Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Un filosofo in erba | Le commedie immorali | ► |
Un uomo serio
I.
— E vostro marito che fa? — domandò Ginesio, guardando attentamente l’orologio, Come una persona che abbia paura di perdere il treno della strada ferrata. — E la sua mercatura delle pelli va sempre bene?
— Pare che sia deciso di lasciarla, — rispose Clarenza, con un sospiro di contentezza.
— Lasciarla? e perchè?
— Per potersi dedicare interamente alla vita politica.
— Come! Federigo lascia le pelli per la politica? Un brutto baratto, cara mia: se ne avvedrà al bilancio. E la Norina?
— Sta sempre in casa con noi.
— Non si è rimaritata?
— Per ora no.
— Mi fa specie! Così giovine e così graziosa!
— Vi dirò, mia sorella è una buonissima figliola, ma sta male qui! — e la Clarenza si toccò con un dito in mezzo alla fronte, pantomima semplicissima che serve per fare intendere che una persona ha poco giudizio. — La Norina, in certe cose, è una bambina! una bambina di dodici anni! —
Appena la Clarenza ebbe detto così, si alzò in punta di piedi e andò a dare un’occhiata fuori della porta di sala.
— Che cosa significa tutto codesto mistero? Mi par d’essere alla commedia, — disse Ginesio ridendo.
— C’è la sua ragione, — rispose Clarenza, abbassando la voce. — bisogna sapere che la Norina, fin da piccola, ha avuto sempre la smania di stare dietro agli usci a sentire i discorsi che si fanno....
— Nossignora, nossignora! — gridò la Norina, entrando in sala tutta impermalita. — Io non l’ho avuta mai codesta smania! Qualche volta mi può essere accaduto.... ma per disgrazia.
— Si stava giusto parlando di te.
— Lo so.... cioè me lo figuro.
— Raccontavo al signor Ginesio il grande sproposito che hai fatto.
— Quale sproposito?
— Quello di aver disgustato....
— Chi? Valerio?
— Precisamente lui.
— Per carità, Clarenza, — disse la Norina pigliando la sorella per il viso e dandole un piccolo morsettino nel labbro di sotto — per carità, se mi vuoi bene, non mi parlar più di Valerio.
È un motivo vecchio. A furia di sentirlo ripetere tutti i giorni, questo Valerio mi è venuto a noja come la Pira del Trovatore.
— E chi è questo Valerio? — domandò Ginesio.
— Un brav’uomo, — rispose Clarenza — un uomo serio.
— Bello?
— Nè bello nè brutto, — disse la Norina. — La vera stoffa per farne un marito uggioso! Se lo sposassi, si sarebbe due disgraziati.
— Sì, sì! Va’ pur là, che sposerai quell’altro!...
— Ah! dunque c’è un altro? — domandò il signor Ginesio.
— Vi dirò, — rispose la Norina con un po’ di bizza, — la mia signora sorella, non avendo da far nulla, si diverte a raccontare a tutti che io ho posto le mie speranze sul marchesino Marliani.
— È un bel giovine?
— È Marchese! ecco tutta la sua bellezza, — replicò Clarenza, scrollando il capo.
— Ma sapete, Ginesio, che la mia sorella è curiosa! A dar retta a lei, bisognerebbe che tutte le donne sposassero dei negozianti di pelli. —
A queste parole, fra le due sorelle vi fu uno scambio d’occhiate, che parvero tanti baleni.
— Signore, mi dispiace, ma sono costretto a lasciarvi — disse allora Ginesio, prevedendo vicino un po’ di temporale.
— Avete ancora più di mezz’ora di tempo.
— Lo so; ma quando si viaggia colla strada ferrata è sempre meglio arrivare alla stazione mezz’ora prima, che mezzo minuto dopo partito il treno. —
II.
