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AD APOLLO.
Quì la cetra: or cogli emoli accanto
Sull’arena io non scendo, io non canto,
3A raccor la sudata mercè.
Ma chi è saggio, alla nota palestra
Non s’espone, se pria non s’addestra
6A cantare i suoi carmi fra se.
Frigj modi all’eburnea mia cetra
Mentre adatto, i miei labbri sull’etra
9Sacri carmi faranno volar.
L’ali scuote, ed al soffio del vento
Gode il cigno l’estremo concento
12Così pur sul Caistro accordar.
S’è pur vero che il tripode antico,
L’aurea cetra, l’alloro pudico
15Sian di Febo ornamento ed onor,
Or di Febo (secondami, o Musa)
Cantar voglio la speme delusa,
18L’ardor vano, l’inutile amor.
Egli amava una vaga, una bella,
Ma severa, ma casta donzella,
21Che giammai non conobbe pietà.
Ei la segue, ella fugge, e qual pianta
Di corteccia e di frondi s’ammanta,
24E in alloro cangiando si va,
Febo, acceso d’un tenero affetto,
Febo corre per stringere al petto
27La cagion del suo vivo martir.
E abbracciando quel tronco, gli sembra
D’abbracciarne le tenere membra,
30D’esser quasi vicino a gioir.
Onde avvien, ch’oggi più dell’usato
Io ti senta commosso agitato,
33Mio pensier, da qual estro non so?
Tendi l’arco, e con braccio gagliardo
Alla meta vibrando il tuo dardo.
36Trionfante partir ti vedrò.
No: che fai? Della Diva più vaga
Tu quell’arco deponi, che impiaga
39Dell’Olimpo lo stuolo divin.
E imitando il buon vecchio di Teo,
Tu ripiglia col plettro Febeo
42Fra i mortali l’usato cammin.
Colla tazza, che accende la gara,
Nuovi carmi disponi prepara
45De’ fanciulli all’amabile stuol;
Onde trovi quel giovane coro
Nell’ambrosia sollievo ristoro,
48Quando fugge da’ raggi del Sol.