). Morendo si torna bambini.
  2. [p. 232 modifica]male (stare): star molto male!
  3. [p. 233 modifica]pratina: plur. neutro.
  4. [p. 233 modifica]recchia: (da reicula?): pecora che non fa ancora.
  5. [p. 231 modifica]aspro: irruvidito.
  6. [p. 232 modifica]età (esser d’): della stessa età.
  7. [p. 233 modifica]tiglia: filamento della canapa.
  8. [p. 233 modifica]prode: pro’.
  9. [p. 233 modifica]smerlucciare: guardar qua e là in sospetto.
  10. [p. 233 modifica]troppo (più). Così dicono, non pur troppo.
  11. [p. 233 modifica]sgaruglio: viottola dirupata.
  12. [p. 233 modifica]stradare: continuare la strada.
  13. [p. 232 modifica]messe: polle, talle, vermelle.
  14. [p. 231 modifica]accecare il metato: accendere il fuoco nel seccatoio delle castagne.
  15. [p. 233 modifica]uguanno: quest’anno.
  16. [p. 231 modifica]annata (è): sott. buona, piena.
  17. [p. 233 modifica]strino: peronospora.
  18. [p. 232 modifica]casalino: casuccia.
  19. [p. 232 modifica]avvilito: cascante di debolezza.
  20. [p. 233 modifica]rumare: frugare.
  21. [p. 233 modifica]rappa: spiga o pannocchia.
  22. [p. 232 modifica]Curre! Curre!: grido per chiamar le galline, che da ciò si chiamano anche currine.
  23. [p. 232 modifica]pensiere: cappiettino per infilarvi la rocca.
  24. [p. 233 modifica]ripire: salire.
  25. [p. 233 modifica]vincigli: rami di castagno, serbati al verno, per cibo alle bestie.
  26. [p. 233 modifica]sottofigli: figli de’ figli, nepoti abiatici.
  27. [p. 232 modifica]brancata: una mano.
  28. [p. 233 modifica]trèmo: tremito, scossone.
  29. [p. 233 modifica]rapacchiotto: bel figliolone.
  30. [p. 232 modifica]pover (il): il fu.
  31. [p. 233 modifica]ricotto: non ricotta: latte ricotto.
  32. [p. 232 modifica]cimo: così, non cima, se è di foglie e d’alberi.
  33. [p. 232 modifica]calcio: come a dire, il piede: contrario di cimo.
  34. [p. 232 modifica]maggio o maggino: ramoscello fiorito.
  35. [p. 233 modifica]torchiettino: da torchio: legame.
  36. [p. 232 modifica]grembialino: piccolo grembiale per riporvi le castagne.
  37. [p. 233 modifica]rastellinetto: piccolo rastello o ruspa per trovar le castagne in terra tra il mustio e le foglie.
  38. [p. 233 modifica]ruspa (alla): a cercar le castagne dopo la colta definitiva.
  39. [p. 231 modifica]appietto (fare): far la còlta definitiva.
  40. [p. 232 modifica]contende: sgrida.
  41. [p. 232 modifica]danno (al): per es. a mangiar pampane, granturco.
  42. [p. 233 modifica]sa (ci): conosce la strada.
  43. [p. 233 modifica]stabbiato: il fimo delle pecore.
  44. [p. 232 modifica]godo: scompartimento.
  45. [p. 233 modifica]soppianello: specie di piccola madia.
  46. [p. 232 modifica]pianette: scodelle.
  47. [p. 232 modifica]borracciòlo: canovaccio.
  48. [p. 232 modifica]bocconcin santo: un buon boccone che si tiene per l’ultimo.
  49. [p. 233 modifica]tavìa: tuttavia.
  50. [p. 232 modifica]banco: armadio per la biancheria, per le vesti ecc.
  51. [p. 233 modifica]rotello: da noi romagnoli, torsello. Rotolo di tela.
  52. [p. 232 modifica]liso: rotto o ragnato: si dice dei drappi.
  53. [p. 232 modifica]gronde: i luoghi dove sono a confino i castagni. Le castagne sono di chi possiede, non l’albero donde cascano, ma il terreno dove cascano.
  54. [p. 231 modifica]accòrto: facile, speditamente. Le gambe di Lano (Inf. 13, 120) non erano spedite? E Dante dice: accorte.
  55. [p. 233 modifica]vuol: con un participio: sott. essere.
  56. [p. 232 modifica]macèa: muricciolo a secco, pieno d’erba.
  57. [p. 232 modifica]omo, mi’ omo: si dice, scherzosamente, ai bambini, quasi a dichiararli l’aiuto di casa.
  58. [p. 232 modifica]pannello: grembiule.

Note

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.