Il signor Ginesio non aveva ancora svoltata la cantonata della strada, quando Federigo tornò a casa, e sdrajatosi scalmanato e mezzo morto in una poltrona, cominciò a dire, ansando, alla moglie e alla giovine cognata:
— Care mie! Guai, quando un uomo diventa necessario al suo paese! Guai! Per lui è finita: per lui non c’è più bene, non c’è più pace, non c’è più tranquillità. Se io avessi un figliuolo, gli direi: cerca di vivere oscuro, e ringrazia Iddio che non ti ha dato l’ingegno che volle dare al tuo povero padre. Finalmente questo candidato dell’opposizione l’abbiamo trovato.
— Chi l’ha trovato? — domandò Norina.
— Io.
— E sarebbe?...
— Il conte Lorenzi.
— Non è un’aquila....
— Ma è un uomo onesto! Non ha mai detto bene di nessun ministero.
— Non sa nemmeno parlare.
— Peraltro, legge bene: e questo è un gran requisito per un oratore. A proposito, Valerio si è veduto?
— Come! che forse Valerio deve venir qui? — disse la Norina maravigliata.
— Ha promesso, alle due, di portarmi a leggere la copia del nostro contratto.
— O il suo giuramento di non rimettere più i piedi in questa casa?
— Giuramenti che non tengono. Sai che cosa dice Valerio? Dice, e dice benissimo, che vuol tornare a frequentare la casa mia, come prima, appunto per far vedere al mondo che lui è un uomo serio e che non patisce di bizze, come i bambini.
— Come son curiosi, questi uomini serj, — gridò la Norina, dando in una gran risata.
— Ridi quanto ti pare, — replicò Federigo, — ma quello era il marito che ci voleva per te.
— Pur troppo: ma io non mi voglio rimaritare. L’hai capita? non-mi-vo-glio ri-ma-ri-ta-re!
— Un gran brav’uomo quel Valerio!
— Ma tanto antipatico!
— Così pieno di giudizio!
— Ma tanto nojoso!
— Assessore municipale....
— Meglio per lui!
— Ispettore delle Scuole....
— L’ho caro per i ragazzi!
— Presidente della nostra Banda musicale....
— Gli fa un bell’onore!
— Due volte in pericolo di esser fatto deputato....
— È inutile, Federigo, che tu ti sfiati, — interruppe la Clarenza. — Ormai l’idea della mia sorella la dovresti conoscere: o Marchesa o nulla.
— È un programma come un altro, — rispose Federigo; — ma la speranza di diventar Marchesa mi pare oramai una speranza fallita.
— E perchè fallita? — disse la Norina con un tono di voce secco e quasi impertinente.
— Allora vuol dire che non sai nulla.
— C’è forse qualche novità?
— Fino da ieri mattina, il marchese Rodolfo Marliani è notoriamente fidanzato colla figlia del ministro d’Olanda. —
Norina voleva rispondere qualcosa, ma s’imbrogliò e non riuscì a spiccicar parola.
Vi fu un lungo silenzio, durante il quale, la Norina spelacchiò lentamente, a una foglia per volta, una bellissima rosa maggese, che aveva in mano: poi rialzando un poco il capo, domandò con voce lunga e svogliata:
— E la sposa è bella?
— Trecentomila lire di dote, — rispose Federigo.
A questa risposta tenne dietro un altro lunghissimo silenzio. Intanto la Clarenza tutta contenta, com’è naturale, di veder mortificata la sorella, uscì piano piano dalla sala.
III.
— E ora a che cosa pensi? — domandò dopo un po’ di tempo Federigo, vedendo la Norina che era rimasta immobile, come una statua, coi gomiti appoggiati sulla mensola del caminetto e col viso nascosto nelle mani.
— Penso a quella disgraziata!...
— A chi?
— Alla figlia del ministro d’Olanda! Povera ragazza! Non poteva capitar peggio. Quel Marliani è un grande imbecille!
— È quello che ho detto sempre anch’io.
— O io?
— Eppure scommetto che tu l’avresti preferito a Valerio!
— Vuol dire che non mi conosci! — replicò Norina, risentendosi come se fosse offesa; poi soggiunse subito: — Fra carattere e carattere, c’è un abisso. Valerio è un uomo serio! Forse un po’ troppo serio, ma un uomo che può far sempre la felicità, e anche l’orgoglio di una donna! Mentre quell’altro è un ragazzaccio.... per non dir altro!
