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Voglia proprio mi vien di disperarmi
Andar ne Frati, o douentar romita
si perche Marte lascia portar l’armi
d’arcipoltron alla turba infinita
che a sentir solamente dir armi armi
cercon fuggir lor manigolda uita
ne caccatoi, ne fossi, nelle grotte:
di di, pensate cio che fan di notte.
Molti soldati, caualieri, e fanti,
che portan picha, lancia, & archibuso
c’hanno men cor che riverenza ai santi
il Lutherano heretico, e tristo uso,
mentre a tauola stanno, auanti auanti
gridon beuendo, il cul leuando in suso
e poi che a d’arme di Tromba, o tamburo
affrontano i nimici doppo un muro.
E chio non parli per dir male, o fola
del mio dir testimonio Astolfo sia
ma non è questo quel che mi sconsola
che ad altro luoco uien la robba mia,
io diro pure una mala parola
puo far Domenedio che tutta uia
ogni principe elegga a sommi honori
i più poltroni, i piu goffi, i peggiori.
Vedete Carlo cha scielti in dozzina
certi squassa pennacchi, squarta poggi
a tauola, e in Bordello, & in cucina,
e pare allui chognun col brando sfoggi
uol destrugger la setta saracina
con dodici sbisai, che s’al di d’hoggi
andassero hor a questo, hor a quel soldo
non ci è huom che li desse il caposoldo
Forse che i laureati alti Poeti
non stillano il ceruel coi paladini
mettendoli su in ciel sopra i tapeti
e facendoli Dei non che diuini
state di gratia Trium uitium cheti
Boiardi, Ariosti, & Aretini
che Astolfo ualent huom pieta domanda
e inginochion a Cardo s’accomanda
Chi sei tu disse Cardo, Astolfo sono
arma ui rum qui cano in terra a piei
bontà d’un mio caual non troppo buono
& d’un error che con la lancia fei
non cavar fuor la spada che perdono
signor ti chiedo miserere mei
rise Cardo d’Astolfo, & disse parmi
che torni al Signor tuo pedon senz’armi.
il fine.
Stampato nella stampa, pel mastro
della stampa, dentro dalla
Citta, in casa e non di
fuora, nel mille