— Oh! Norina! Peccato che tu non abbia più idea di rimaritarti!
— Chi l’ha detto?
— Io no.
— Nemmeno io.
— Allora l’avrò detto io.
— Io ho detto che non voglio rimaritarmi..., beninteso, fino a tanto che non trovo il mio ideale, la persona che veramente mi vada a genio.
— Vorrei sapere perchè Valerio ti è tanto antipatico.
— Chi ha detto che m’è antipatico?
— Io no.
— Nemmeno io.
— Allora l’avrò detto io. Del resto Valerio, per quel che fa la piazza, come diciamo noi altri negozianti, mi pare un eccellente partito.
— Un partito d’oro! Peccato che sia un po’ troppo permaloso!...
— Sarà permaloso!... ma via, siamo giusti, anche tu l’hai trattato piuttosto male.
— Chi l’ha trattato male? io? — gridò la Norina, rivoltandosi come un basilisco.
— No, no: te no: sarò stato io. Ma se oggi mi provassi a riannodare quest’amore?...
— Con quel superbiosaccio? mi pare che ti farai canzonare.
— Pazienza! A buon conto Valerio è stato innamoratissimo: e l’amore, quando è di quello buono, somiglia alle malattie di petto: lascia sempre una convalescenza molto lunga. Vuoi che mi ci provi?
— Te lo posso forse impedire?
— Peraltro, intendiamoci bene: caso mi riuscisse di ricondurlo alla fede, spero che non mi farai la figura di berlicche e berlocche!
— Diavol mai! non sono mica una bambina!
— Il signor Valerio — disse la Bettina, affacciandosi sulla porta di sala.
IV.
Quando Valerio entrò nella stanza, la Norina era di già sparita.
— Son venuto a portarti la minuta del nostro contratto. Vedila a tutto tuo comodo, e dopo mi saprai dire se va bene....
— Anderà benissimo. Così è, amico mio; fra qualche giorno noi saremo soci d’industria: e pensare che si poteva essere anche qualche cosa di più!
— Cioè?
— Anche parenti. Mah!
— La colpa non è stata mia.
— La colpa è stata di chi è stata. Ma tu lasciamelo dire, ti sei mostrato troppo ostinato, troppo inflessibile....
— Io, caro amico, son fatto così. Io son un uomo tutto d’un pezzo. Mi rompo ma non mi piego.
— Eppure con un po’ di buona volontà con un po’ di cedevolezza da una parte e dall’altra....
— Impossibile!
— Ma perchè?
— Federigo! Io non sono un ragazzo. Questi ritornelli, in amore, mi paiono scusabili appena a dodici anni! Un uomo serio si rompe, ma non si piega.
— Metti il caso che si trattasse di un equivoco.... di un puntiglio.... di un malinteso. Perchè allora non si dovrebbe trovare il modo d’intendersi e di ritornare come prima?
— Come prima? mai, mai e poi mai! Se io, per disgrazia, cadessi in questa debolezza, mi vergognerei di me stesso. Diventerei ridicolo agli occhi di tutti: mi parrebbe di essere il Don Fulgenzio degl’Innamorati di Goldoni: te lo ricordi?
— Gli uomini di carattere mi piacciono anche a me: ma, via, il troppo stroppia.
— Io son fatto così! È una disgrazia, ne convengo: ma la natura non si cambia. Io son capace di soffrire, di rodermi il cuore, di mangiarmi l’anima!... Ma una debolezza.... una ragazzata, mai!
— Povera Norina! Eppure sarebbe riuscita una buona moglie.
— Per tutti, fuori che per me.
— E il motivo?
— Perchè la Norina è una pazza, una volubile, una stravagante, una capricciosa.
V.
— Scusi, signore impertinente — disse la Norina, entrando in sala con passo risoluto e rizzandosi in punta di piedi, tanto da mettere il suo naso a livello col pizzo di Valerio. — Chi le ha dato il diritto di parlare di me con tanta franchezza? È forse lei il mio fidanzato?
— No davvero.
— Il mio tutore?
— Nemmeno per sogno.
— Il mio direttore spirituale?
— Dio me ne guardi!
— E allora, perchè si piglia tanto pensiero di me?
— Tutt’altro: io stavo qui rispondendo all’amico Federigo, il quale mi voleva persuadere....
— Lo voleva persuadere! Ha fatto malissimo.
— Ma se non sai nemmeno di che cosa volevo persuaderlo — interruppe Federigo.
— Me lo figuro; ed hai fatto malissimo.
— Lasciami finire....
— Te l’ho detto tante volte: Federigo, pensa ai fatti tuoi e non ti occupare di me!
— Lasciami finire.
— Io non ho bisogno di avvocati e di difensori!...
— Io ragionavo con Valerio....
— Non dovevi ragionare. Hai fatto malissimo.
— Pazienza! Farò meglio un’altra volta, — disse Federigo stringendosi nelle spalle: e li lasciò soli.
VI.
— Dalle chiacchiere di quel buon uomo di Federigo, — riprese la Norina con accento ironico e pungente, — chi lo sa che cosa lei si sarà mai figurato!...
— Io non mi sono figurato nulla.
— Si sarà figurato, che io mi struggessi dalla passione per lei....
— Ma le pare!
— Che io non possa vivere senza di lei!...
— Prego, signora Norina....
— Che, perduto lei, per me non ci sarà più bene in questo mondo!...
— Tutt’altro.
— E allora di che cosa si lamenta?
— Io?... io non mi lamento di nulla.
— Si metta lì a sedere.
— Grazie.
— La prego: si metta lì a sedere: ha forse paura?
— Paura di chi?
— Di me?...
— Di lei, no: ho paura de’ suoi occhi!
— Non dica freddure. Si rammenta come andò la cosa? Lei cominciò a venir per casa: mi fece un po’ di corte, e finì col chiedere la mia mano.
— E mi fu promessa con pienissimo consenso.
— Adagio con quel pienissimo. Io non risposi nè sì, nè no: ma come donna prudente, presi tempo a riflettere.
— Mi pare che la cosa non andasse precisamente così.
— Andò così, e basta. In quel tempo frequentava la casa nostra anche il marchese Rodolfo Marliani, giovane un po’ scapato, ma di buona compagnia e molto distinto.
— Anzi distintissimo.
— Era mio dovere mostrarmi gentile con lui, come con tutti gli altri.
— Forse un po’ troppo gentile!
— Misuri le parole, signor Valerio, e non offenda! Può darsi che qualche volta eccedessi in cortesia.... ma non me ne accòrsi mai.
— Me ne accòrsi io.
— Se badasse ai fatti suoi, questo non sarebbe accaduto. Mi ricordo benissimo che lei prese ombra del marchesino Marliani, e cominciò a far l’adirato, il fiero, il cattivo....
— Era una questione di cuore....
— Nossignore: era una questione di vanità. Vi sono degli uomini in questo mondo, che a lasciarli fare, pretenderebbero da noi, povere donne, l’adorazione perpetua!...
— Io non sono di quegli uomini....
— Nè io di quelle donne. Il suo contegno sostenuto e quasi disprezzante m’impose, com’è naturale, una certa riserva....
— Chiamiamola freddezza.
— Caro mio, se lei vuole degli amori da teatro, dei sentimentalismi esagerati, con pianti, singhiozzi, e fuochi di Bengala, io non sono davvero la donna per lei. Io amo la compostezza in tutto.
— Forse mi sarò ingannato.
— Senza forse. Prova ne sia, che il giovine Marliani, probabilmente in grazia delle mie troppe gentilezze, cominciò a diradare le sue visite.... e finì coll’allontanarsi del tutto.
— Si vuole che lo facesse per paura del vecchio Marchese, suo zio, il quale aveva minacciato di diseredarlo!
— Nossignore. Si allontanò, perchè aveva capito che con me perdeva inutilmente il suo tempo. La verità è questa, e chi dice diversamente, è un bugiardo. Oggi poi, come lei saprà benissimo, quella cara gioja del marchesino Rodolfo è promesso sposo alla figlia del Ministro olandese (se quel mostro fosse qui, gli caverei gli occhj!).
— Ma perchè, Norina, non mi dicesti mai una parola?... una sola parola per togliermi dal mio inganno? per farmi vedere il mio errore? la irragionevolezza de’ miei sospetti?
— Io? piuttosto la morte, che scendere all’umiliazione di giustificare la mia condotta dinanzi a un uomo! Oh! Valerio! i vostri dubbj, i vostri ingiusti sospetti mi hanno fatto un gran male!... e forse ne porterò il segno per tutta la vita. Ma voi non sentirete mai dalla mia bocca nè un rimprovero nè una parola di lamento. Oggi fra noi due è tutto finito. Tutto! —
Mentre Norina diceva così, credeva di piangere per celia, e invece piangeva davvero. È un fenomeno che molte volte accade anche sul teatro.
— E perchè, Norina, hai detto che fra noi due è tutto finito?
— Curiosa domanda!
— E non potrei ridomandare il tuo amore?...
— Valerio, non vi consiglierei. Certi ritornelli, in amore, sono appena scusabili nei ragazzi di dodici anni. E voi siete un uomo serio.
— Dunque gli uomini serj non saranno padroni di riconoscere il proprio torto?
— Padronissimi: ma il mondo che dirà?
— Per chetare il mondo non c’è che un solo rimedio: quello di lasciarlo dire.
— E se vi paragoneranno al Don Fulgenzio di Goldoni?
— Rideremo insieme. —
VII.
— E così, questa pace è fatta o non è fatta? — domandarono Federigo e Clarenza, affacciandosi tutti e due sulla porta.
— È fatta! è fatta! — gridò Valerio raggiante di contentezza.
— La pace è fatta, — soggiunse la Norina; — ma Valerio ha dovuto riconoscere che in tutto questo malinteso io non ho avuto nessuna colpa.
— Nessunissima.
— E che il torto è stato tutto suo.
— Tutto mio, non c’è che dire.
— E che un’altra donna, che gli abbia voluto sinceramente bene, come me, non la troverà mai....
— Mai.
— E allora, — domandò Federigo, — a quando questi confetti?
— Anche domani, anche stasera.... non è vero Norina?
— Io non ho che una sola volontà: la tua! —
VIII.
In questo mentre la Bettina entrò in sala, tutta affannata, dicendo che la contessa Lorenzi era venuta in persona a salutare il signor Federigo.
— Capisco! vorrà ringraziarmi del valido appoggio che ho dato alla candidatura di suo marito. Questa aristocrazia che viene in carrozza a ringraziare la borghesia, mi dà a sperar bene dell’avvenire del mio paese.
— Eccomi qua a stringere la mano al mio amico politico, il signor Federigo, — disse la vecchia Contessa entrando e salutando.
— Abbiamo sentito con grandissimo piacere che il signor Conte sia il candidato del nostro Collegio, — soggiunse la Clarenza.
— Tutto merito di questo brav’uomo! — replicò con enfasi la Contessa, accennando Federigo.
Investito da questo complimento a bruciapelo, Federigo se ne tirò fuori alla meglio con un profondo inchino.
— Finalmente, — disse Valerio con un risolino un po’ maligno, — il nostro Collegio avrà un degno rappresentante.
— Io non vi prometto mari e monti, — rispose la Contessa, — ma vi assicuro che porteremo alla Camera una coscienza illibata e delle convinzioni, che non faccio per dire....
— Si accomodi, Contessa.
— No, grazie! Vi saluto e scappo, perchè ho mille bricciche da fare. Fra le altre, voglio passare dalla mia amica la marchesa Marliani, per sentire che cosa c’è di vero in questo scandalo....
— Quale scandalo?
— Si dice nientemeno che il matrimonio del marchesino sia andato in fumo.
— Davvero? — gridò la Norina, lasciando il braccio di Valerio e andando verso la Contessa.
— Così dicono....
— E il motivo si sa?
— Pare che quello scapato, abbia un amoretto antico, una passione tenuta nascosta....
— L’avrei giurato! — disse la Norina con una specie d’aria di trionfo.
— Che cosa avresti giurato? — domandò Clarenza.
— Che questo matrimonio non si sarebbe fatto.
— Perchè?
— Perchè.... il perchè non lo so neppur io. Alle volte si dànno certi presentimenti....
— Permettetemi, Contessa, — disse Federigo — che in compenso di un matrimonio svanito o vicino a svanire, ve ne presenti uno freschissimo, combinato solennemente pochi minuti fa. —
E Federigo presentò alla Contessa la Norina e Valerio.
— Combinato? — ripete con vivacità la Norina: — mi pare, Federigo, che tu corra un po’ troppo. È un matrimonio che forse si combinerà.... probabilmente si combinerà.... ma per ora non c’è nulla di veramente combinato; tutt’altro: non è vero, Valerio? —
A questo voltafaccia a secco della Norina, Valerio fu lì lì per perdere la pazienza: ma poi, rammentandosi di quei riguardi che un uomo serio deve a se stesso, invece di risentirsi e di fare una scenata, si soffiò dignitosamente il naso.
— Eppure — saltò su a dire la Clarenza, forse coll’intenzione un po’ maligna di mortificare la sorella e di distruggere ogni sua illusione, — eppure, se lo domandate a me, io non credo punto a tutta questa storiella di amori e di passioni segrete....
— E io, invece, ci credo, — ripetè la Norina: — Sarebbe forse il primo caso di un matrimonio andato all’aria, perchè all’ultim’ora si è scoperto che lo sposo era innamorato di un’altra donna?
— Se ti fa piacere a crederlo, e tu credilo.
— Perchè mi dovrebbe far piacere? A me, per tua regola, è una cosa che non mi fa nè caldo nè freddo!
— Oh! ecco qui, chi ci leverà ogni dubbio! — disse Federigo dando la mano a un giovine elegantissimo, che in quel momento entrava in sala.
— E questo dubbio sarebbe? — domandò Leonetto, salutando la conversazione.
— Si vorrebbe sapere, — disse la Contessa, — che cosa c’è di vero sul matrimonio del marchesino Marliani.
— Cioè?
— Corrono certe voci....
— Capisco. È stato un falso allarme. C’era di mezzo una ballerina di rango francese, forse anche troppo francese, la quale pretendeva di possedere alcuni autografi molto compromettenti quello scapato di Rodolfo. Ma il vecchio Marliani ha ricomprato gli autografi del nipote, e stamani quella povera Didone abbandonata si è rassegnata a partire per Parigi con un biglietto di prima classe.... di ventimila lire.
— Ah! dunque tutta questa passione misteriosa non era altro che una miserabile saltatrice di palcoscenico?... — disse la Norina, facendo con la bocca una smorfia di bizza e di disprezzo. Poi, ricomponendosi subito e appoggiandosi con civetteria al braccio di Valerio, soggiunse fieramente:
— Almeno noi, fra qualche giorno, ci potremo sposare, senza bisogno di chiedere il permesso a nessuna ballerina.... non è vero, Valerio?
— Se parli così, — gridò Federigo tutto contento, — allora è segno che anche il vostro matrimonio è bell’e combinato!...
— Combinato? non solo combinato, ma combinatissimo! — replicò Norina. — Diavol mai! Valerio non è un ragazzo, come il Marchese: Valerio è un uomo serio: e io sono una donna, che quando ha dato la sua parola, è quella. —
Due settimane dopo, alcuni scapati, incontrando Valerio e la Norina che uscivano dal Palazzo Municipale, cominciarono a bisbigliare:
— Eccoli! eccoli!
— Hai visto la bella fine che ha fatto quell’uomo serio?... — disse uno di loro, sghignazzando.
— Caro mio, — rispose un altro, — bisogna persuadersi che la serietà umana è un’illusione. Molte volte l’uomo è convinto di essere un uomo serio, e sai perchè? perchè non gli è capitata ancora l’occasione di mostrarsi buffo. —